William Forsythe
Enemy in the Figure
13-05-1989 - Frankfurt am Main, Frankfurt Stage Design
Balletto in un atto
Coreografia: William Forsythe
Musica: Thom Willems
Scene e costumi: William Forsythe
Luci: William Forsythe
CAST
Elisabeth Corbett, Isabelle Gerber, Jennifer Grissette, Amanda Miller, Ana C. Roman, Andrea Tallis, Steven Galloway, Christopher Johnson, Andrew Levenson, Thomas McManus, Anthony Rizzi
Frankfurt Ballett
Coreografia: William Forsythe
Musica: Thom Willems
Scene e costumi: William Forsythe
Luci: William Forsythe
CAST
Elisabeth Corbett, Isabelle Gerber, Jennifer Grissette, Amanda Miller, Ana C. Roman, Andrea Tallis, Steven Galloway, Christopher Johnson, Andrew Levenson, Thomas McManus, Anthony Rizzi
Frankfurt Ballett
TRAMA
In «Enemy in the Figure» 11 danzatori si esibiscono come se fossero osservati al microscopio. Agitati e distaccati, entrano ed escono dalle ombre proiettate da un enorme faretto, i loro corpi fanno da contrappunto a un ambiente saturo di tecnologia.
Facendo uso di uno schermo ondulato posizionato diagonalmente sul palco, una corda che pulsa sul pavimento come se indicasse livelli di energia o messaggi segreti, un proiettore su ruote manipolato dai ballerini e una colonna sonora ticchettante e meditativa di Thom Willems, «Enemy in the Figure» è una poesia oscura ed emozionante sulla visione e la percezione, la forma e il caos. La luce – qui parte integrante della coreografia come i passi – filtra attraverso il palco in raggi irregolari e transitori, esplodendo e contraendo lo spazio, immergendo i danzatori in un bagliore concentrato o oscurandoli con ombre sempre più profonde che intensificano la bellezza effimera del movimento.
Indossando abiti con frange stratificate sui loro body bianchi o neri, i ballerini esplodono e scompaiono nell'oscurità come eruzioni dell'inconscio, i loro corpi appaiono come strumenti polifonici in grado di generare movimento da qualsiasi punto. Gli arti allenati dal balletto mutano in forme angolate e disgiunte, iscrivendo geometrie convulse mentre ruotano contro le loro ombre cinetiche, o generano infinite catene di movimento su un palcoscenico improvvisamente vuoto, la luce sbiadita e uniforme, la musica una melodia bassa, ritmica e ripetitiva. In un universo alternativamente frenetico e calmo, «Enemy in the Figure» presenta un non-narrativo di mistero e urgenza, isolamento e connessione, meccanico e umano: la danza come mezzo per infinite possibilità.
Dal sito della Compañía Nacional de Danza de Teatro Real de Madrid
https://cndanza.mcu.es/en/repertoire/enemy-in-the-figure/
Facendo uso di uno schermo ondulato posizionato diagonalmente sul palco, una corda che pulsa sul pavimento come se indicasse livelli di energia o messaggi segreti, un proiettore su ruote manipolato dai ballerini e una colonna sonora ticchettante e meditativa di Thom Willems, «Enemy in the Figure» è una poesia oscura ed emozionante sulla visione e la percezione, la forma e il caos. La luce – qui parte integrante della coreografia come i passi – filtra attraverso il palco in raggi irregolari e transitori, esplodendo e contraendo lo spazio, immergendo i danzatori in un bagliore concentrato o oscurandoli con ombre sempre più profonde che intensificano la bellezza effimera del movimento.
Indossando abiti con frange stratificate sui loro body bianchi o neri, i ballerini esplodono e scompaiono nell'oscurità come eruzioni dell'inconscio, i loro corpi appaiono come strumenti polifonici in grado di generare movimento da qualsiasi punto. Gli arti allenati dal balletto mutano in forme angolate e disgiunte, iscrivendo geometrie convulse mentre ruotano contro le loro ombre cinetiche, o generano infinite catene di movimento su un palcoscenico improvvisamente vuoto, la luce sbiadita e uniforme, la musica una melodia bassa, ritmica e ripetitiva. In un universo alternativamente frenetico e calmo, «Enemy in the Figure» presenta un non-narrativo di mistero e urgenza, isolamento e connessione, meccanico e umano: la danza come mezzo per infinite possibilità.
