Rudolf Nureyev
La Bella addormentata nel bosco
22-09-1966 - Milano, Teatro alla Scala
Balletto in un prologo e tre atti
Coreografia: Rudolf Nureyev da Marius Petipa
Musica: Pëtr Il'ic Ciajkovskij
Diettore d'orchestra: Armando Gatto
Scene e costumi: Nicholas Georgiadis
Coreografia: Rudolf Nureyev da Marius Petipa
Musica: Pëtr Il'ic Ciajkovskij
Diettore d'orchestra: Armando Gatto
Scene e costumi: Nicholas Georgiadis
CAST
La Principessa Aurora: Carla Fracci
Il Principe Florimondo: Rudolf Nureyev
Fata dei Lillà: Anna Maria Prina
Carabosse: Elettra Morini
Re Florestano XXIV: Aldo Santambrogio
La Regina: Dora Ricci
Catalabutte: Luigi Sironi
L'uccellino azzurro: Roberto Fascilla
La Principessa Florina: Vera Colombo
Corpo di Ballo e Orchestra della Scala di Milano
Il Principe Florimondo: Rudolf Nureyev
Fata dei Lillà: Anna Maria Prina
Carabosse: Elettra Morini
Re Florestano XXIV: Aldo Santambrogio
La Regina: Dora Ricci
Catalabutte: Luigi Sironi
L'uccellino azzurro: Roberto Fascilla
La Principessa Florina: Vera Colombo
Corpo di Ballo e Orchestra della Scala di Milano
TRAMA
Prologo
Al di là dei cancelli, si apre la reggia di re Florestano XXIV. Il salone dei ricevimenti è pronto per la cerimonia della presentazione alla corte della principessa Aurora. Scende dalla scalea il corteo reale: i cortigiani, il re, la regina, e finalmente la neonata recata in braccio dalle bambinaie. Catalabutte, maestro delle cerimonie, dà inizio ai festeggiamenti. Entrano le sette Fate, accompagnate dai loro cavalieri, a portare ciascuna un dono e una benedizione. Ma, all'improvviso, appare la perfida maga Carabosse con i suoi accoliti e, indignata per non essere stata invitata alla festa, lancia sulla neonata una maledizione: a sedici anni proprio come nella visione che ella evoca la principessa morirà dopo essersi punta un dito. Ma ecco la buona Fata dei Lillà a rassicurare i genitori disperati: Aurora non morirà, ma cadrà in un sonno profondo da cui la sveglierà un bacio d'amore.
Atto primo
Davanti ai cancelli del giardino reale, tre donne lavorano ai ferri. Il maestro delle cerimonie le scopre, tra la costernazione degli astanti: ogni tipo di ferro o di fuso è stato bandito dal paese per paura dell'avverarsi della maledizione. Arrivano i reali che preferiscono adottare la massima clemenza: oggi è i il sedicesimo compleanno della principessa Aurora. Hanno inizio le danze. Aurora giunge con le amiche e danza l'Adagio della Rosa con i quattro principi che aspirano alla sua mano. Carabosse, travestita da vecchia, si avvicina ad Aurora e fa sì che ella, senza accorgersene, si punga con un ago nascosto nel mazzo di fiori che le offre. La maga, trionfante, scompare. Aurora cade nel suo sonno profondo e trasportata tristemente nelle sue stanze dai cortigiani. In breve, l'intera corte si addormenta, torna la Fata dei Lillà, che magicamente fa avvolgere l'intero castello da una fitta foresta.
Atto secondo
Cento anni dopo, giungono in una radura del bosco tre carrozze. Ne escono i cortigiani del principe Désiré e iniziano i loro giochi e le loro danze. Compare il principe, che si unisce ai loro passatempi e organizza una "mosca cieca". Chiede poi di restare solo. É malinconico e inquieto, finché non gli si fa incontro la Fata dei Lillà, che gli racconta la storia di Aurora e ne suscita la visione in mezzo a un gruppo di silfidi. Il principe se ne invaghisce ed è condotto dalla Fata dei Lillà verso il castello della Bella addormentata. Qui sta Carabosse che svolge il suo filo di perfidia. Quando arriva la Fata dei Lillà, il filo si spezza e Carabosse è trascinata via svenuta. Désiré avanza incredulo nella corte addormentata. Accostatosi al letto di Aurora, contempla rapito la fanciulla e la bacia. Subito Aurora si ridesta, e con lei l'intera corte. La principessa conduce Désiré dai genitori, che benedicono la giovane coppia.
