Roland Petit
Le Jeune Homme et la Mort
25-06-1946 - Parigi, Théâtre des Champs-Élysées
Balletto in due scene
Coreografia: Roland Petit
Musica: Johan Sebastian Bach (Passacaglia in do minore, P 159, trascrizione orchestrale di Ottorino Respighi)
Libretto e visione generale: Jean Cocteau
Scene: Georges Wakhewitch
Costumi: Jean Cocteau e Christian Bérard confezionati da Iréne Karinska
CAST
Le Jeune Homme: Jean Babilée
La Jeune Fille: Nathalie Philippart
Ballet des Champs Élysées
Coreografia: Roland Petit
Musica: Johan Sebastian Bach (Passacaglia in do minore, P 159, trascrizione orchestrale di Ottorino Respighi)
Libretto e visione generale: Jean Cocteau
Scene: Georges Wakhewitch
Costumi: Jean Cocteau e Christian Bérard confezionati da Iréne Karinska
CAST
Le Jeune Homme: Jean Babilée
La Jeune Fille: Nathalie Philippart
Ballet des Champs Élysées
TRAMA
In un sottotetto parigino arredato in modo scarno ed essenziale un giovane è sdraiato sul letto, vestito soltanto di una salopette o – più di recente – di un paio di pantaloni di tela jeans al polpaccio. Il suo volto ha un'espressione amara, la testa e un braccio ciondolano dalla sponda del letto, una sigaretta pende dalle sue labbra. Di tanto in tanto lancia uno sguardo impaziente all'orologio che porta al polso. Lascia cadere a terra la sigaretta e, con un piede, ne spegne il mozzicone. All'improvviso si spalanca la porta ed appare una donna in abito giallo senza maniche, con guanti da sera neri come l'acconciatura a caschetto che incornicia il viso enigmatico e pallido. In un istante l'apatia del giovane svanisce, lasciando il posto al desiderio sfrenato per la giovane, che lo attrae, ma che non ricambia la passione. Le si avvicina, la implora, le afferra la vita, cerca di abbracciarla, ma i suoi tentativi sono ricambiati dalla donna con freddezza, addirittura con scherno: ogni volta lei lo rifiuta e lo spinge lontano. La ragazza si appoggia con sdegno al tavolo, gli sguardi sono per metà provocatori e per metà sprezzanti, il giovane la raggiunge e preme il volto di lei contro il suo, ma la donna scivola via e, quando lui cercherà nuovamente di trattenerla per una gamba, nel liberarsi, la giovane gli sferrerà un calcio in faccia.
Stremato dalla serie di rifiuti, il ragazzo si siede stancamente sulla sedia e, allora, lei lo provoca tornando al tavolo, accendendosi una sigaretta con gli occhi fissi su di lui, invitante al solo scopo di poterlo umiliare ulteriormente. Non appena il giovane si alza per avvicinarsi, la donna, minacciandolo con la sigaretta, gli intima di stare lontano. Ora è lei a sedersi sulla sedia lasciata libera dal giovane, usa le punte come stilettate per poi concedergli di danzare assieme, allontanandogli, però, le braccia ogni volta che lui tenta di afferrarla e arrivando nuovamente a coprirlo di calci. Inaspettatamente la donna fa scivolare una mano sul collo del giovane e gli accarezza una spalla. Sopraffatto dalla tenerezza inattesa, il ragazzo rilascia le tensioni, perde ogni resistenza e parla di rinunciare alla sua vita. La donna sorride sarcasticamente, sale su una sedia vicina al pilastro della stanzetta, afferra una fune che da esso pende, per fare un nodo scorsoio. Maliziosamente lo mostra al ragazzo e, in tutta fretta, esce dalla stanza.
Furibondo per la scomparsa della donna, il giovane salta sul tavolo, maneggia selvaggiamente la sedia, si getta a terra fino a perdere le forze e a concepire l'idea che la sua vita non merita di essere vissuta se la donna che ama lo disprezza. Con una sinistra decisione si impicca usando il nodo scorsoio preparatogli dalla donna. La luce svanisce. Le pareti della povera stanza si sollevano verso il cielo.
Ritorna la luce e si vedono i tetti della città e insegne luminose: una che segnala un garage e un’altra a forma di Tour Eiffel che reclamizza CITRÖEN. Entra una donna in abito bianco, sciarpa rossa, guanti rossi col volto coperto dalla maschera della morte. Fa cenno al giovane, ormai morto, facendolo scendere dal suo patibolo e gli impone la maschera della morte, rivelando le sue fattezze: quelle della giovane della scena precedente. Finalmente con gentilezza e grande fermezza la donna conduce l'uomo, attraverso i tetti, verso il riposo di un limbo sconosciuto.