Dal sito della Compañía Nacional de Danza de Teatro Real de Madrid
https://cndanza.mcu.es/en/repertoire/enemy-in-the-figure/
GALLERY
APPROFONDIMENTO
La creazione, inserita come seconda parte in Limb’s Theorem, accanto agli undici danzatori ha come ulteriore protagonista il binomio oscurità-luce. Il modo in cui il groviglio scenico in fibrillazione viene percepito cambia in continuazione o perché le luci, mutando, rimodellano lo spazio oppure perché i danzatori passano da una zona quasi incandescente per la forte illuminazione a una in penombra. Ciò accade quando le coppie in nero danzano dietro, di fronte, piuttosto che al lato di uno schermo verticale, ondulato, collocato diagonalmente lungo il palcoscenico. Le coppie sono in buona luce allorché danzano stagliandosi contro il praticabile, illuminate in modo da proiettare su esso ombre profonde in moto; ma le stesse sprofondano nella più debole penombra allorché si allontanano dallo schermo verticale. Ritornano, poi, visibili, ma abbastanza debolmente, al solo riflesso lunare del muro bianco sinuoso. Le diverse percezioni di un movimento che, prima visibilissimo, poi si indovina appena, ne sottolineano la natura effimera ed inafferrabile. A volte la luce inonda lo spazio facendolo esplodere, altre lo contrae inghiottendolo nel buio, bagna i corpi esaltandoli con bagliori concentrati in zone, si sottrae agli stessi.
In un punto il buio inghiotte i soli corpi, mentre le braccia dei danzatori serpeggiano, avvolte dalle maniche dei loro maglioni neri, disegnando strisce luminose. Alla sinuosità di queste fanno eco le pulsazioni di una corda che, colpita dagli interpreti, sembra ogni volta marcare il livello di energia raggiunto. Un fianco che ancheggia innesca il volo di una gamba, una spalla quello di un braccio; mani si inseguono l’un l’altra lungo la fune. Il movimento viene spinto al parossismo, sottolineato da quello, a pendolo, di quattro elementi o dall’attraversamento di due donne eseguito a piccoli passi agili e veloci; i giri, gli off-balance e i développés in punta si moltiplicano vorticosi; i bacini ondeggiano, ogni movimento attraversa i corpi nella loro lunghezza ed esce dalle mani o dai piedi. La sensazione di energia totale, assolutamente incontenibile, è sottolineata da brusche interruzioni del movimento e da effetti sonori ideati da Willems, nei quali intervengono i suoni laceranti delle sirene e quelli sferzanti delle folate di vento, intercalati da una ripetuta melodia. Il movimento è talmente pennellato sulla musica da apparirne la sua versione visiva. La creazione fa ampio uso di un enorme riflettore su ruote spostato dai danzatori in ogni punto del palcoscenico affinché illumini, o lasci nell’oscurità, i vari elementi dell’azione. Passando attraverso il suo potente fascio, i ballerini generano esplosioni e implosioni di corpi, che apparendo per svanire subito dopo, suggeriscono che il movimento può essere generato ad ogni istante da ogni punto dello spazio in un universo alternativamente frenetico o in calma piatta. Più volte la critica ha detto che questi effetti fanno apparire i ballerini come visti attraverso un microscopio. La danza appare il tramite di molteplici antinomie, quali buio-luce, suono-silenzio, caos-forma, calma-frenesia, riflessione-assorbimento, tecnologia-umanità, solitudine-folla e queste antinomie paiono le cavie sulle quali indagare il fenomeno della percezione visiva. Marino Palleschi Balletto.net Forsythe, un balletto formato Bauhaus
Enemy in the figure, un nemico nella figura; è il titolo della nuova creazione di William Forsythe, direttore del Balletto di Francoforte. Accolta da ovazioni, la breve pièce conclude un bel collage di balletti a firma dì Laura Dean, Manada Miller e Daniel Larrieu. Ma spicca su tutto per l'originalità e per il fatto di ispirarsi alle teorie dell'«enfant terrible» dell'architettura Daniel Libeskind. FRANCOFORTE. La storia racconta che il Re Sole amava allestire alla Corte di Versailles complicati balletti che non somigliavano ad altro che a sontuose architetture mobili E' facile trovare una relazione tra danza e architettura nei secoli delle scoperte e della