Atto terzo
Nel salone da ballo si svolge la festa per le nozze di Aurora e Désiré. Il re, la regina ei cortigiani danzano una sarabanda. Quindi arrivano i doni e alcuni personaggi delle favole di Perrault: Diamanti, Oro, Argento, Zaffiro, il Gatto con gli stivali e la Gatta Bianca, l'Uccello Azzurro e Fiorina. Chiudono le danze i due sposi promessi, i quali poi si avviano verso la cerimonia e la felicità.
"La Bella addormentata nel bosco"
Dal libretto di sala del Teatro alla Scala - stagione 2006-2007
Al di là dei cancelli, si apre la reggia di re Florestano XXIV. Il salone dei ricevimenti è pronto per la cerimonia della presentazione alla corte della principessa Aurora. Scende dalla scalea il corteo reale: i cortigiani, il re, la regina, e finalmente la neonata recata in braccio dalle bambinaie. Catalabutte, maestro delle cerimonie, dà inizio ai festeggiamenti. Entrano le sette Fate, accompagnate dai loro cavalieri, a portare ciascuna un dono e una benedizione. Ma, all'improvviso, appare la perfida maga Carabosse con i suoi accoliti e, indignata per non essere stata invitata alla festa, lancia sulla neonata una maledizione: a sedici anni proprio come nella visione che ella evoca la principessa morirà dopo essersi punta un dito. Ma ecco la buona Fata dei Lillà a rassicurare i genitori disperati: Aurora non morirà, ma cadrà in un sonno profondo da cui la sveglierà un bacio d'amore.
Atto primo
Davanti ai cancelli del giardino reale, tre donne lavorano ai ferri. Il maestro delle cerimonie le scopre, tra la costernazione degli astanti: ogni tipo di ferro o di fuso è stato bandito dal paese per paura dell'avverarsi della maledizione. Arrivano i reali che preferiscono adottare la massima clemenza: oggi è i il sedicesimo compleanno della principessa Aurora. Hanno inizio le danze. Aurora giunge con le amiche e danza l'Adagio della Rosa con i quattro principi che aspirano alla sua mano. Carabosse, travestita da vecchia, si avvicina ad Aurora e fa sì che ella, senza accorgersene, si punga con un ago nascosto nel mazzo di fiori che le offre. La maga, trionfante, scompare. Aurora cade nel suo sonno profondo e trasportata tristemente nelle sue stanze dai cortigiani. In breve, l'intera corte si addormenta, torna la Fata dei Lillà, che magicamente fa avvolgere l'intero castello da una fitta foresta.
Atto secondo
Cento anni dopo, giungono in una radura del bosco tre carrozze. Ne escono i cortigiani del principe Désiré e iniziano i loro giochi e le loro danze. Compare il principe, che si unisce ai loro passatempi e organizza una "mosca cieca". Chiede poi di restare solo. É malinconico e inquieto, finché non gli si fa incontro la Fata dei Lillà, che gli racconta la storia di Aurora e ne suscita la visione in mezzo a un gruppo di silfidi. Il principe se ne invaghisce ed è condotto dalla Fata dei Lillà verso il castello della Bella addormentata. Qui sta Carabosse che svolge il suo filo di perfidia. Quando arriva la Fata dei Lillà, il filo si spezza e Carabosse è trascinata via svenuta. Désiré avanza incredulo nella corte addormentata. Accostatosi al letto di Aurora, contempla rapito la fanciulla e la bacia. Subito Aurora si ridesta, e con lei l'intera corte. La principessa conduce Désiré dai genitori, che benedicono la giovane coppia.
