Marino Palleschi
1. LA LINEA DI SVILUPPO RUSSA SECONDO LO STILE FIABESCO DELLA VERSIONE ORIGINALE
(Gorskij, Grigorovich, ecc.)
Nella produzione originale il personaggio di Maria è ben distinto da quello della Fata Confetto, ma si vedrà che, negli anni a venire, in molte versioni russe i due personaggi si unificano e la medesima ballerina che interpreta Maria balla anche il passo a due finale. Tuttavia, in tali versioni russe, ma con l’importante eccezione della proposta Vajnonen, l’eventuale identificazione non ha particolari significati psico-analitici e, il modello di Ivanov si evolve in Russia mantenendosi fedele a se stesso nel senso che i rifacimenti russi privilegiano la corposa componente fiabesca; essa, nel dare grande rilievo al clima “natalizio” in cui si svolge il balletto, allontana la vicenda dalle atmosfere inquietanti del racconto di Hoffmann ed esclude ogni possibile interpretazione in chiave psicoanalitica del balletto. Tutto ciò, ripetiamolo, fatta salva la versione Vajnonen e un’altra, subito uscita dal repertorio, la seconda di Lopokov, delle quali faremo presto ulteriore menzione. Un’altra caratteristica riscontrabile nella linea evolutiva russa del primo novecento è l’immancabile presenza di elementi realistici.
La produzione di Ivanov rimane in repertorio a San Pietroburgo sino al 1917 e poco dopo è aggiornata da quella di Aleksandr Gorskij, dove Maria si muta nella Fata Confetto per ballare il passo a due finale col Principe Schiaccianoci. Il rifacimento è a sua volta rimaneggiato nel 1923 da Fëdor Lopokov e in esso balla un giovanissimo George Balanchine, che da queste esperienze prende spunti per la sua futura proposta. Episodica è la sostituzione della versione Gorskij con una dello stesso Fëdor Lopokov del 1929, così lontana dal modello di base di Ivanov da essere subito espunta dal repertorio. Poiché essa contiene rimandi sostanziali alla fiaba della noce dura, verrà trattata nell’apposito paragrafo 5. Subito dopo a San Pietroburgo torna in auge una proposta in linea con l’originale, ma col Valzer dei fiori coreuticamente rimaneggiato, ed essa viene ripresa fino al 1934 quando si impone la versione di Vasily Vajnonen: questa si discosta profondamente dalla versione di Ivanov aggiungendo molti riferimenti introspettivi e psicologici e, poiché fuoriesce dalla linea di sviluppo del modello di base, di impronta fiabesca, verrà trattata più diffusamente nell’apposito paragrafo 4. Nel frattempo Schiaccianoci ha debuttato a Mosca il 21 maggio 1919 per opera di Aleksandr Gorskij, che vi ha rimontato la sua proposta con scene di Konstantin Korovin. Dopo l’infelice produzione di Monaëv, subito uscita dal repertorio, la versione Vajnonen si impone anche a Mosca dal 1939 per rimanervi oltre 25 anni. Dal 1966 a Mosca si torna, con la versione di Jurij Grigorovich, ad aderire al fiabesco modello di base grazie a sostanziali particolari, che accrescono l’elemento di mistero e di magia: l’entrata di Drosselmeyer che si presenta travestito; i magici poteri attribuitigli, coi quali fa crescere a dismisura l’albero di Natale, trasformandolo in importante protagonista; la trasformazione di Schiaccianoci in un Principe attraente; la funzione di guida attribuita alla stella dell’albero di Natale; la serie di bambole e giocattoli che prendono vita. Bisogna aggiungere che il coreografo interviene con decisione anche sul passo a due finale introducendo l’intervento del corpo di ballo al quale è affidato il compito di maneggiare scenografici candelieri. E’ proprio il corpo di ballo a far da corolla ai due protagonisti sollevati verso il cielo all’apogeo musicale. La versione debutta con scene di Simon Virsaladze e per l’interpretazione di Vladimir Vasiliev e Ekaterina Maximova. In repertorio ancora oggi, la versione Grigorovich è stata portata in tournée in Italia ed è stata trasmessa per televisione in diretta da Mosca nel 1977. Sostanzialmente Grigorovich ritorna in larga misura alla versione di Gorskij: una sola ballerina interpreta i ruoli di Masha e della Fata Confetto, ma anche quello della Regina delle Nevi. Fatto veramente singolare rispetto ad altre versioni tradizionali è che il personaggio di Masha è il solo reale e tutta la vicenda si svolge nell’immaginazione della bambina.