fiducia nella costruzione del progresso. Ma oggi? Quali possono essere le relazioni tra due arti che hanno persino negato le loro caratteristiche più peculiari come il movimento e il volume? Nel foyer dell’Opera di Francoforte, il teatro dove agisce la sua richiestissima compagnia. Il vulcanico Forsythe ha fatto allestire una mostra di disegni labirintici e di scritti poetici del quarantenne architetto-artista Daniel Libeskind. Come dire al suo affezionato pubblico tedesco che se vuole trovare una qualche relazione tra la sua ultima coreografia e il resto del mondo può cercarla proprio lì: nel fantasmagorico progetto di un edificio per uffici, abitazioni e spazi pubblici, a Berlino, che avendo vinto un concorso internazionale trasmigrerà forse dal regno della fantasia, a cui sembrerebbe strenuamente legato visto che i suoi materiali spaziano dall'acciaio alle pagine dell'elenco telefonico, a quelle della realtà. Esponente di un'ultima corrente dell'architettura che si definisce per ora con un certo pudore «decostruttivista», Libeskind sfida l’impossibile: nelle sue <<decostruzioni» cerca di sposare pittura, scultura, letteratura e architettura. Per questo Forsythe ha trovato in lui l'anima gemella. Il suo audace Enemy in the Figure sembra allo stesso tempo un film poliziesco, un progetto mobile del Costruttivismo russo e un disegno grafico del Bauhaus che si è colorato di velocità e di ironia. Pochi elementi contribuiscono a creare una scena simile a un vasto set cinematografico. Un morbido muretto di legno chiaro a forma di onda. Alcune corde bianche e nere appoggiate e fatte vibrare a terra. Un grande proiettore spostato a vista dai ballerini, responsabile degli improvvisi squarci di luce intensa e crepuscolare che invadono o nascondono le immagini. Il tutto avvolto dalla musica metallica e inquietante di Tom Willems, abituale collaboratore di Forsythe. All'inizio di Enemy in the Figure un paio dì ballerini sonda le pareti nere del palcoscenico; una danzatrice in succinto body bianco è invece distesa a terra e sembra reggere la lunga corda che la lega alla strettura in legno. La luce è sinistra come in un fotogramma del Dottor Caligari. Ma ecco che lo spazio si popola di presenze contrastanti. Un negro dinoccolatissimo (Stephen Galloway). in foggia da clown con frange, piroetta. Un piccolino, palla di mercurio dal petto villoso (Anthony Pizzi), è scosso da un delirio frenetico: danza come un ossesso. Una coppia si agguanta tra gomitate e abbandoni taglienti. Come al solito, Forsythe non racconta una storia: la disintegra. Ma le presenze, in costumi solo bianchi e neri, che il coreografo sembra aver rubato ai sarto francese Jean Paul Gauitier, espongono In velocità, con magiche corse sospese in tondo, piccoli galoppi e ieratici saltelli speculari un <<testo» poetico dì intensa bellezza: candido come un gioco per l’infanzia, ma anche sofferto nel rallentato finale riservato a donne che con la loro danza possente e muscolare, forte ma velata di femminilità, come quella della bravissima Elizabeth Corbett, sembrano interrogarsi proprio sulla loro energia dì donne. Con Enemy in the Figure, il direttore di Francoforte segna un altro compatto successo nel suo carnet. Il pubblico che ormai Io osanna ha comunque riservato calorosi applausi a tutti gli altri ospiti della serata. Laura Dean, americana di prestigio, ha spiegato con il geometrico Fire. tutto bianco e sulle punte, come sia possibile coniugare l'abbandono della danza orientale, ancheggiante e rotonda, con la severità del postmoderno ridotto a pochi saltelli e molti disegni spaziali. Daniel Larrieu, che Forsythe considera tra i più interessanti coreografi francesi, ha creato in Jungle sur le planete Venus, giungla sul pianeta Venere (<<caos nel mondo emotivo» dice il coreografo); una parodia dei principali stili coreografici odierni e passati. Tutto calato in jeans color carta da zucchero, il poderoso Balletto di Francoforte imita le passerelle dì Pina Bausch e il rumoroso, brulicante effettismo di Maurice Béjart. Con molta passione, si diverte a Intrecciare gambe e braccia, disteso a terra, come per un omaggio a Busby Berkeley, il