Atto terzo
Nel salone da ballo si svolge la festa per le nozze di Aurora e Désiré. Il re, la regina ei cortigiani danzano una sarabanda. Quindi arrivano i doni e alcuni personaggi delle favole di Perrault: Diamanti, Oro, Argento, Zaffiro, il Gatto con gli stivali e la Gatta Bianca, l'Uccello Azzurro e Fiorina. Chiudono le danze i due sposi promessi, i quali poi si avviano verso la cerimonia e la felicità.
"La Bella addormentata nel bosco"
Dal libretto di sala del Teatro alla Scala - stagione 2006-2007
GALLERY
APPROFONDIMENTO
Il significato storico, artistico e culturale delle produzioni dei balletti di repertorio curate da Rudolf Nureyev a partire dai primi anni Sessanta è stato spesso sottovalutato o frainteso. Nell'ambito della storia della danza del XX secolo, tuttavia, è proprio a quelle produzioni che si devono tanto la rinascita d'interesse per la coreografia ottocentesca quanto la popolarizzazione del balletto classico che caratterizzarono l'epoca in cui, allo stesso tempo, prendevano piede le formule della danza postmoderna e del teatro d'avanguardia.
A differenza delle produzioni storiche proposte dalle grandi compagnie internazionali, le cosiddette "versioni Nureyev" proponevano un nuovo modo di "leggere" il repertorio. Grazie alla sua esperienza di interprete, Nureyev era pienamente conscio delle limitazioni drammaturgiche e artistiche imposte da una tradizione troppo riverita e mai messa in questione. Il grande danzatore, pertanto, cercò continuamente di operare uno svecchiamento drammatico di quei testi coreografici, mirato a rendere i loro contenuti più vivi, e quindi più immediatamente accessibili. Ma a differenza di alcuni dei suoi contemporanei, influenzati dai canoni dissacratori e irriverenti della pop art e del movimento postmoderno, Nureyev non si lasciò mai tentare da un ripensamento radicale del testo coreografico tradizionale che, nel nome di quella severa preparazione artistica ricevuta nella Russia sovietica, rimaneva per lui storicamente sacrosanto e intoccabile. In ogni sua rilettura dominava quindi la ricerca di un perfetto equilibrio fra un'introspezione psico-sociologica della vicenda e un rispetto ossequioso, ma mai pedante, per la tradizione coreografica. Tale combinazione trovò un immediato successo presso quanti avevano difficoltà a decifrare quelle che, già a metà del XX secolo, erano divenute impenetrabili convenzioni teatrali della coreografia ottocentesca. La Bella addormentata fu il quinto balletto di repertorio che Nureyev mise in scena in Occidente, dove venne rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala nel 1966. La Bella di Nureyev seguiva così la ricostruzione dell'Atto delle Ombre dalla Bayadére per il Royal Ballet di Londra nel 1963, la sua celebre versione del balletto Raymonda, presentata in prima mondiale a Spoleto nel 1964 sempre con il Royal Ballet, Il lago dei cigni, creato per l'Opera di Vienna nel 1964, e il Don Chisciotte, messo in scena a Vienna nel 1966 e poi subito rimontato per l'Australian Ballet a distanza di pochi mesi dalla "prima". Dal punto di vista coreografico, la versione Nureyev della Bella addormentata fu la prima a combinare elementi della tradizionale versione sovietica, che si impostava e si imposta tuttora su una serie di rivisitazioni coreografiche del testo originale ottocentesco, tanto con una rilettura accurata delle fonti storiche relative al balletto imperiale russo quanto con una serie di nuove interpolazioni volte a rendere più credibile il personaggio del Principe. Ne risulta dunque uno spettacolo che diviene un vero e proprio omaggio al complesso iter storico di quello che la prima insegnante di danza di Nureyev, Anna Ivanovna Udeltsova, chiamava "il balletto dei balletti" - parole che avrebbero lasciato un segno indelebile sull'immaginario del giovane allievo (...) È difficile stabilire, tuttavia, se Rudolf Nureyev abbia attinto da fonti ancora sconosciute a livello internazionale nel 1966 o se, grazie alla sua ben nota sensibilità teatrale, abbia decifrato da solo quei codici semantici e li abbia poi adattati alla sua lettura. Per Nureyev il balletto verte principalmente sulla storia di due giovani soffocati