Marino Palleschi
Balletto.net
Stremato dalla serie di rifiuti, il ragazzo si siede stancamente sulla sedia e, allora, lei lo provoca tornando al tavolo, accendendosi una sigaretta con gli occhi fissi su di lui, invitante al solo scopo di poterlo umiliare ulteriormente. Non appena il giovane si alza per avvicinarsi, la donna, minacciandolo con la sigaretta, gli intima di stare lontano. Ora è lei a sedersi sulla sedia lasciata libera dal giovane, usa le punte come stilettate per poi concedergli di danzare assieme, allontanandogli, però, le braccia ogni volta che lui tenta di afferrarla e arrivando nuovamente a coprirlo di calci. Inaspettatamente la donna fa scivolare una mano sul collo del giovane e gli accarezza una spalla. Sopraffatto dalla tenerezza inattesa, il ragazzo rilascia le tensioni, perde ogni resistenza e parla di rinunciare alla sua vita. La donna sorride sarcasticamente, sale su una sedia vicina al pilastro della stanzetta, afferra una fune che da esso pende, per fare un nodo scorsoio. Maliziosamente lo mostra al ragazzo e, in tutta fretta, esce dalla stanza.
Furibondo per la scomparsa della donna, il giovane salta sul tavolo, maneggia selvaggiamente la sedia, si getta a terra fino a perdere le forze e a concepire l'idea che la sua vita non merita di essere vissuta se la donna che ama lo disprezza. Con una sinistra decisione si impicca usando il nodo scorsoio preparatogli dalla donna. La luce svanisce. Le pareti della povera stanza si sollevano verso il cielo.
Ritorna la luce e si vedono i tetti della città e insegne luminose: una che segnala un garage e un’altra a forma di Tour Eiffel che reclamizza CITRÖEN. Entra una donna in abito bianco, sciarpa rossa, guanti rossi col volto coperto dalla maschera della morte. Fa cenno al giovane, ormai morto, facendolo scendere dal suo patibolo e gli impone la maschera della morte, rivelando le sue fattezze: quelle della giovane della scena precedente. Finalmente con gentilezza e grande fermezza la donna conduce l'uomo, attraverso i tetti, verso il riposo di un limbo sconosciuto.
Marino Palleschi
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APPROFONDIMENTO
Val la pena di ricordare l'origine interessante del balletto, frutto della riunione di svariati talenti sotto la supervisione di Boris Kochno, all’epoca direttore artistico del Balletto degli Champs-Elysées. Poco prima, nell’agosto del 1944, appena dopo la Liberazione, Roland Petit aveva rassegnato le dimissioni dall’Opéra di Parigi per seguire la via della coreografia. Dopo qualche esperienza in tal senso al Théâtre Sarah-Bernardt con le Soirées de la Danse, nell’ottobre del 1945 Petit fondò la sua prima compagnia, assieme a Boris Kochno e a Christian Bérard: il Ballet des Champs-Elysées, riunito scegliendo i collaboratori secondo il principio, ripreso dai Ballets Russes, di avvalersi dei più interessanti talenti del momento nel campo della musica, della letteratura e della pittura. Finanziato dal padre, Petit montò Les Forains per la sua compagnia: un trionfo, seguito da altri successi.
L’anno successivo Boris Kochno, come già detto direttore artistico della compagnia, a cena con Cocteau, gli aveva manifestato il desiderio di produrre per il Ballet des Champs-Elysées un balletto che evocasse il disagio di vivere, il vuoto affettivo ed ideologico sentito dalla nuova generazione, al punto di risultare il simbolo dello spirito esistenzialista, come Le Spectre de la Rose era stato l'emblema dello spirito romantico. Quando Petit batté alla porta di Cocteau in cerca di suggerimenti per preparare con Kochno la seconda stagione del suo Balletto al Théâtre des Champs-Elysées, il poeta lo ricevette in accappatoio, appena uscito dalla vasca da bagno, e in pochi minuti concepì un dramma danzato di amore e morte, con "l’allure du monde de Baudelaire…" (Cocteau): la tragedia di un giovane affascinato da una giovane, che, essendo la morte travestita, gli avrebbe dato conforto soltanto con l'oblio di se stesso. Cocteau concepì pure le idee generali per il décor e i passi dei ballerini; inoltre in un primo momento lasciò libero Petit di scegliere la musica che maggiormente lo ispirava, proponendosi di sostituirla a coreografia creata. Il coreografo pensò a una canzone americana, Frankie et Johnny, e ad altre arie simili. Si risolse, dunque, a creare il balletto su una musica jazz. Fece venire un pianista e un percussionista e le prove furono effettuate sulle percussioni di un tamburo. Quando si dovette decidere la musica da