primo re del musical americano. Anche qui emerge, sia pure impregnata del romanticismo tipico di Larrieu, la relazione tra danza e architettura: questa Giungla è molto ordinata, calcolatissìma. come per non crollare. Ma ecco apparire subito dopo un guizzante, disequilibrato duetto, St. Nìck, che ci riconduce all’architettura frastagliata e «impossibile» di Forsythe. Non a caso l'ha creato Amanda Miller. una delle ballerine più versatili del Balletto di Francoforte, pensando a un regalo di Natale tutto dorato, protetto da un foglio di carta appesa per aria. Quando la danza finisce, il foglio si arrotola portandosi via i suoi due bonbon deliziosi che avevano riso e tremato a rotta di collo. Marinella Guatterini L'Unità, 21 maggio 1989 CURIOSITA'
Organizzazione del corpo e dello spazio nei disegni di William Forsythe e Daniel Libeskind
(...) L'architettura e la danza sono forme di espressione spaziale; entrambe sono vissute attraverso la formazione di forme fisiche. Sebbene l'architettura sia statica e quest'ultima sia mobile, entrambe le discipline vengono testate nel tempo. Attraverso la danza si scoprono e si manifestano infinite possibilità di spazio. È un'esperienza che l'architettura mira a definire e catturare, quindi discutendo la danza e la sua rappresentazione in questo saggio miro a informare il pensiero architettonico. Sia i ballerini che gli architetti studiano i movimenti di una persona, come attraversa la stanza, come sceglie la sua direzione e come reagisce a determinati spazi. Come suggerito da un ballerino e coreografo americano, William Forsythe: “La coreografia riguarda l'organizzazione di corpi nello spazio, oppure si organizzano corpi con altri corpi o un corpo con altri corpi in un ambiente organizzato”(1). Questa citazione sostiene che l'organizzazione della danza è definita dal carattere dello spazio e dai suoi confini fisici. Come gli architetti hanno concepito metodi per annotare le loro scoperte spaziali, così hanno fatto i ballerini. Nell'articolo Dancing and Drawing, Choreography and Architecture Steven Spier esamina l'influenza dei Micromegas disegni dell'architetto Daniel Libeskind sul lavoro del coreografo William Forsythe nella sua performance di balletto Enemy of the Figure. Sostiene che è il medesimo metodo di disegno di Libeskind, non l'idea "decostruttivista", che ha ispirato le opere di Forsythe. Mentre Spier discute come le opere di Daniel Libeskind siano state collegate alla danza, questa tesi mira a studiare le rappresentazioni del pensiero coreografico di Forsythe attraverso i suoi metodi di disegno nel contesto dell'architettura. (...) Seguendo lo studio di Laban, William Forsythe tenta di reinventare il suo sistema di notazione presumendo che il movimento possa provenire da qualsiasi punto del corpo. Nell'articolo Proliferation and Perfect Disorder: William Forsythe and the Architecture of Disappearance, Patricia Baudoin e Heidi Gilpin affermano: "Nello smantellamento e sospensione del modello di Laban da parte di Forsythe, qualsiasi punto o linea nel corpo o nello spazio può diventare il centro cinesferico di un particolare movimento”(2). Laban stesso affronta le questioni del centro e dell'equilibrio nella sua scrittura di Coreutica: “Le architetture dei sogni possono trascurare le leggi dell'equilibrio. Così si possono sognare i movimenti, eppure un fondamentale senso di equilibrio rimarrà sempre con noi anche nelle più fantastiche deviazioni dalla realtà» (3). Forsythe sfida l'idea di rimanere in equilibrio, i suoi progetti si sviluppano attorno all'instabilità del corpo: il punto di svolta in cui il ballerino sta per cadere appena prima che il suo punto centrale si riposiziona e riacquista l'equilibrio. Con questa idea di scomparsa e transizione da una forma all'altra, Forsythe potrebbe relazionarsi con i lavori di un architetto Daniel Libeskind, che era affascinato dall'idea di "spazio di non equilibrio", dove non c'è "una forma costante e nessun universale genere. Non è un dato né un fatto fisico. Non ha Storia e non segue il Fato» (4). Forsythe ha riconosciuto le sue teorie sulla danza nei disegni End Space di Libeskind da