La produzione di Ivanov rimane in repertorio a San Pietroburgo sino al 1917 e poco dopo è aggiornata da quella di Aleksandr Gorskij, dove Maria si muta nella Fata Confetto per ballare il passo a due finale col Principe Schiaccianoci. Il rifacimento è a sua volta rimaneggiato nel 1923 da Fëdor Lopokov e in esso balla un giovanissimo George Balanchine, che da queste esperienze prende spunti per la sua futura proposta. Episodica è la sostituzione della versione Gorskij con una dello stesso Fëdor Lopokov del 1929, così lontana dal modello di base di Ivanov da essere subito espunta dal repertorio. Poiché essa contiene rimandi sostanziali alla fiaba della noce dura, verrà trattata nell’apposito paragrafo 5. Subito dopo a San Pietroburgo torna in auge una proposta in linea con l’originale, ma col Valzer dei fiori coreuticamente rimaneggiato, ed essa viene ripresa fino al 1934 quando si impone la versione di Vasily Vajnonen: questa si discosta profondamente dalla versione di Ivanov aggiungendo molti riferimenti introspettivi e psicologici e, poiché fuoriesce dalla linea di sviluppo del modello di base, di impronta fiabesca, verrà trattata più diffusamente nell’apposito paragrafo 4. Nel frattempo Schiaccianoci ha debuttato a Mosca il 21 maggio 1919 per opera di Aleksandr Gorskij, che vi ha rimontato la sua proposta con scene di Konstantin Korovin. Dopo l’infelice produzione di Monaëv, subito uscita dal repertorio, la versione Vajnonen si impone anche a Mosca dal 1939 per rimanervi oltre 25 anni. Dal 1966 a Mosca si torna, con la versione di Jurij Grigorovich, ad aderire al fiabesco modello di base grazie a sostanziali particolari, che accrescono l’elemento di mistero e di magia: l’entrata di Drosselmeyer che si presenta travestito; i magici poteri attribuitigli, coi quali fa crescere a dismisura l’albero di Natale, trasformandolo in importante protagonista; la trasformazione di Schiaccianoci in un Principe attraente; la funzione di guida attribuita alla stella dell’albero di Natale; la serie di bambole e giocattoli che prendono vita. Bisogna aggiungere che il coreografo interviene con decisione anche sul passo a due finale introducendo l’intervento del corpo di ballo al quale è affidato il compito di maneggiare scenografici candelieri. E’ proprio il corpo di ballo a far da corolla ai due protagonisti sollevati verso il cielo all’apogeo musicale. La versione debutta con scene di Simon Virsaladze e per l’interpretazione di Vladimir Vasiliev e Ekaterina Maximova. In repertorio ancora oggi, la versione Grigorovich è stata portata in tournée in Italia ed è stata trasmessa per televisione in diretta da Mosca nel 1977. Sostanzialmente Grigorovich ritorna in larga misura alla versione di Gorskij: una sola ballerina interpreta i ruoli di Masha e della Fata Confetto, ma anche quello della Regina delle Nevi. Fatto veramente singolare rispetto ad altre versioni tradizionali è che il personaggio di Masha è il solo reale e tutta la vicenda si svolge nell’immaginazione della bambina.