sovrapporre ai 18 minuti di coreografia, tra le molte scartate, oltre a musica di Beethoven, c'era pure l'Ouverture del Flauto Magico di Mozart, che si rivelò troppo breve. Alla fine fu accettata la proposta di André Girard, il direttore d'orchestra della compagnia, che aveva suggerito la Passacaglia in do minore di Bach. Essa viene eseguita in una versione orchestrale secondo Ottorino Respighi, senza la fuga e ripetuta tre volte. Il sereno pezzo musicale singolarmente accentua per contrasto il carattere fortemente drammatico dell’azione danzata, la quale si sviluppa, inevitabilmente, al di fuori del ritmo della musica. E’ lo stesso Petit a commentare la scelta con le parole: “La danse ne collait naturellement pas à la musique. On avait l’impression de voir un film muet avec une musique d’accompagnement. Mais l’effet était très fort, et il fonctionne aujourd’hui encore (Naturalmente la danza non aderiva alla musica. Si aveva l'impressione di assistere a un film muto con una musica d'accompagnamento. Ma l'effetto era molto efficace, e funziona ancora oggi)”. La confezione dei due costumi femminili fu affidata a Irène Karinska, la figlia di Barbara Karinska all’epoca a New York a lavorare per Balanchine; l’esecuzione avvenne secondo precise direttive di Cocteau, consigliato anche da Christian Bérard. Fu sempre Cocteau a consigliare a Babilée di indossare la sua consueta salopette. Il balletto si avvalse del décor di Wakhevitch, uomo di teatro e di cinema. Costui aveva elaborato un primo progetto per la scena, purtroppo troppo piccolo per adattarsi al palcoscenico del teatro degli Champs-Elysées. Poiché mancavano pochi giorni alla prima, tenendo anche conto di seri problemi economici, ripiegò sull’idea di utilizzare in parte il décor realizzato per Martin Roumagnac, un film di Georges Lacombe con Marlène Dietrich e Jean Gabin. Si trattava di una camera d’albergo le cui finestre s’aprivano sui tetti di Parigi con una tour Eiffel illuminata da un’insegna al neon. Illuminanti le parole di Alberto Testa: “Il balletto, creato in pieno clima esistenzialista, fu subito considerato come un tipico esempio di 'tranche de vie' secondo l’archetipo francese del dopoguerra, memore del cinema realista, di storie tragiche all’alba, di porti avvolti dalla nebbia, di giorni esitanti a levarsi, di mattini ancora bui e fumosi”. Il lavoro è stato un cavallo di battaglia di Jean Babilée, il quale lo ha sovente interpretato con la moglie Nathalie Philippart, ma anche con altre partner. Inizialmente Cocteau aveva suggerito che alla prima Babilée fosse affiancato da Marina de Berg, notata nel balletto Le Rendez-vous, sempre di Petit. Ma fu il coreografo a insistere per la Philippart, che stava per sposare Babilée, per fare alla coppia un “regalo di nozze”. E così venne consacrata la coppia storica. Con Babilée, accanto a Claire Sombert, il balletto approdò alla Scala di Milano nel 1955 e al Teatro dell'Opera di Roma nel 1969. Lo stesso Petit lo ha ripreso per l’American Ballet Theatre nel 1951 e alla televisione francese il balletto apparve con Rudolf Nureyev e Zizi Jeanmaire in un filmato diretto dallo stesso Petit, che ne tagliò il finale sui tetti di Parigi, irrealizzabile per carenza di finanziamenti. Nel 1975 fu ripreso dall'American Ballet Theatre con Michail Baryshnikov, il quale lo interpretò accanto a Florence Faure anche nel film Il sole a mezzanotte. Petit lo ha ripreso per il Ballet National de Marseilles nel 1984, per il Balletto dell’opera di Berlino nel 1985, per l’Opéra di Parigi con l’interpretazione di Kader Belarbi alla prima del 1990 e, successivamente, di Patrick Dupond, per il Boston Ballet nel 1998. Alle precedenti si affiancano molte altre coppie di interpreti; tra esse ricordiamo: Luigi Bonino e Luciana Savignano alla Piccola Scala di Milano nel 1983 e al Teatro Espagnol di Madrid nel 1990; Carlotta Zamparo e Jean Pierre Aviotte con i Ballets de Marseille all’Accademia di Francia, Villa Medici a Roma, nel 1987; Faruk Ruzimatov con Diana Vishneva o Uliana Lopatkina; Igor Zelensky o Roberto Bolle con Darcey Bussell; Nicolas Le Riche e Marie-Agnes Gillot all’Opéra di Parigi nel 2005. Nel corso degli anni e delle riprese la coreografia si è evoluta e lo stesso Petit l’ha resa più attraente modellandola sui talenti dei suoi maggiori interpreti, lasciandosi guidare in special modo – dirà egli stesso - da Nureyev, Barishnikov e Le Riche. Marino Palleschi Balletto.net CURIOSITA'
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