da due mondi sociali consimili, dove fredde convenzioni e regole costrittive di comportamento rischiano di generare una tragedia sventata solo grazie alla semplicità di un sentimento potente e universale come l'amore. Certamente il danzatore-coreografo attingeva a quella tradizione coreografica sovietica che, al pari dello spettacolo di prosa, insisteva su una lettura approfondita e introspettiva tanto dei personaggi quanto della vicenda stessa. Ma nell'affrontare il balletto del 1890 il celebre artista andò oltre la lezione imparata nella sua terra d'origine. La sua lettura del capolavoro ottocentesco prende in fatti in considerazione elementi che non appartengono alla tradizione sovietica, anche se questa viene continuamente citata, soprattutto nella parte coreografica. Si guardi, ad esempio, alle variazioni delle fate nel Prologo, diverse da quelle tra scritte da Nikolaj Sergeev, a lungo custodite gelosamente nel repertorio del Royal Ballet di Londra e recentemente riproposte nella ricostruzione filologica della Bella presentata dal Kirov di San Pietroburgo. Allo stesso modo, tipico della tradizione sovietica è il primo assolo del principe nella scena della caccia, così come puramente sovietici sono tre quarti del "passo a due" del terzo atto - la coda, infatti, fu creata ex novo da Nureyev nel 1966 e, da allora, è entrata a far parte di molte altre versioni. Come si è detto, il rispetto per un testo coreografico appreso in patria viene tuttavia stemperato dalla scelta di soluzioni storico-interpretative. Prima fra tutti la riscoperta delle lunghe scene mimiche che, nella tradizionale versione sovietica, erano state tagliate o sostituite con passaggi danzati creati ad hoc. Il ruolo della fata Carabosse, pertanto, torna a essere un ruolo puramente mimico, affidato a un uomo (Nureyev stesso lo interpretò a Parigi negli ultimi anni della sua carriera). E, in linea con le perfette simmetrie architettoniche che caratterizzarono il genio creativo di Marius Petipa, anche quello della Fata dei Lillà torna a essere un ruolo prettamente mimico, a differenza di quanto prescritto dalle rivisitazioni sovietiche che vogliono la ballerina costantemente sulle punte. Interessante è lo sdoppiamento della seconda fata nel "passo a sei" del Prologo derivato da un fraintendimento dei materiali originali, che portò Nureyev a credere che i nomi Coulante e Fleur de Farine, entrambi usati da Petipa per descrive re la seconda fata, si riferissero a due personaggi diversi anziché allo stesso. Un'attenta conoscenza storica delle fonti e, soprattutto, della partitura originale del balletto è peraltro anche alla base di quelle interpolazioni coreografiche che Nureyev inserì per conferire maggior spessore al ruolo del principe. Il secondo assolo nell'atto cosiddetto "della visione" è impostato sullo splendido entr'acte per violino e orchestra che Čajkovskij compose come preludio all'arrivo del principe e della buona fata al castello incantato. E il terzo assolo del protagonista maschile nello stesso atto deriva dal summenzionato "passo a quattro", cosiddetto delle "pietre preziose", nel divertissement del terzo atto, dove originalmente indicava l'oro. Ma il vero colpo di genio della versione Nureyev, che pure ha conosciuto varie rivisitazioni dal 1966 a oggi, è il modo in cui il celebre artista seppe contrastare la suddetta storia d'amore con la rievocazione di quello che, in effetti, può essere considerato come uno degli ultimi esempi di puro balletto di corte. Nell'adattare il testo originale a una lettura soggettiva, Nureyev seppe mantenere quell'opulenza puramente imperiale senza la quale non ci può essere nessuna Bella addormentata. Una decisione forse nostalgica, e leggermente al di fuori dagli schemi di pensiero di un artista che, al suo primo apparire in Occidente, fu spesso guardato come un ribelle e un dissacratore. Ma una decisione che, al tempo stesso, garantisce la continuità di una splendida tradizione. Giannandrea Poesio La Bella di Nureyev: tradizione e rinnovamento dal libretto di sala de "La Bella addormentata", Teatro alla Scala, stagione 2006-2007 CURIOSITA'
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