Micromegasserie, nel senso che gli elementi nei disegni non erano istruzioni; erano solo forme in disequilibrio. Forsythe ha inoltre esposto questi disegni nel suo studio di danza e ha chiesto ai suoi studenti di danza classica di eseguire un esercizio di danza di improvvisazione chiamato 'scrittura della stanza' in cui "devi usare la superficie del tuo corpo e la tua immaginazione su come potrebbero formarsi le linee e come potresti manifestare queste cose con il tuo corpo» (5). Il disegno scarta i vincoli della perfezione tecnica per consentire agli spazi di passare attraverso la cornice dell'immagine. Sia nella danza che nel disegno, la linea si svincola dalla sua forma perfetta di elemento meramente geometrico per apparire nello spazio come elemento aperto e socialmente integrativo. Forsythe usa il disegno per generare nuovi movimenti e nuove combinazioni per la danza. L'ambiguità è un elemento chiave nei disegni di danza. Uno dei metodi esplorati da Forsythe è la creazione di disegni vettoriali astratti dalle fotografie fisse delle sue riproduzioni, come lo schizzo che ha fatto di Singerland. Tale disegno ha lo scopo di alienarsi dall'origine della sua creazione e di concentrarsi «sull'insolito tipo di spazio architettonico che emerge interamente da se stesso» (6). Forsythe spesso è emerso lui stesso nell'analisi di disegni di altre discipline come l'arte o l'architettura per generare nuove combinazioni per il balletto. Per Forsythe il processo di creazione di qualcosa di nuovo potrebbe diventare più importante del risultato. Forsythe dice che l'atto coreografico è temporaneo, presente solo durante la performance: “Non voglio sapere cosa accadrà. Voglio cadere in un'imboscata di esiti» (7). Forsythe è così appassionato di improvvisazione costante, che può cambiare un'intera sequenza di ballo la notte prima dello spettacolo, al fine di mantenere la danza fresca ed imprevedibile. (...) (1) Spier, Steven, 'Dancing and Drawing, Choreography and Architecture', Journal of Architecture , vol. 10, n. 4, 2005 settembre, p.352 (2) Baudoin, Patricia e Gilpin, Heidi, 'Proliferation and Perfect Disorder: William Forsythe and the Architecture of Disappearance' in Il Disegno che Non Fa il Ritratto: Danza, Architettura, Notazioni , a cura di Marinella Guatterini, Volume II ( I Teatri di Reggio Emilia, 1989), p.74 (3) Rudolf von Laban, Coreutica , 1966. (4) Libeskind, Daniel, 'Chamberworks: “Unoriginal Signs”' (originariamente citato in Cranbook , 1983), A+U: Architecture and Urbanism , n.8 (215), agosto 1988, p.132. (5) Spier, Steven, 'Dancing and Drawing, Choreography and Architecture', Journal of Architecture , vol. 10, n. 4, 2005 settembre, p.352. (6) 'Conversation between Forsythe and Kaiser', registrata nel 1998 e successivamente pubblicata in Performance Research , vol.4 no.2, Summer 1999, http://openendedgroup.com/writings/danceGeometry.html (7) Baudoin, Patricia e Gilpin, Heidi, 'Proliferation and Perfect Disorder: William Forsythe and the Architecture of Disappearance' in Il Disegno che Non Fa il Ritratto: Danza, Architettura, Notazioni , a cura di Marinella Guatterini, Volume II ( I Teatri di Reggio Emilia, 1989), p.74 Anastasia Galicheva http://anastasiagalicheva.com/Organisation-of-Body-and-Space-in-Drawings-by-William-Forsythe-and BALLETTI CORRELATI
Limb's Theorem William Forsythe (1990)
|
NELLO STESSO ANNO...
Cinema (Richard Alston) Opal Loop (Trisha Brown) Sounding (Siobhan Davies) Enemy in the Figure (William Forsythe) Calm (Mary Evelyn) Pulau Dewata (Richard Alston) Hamlet (Maurice Béjart) Spartacus (John Grant) Carmina Burana (Imre Eck) Le baiser de la Fée (Natalia Kassatkina e Vladimir Vassiliov) The Fall of Icarus (Frédéric Flamand) Reflection of Saint Joan (Helgi Tomasson) Les Noces (Heinz Spoerli) Orphée (Kim Brandstrup) Orfeo (Andrea Francalanci) Les Noces (Christopher Bruce) Spartacus (Wazlaw Orlikowsky) Petrushka (Oleg Vinogradov) Les Noces (Angelin Preljocaj) Platée (François Raffinot) Prince of the Pagodas (Kenneth MacMillan) Schéhérazade (James Kudelka e David Earle) A Midsummer Night’s Dream (László Sergi) Spartacus (Youri Vamos) Le Spectre de la rose (John Neumeier) |