Claudio Giorgione
La Sylphide, da Taglioni a Lacotte
La Sylphide inaugurò per la coreografia un'era del tutto nuova, e grazie a lei il romanticismo si introdusse nel regno di Tersicore. A partire da questo balletto, lavori come Les Filets de Vulcain, Flore er Zephyre non furono più possibili; l'Opera fu liberata grazie a gnomi, ondine, salamandre, elfi, willi, peri e da tutto quel popolo fantastico e misterioso che si presta così meravigliosamente alla fantasia dei maitre de ballet. I dodici palazzi di marmo e d'oro dell'Olimpo furono relegati tra la polvere dei magazzini, e non si domanda altro agli scenografi che foreste romantiche, valli illuminate dal chiaro della luna germanica delle ballate di Heinrich Heine. Si cambiò il corturno greco con la scarpetta di raso. Questo nuovo genere portò un grande uso di garza bianca e di tulle; le ombre si vaporizzarono in gonne trasparenti. Il bianco fu presto il solo colore adottato.
Théophile Gauthier
La presse, 1 luglio 1844
Lo stile Taglioni
L'insegnamento di Filippo Taglioni si allontana dal costume che si era instaurato all'Opera. Come riferisce Louis Véron, il suo Direttore, "Monsieur Taglioni padre fondò per la Danza una nuova scuola, ben differente per stile e per filosofia dalla scuola di Gardel e di Vestris. Le due scuole offrivano un pungente contrasto: Vestris insegnava la grazia, la seduzione, era un sensualista; esigeva sorrisi provocanti, pose e attitudini quasi senza decenza e senza pudore.
Lo stile e il linguaggio di M. Taglioni dicevano tutto il contrario: esigeva una gentile facilità di movimenti, di leggerezza, di elevazione e soprattutto di ballon; ma non permetteva più a sua figlia un gesto, un'inflessione che mancasse di decenza e di pudore. Le diceva: "Occorre che le donne e le ragazze possano vederti danzare senza arrossire: che la tua danza sia piena di austerità, di delicatezza e di gusto". Vestris voleva che si danzasse come ad Atene, con baccanti e cortigiane; per M. Taglioni la danza doveva esprimere un'ingenuità quasi mistica e religiosa".
Théophile Gauthier
La presse, 1 luglio 1844
Lo stile Taglioni
L'insegnamento di Filippo Taglioni si allontana dal costume che si era instaurato all'Opera. Come riferisce Louis Véron, il suo Direttore, "Monsieur Taglioni padre fondò per la Danza una nuova scuola, ben differente per stile e per filosofia dalla scuola di Gardel e di Vestris. Le due scuole offrivano un pungente contrasto: Vestris insegnava la grazia, la seduzione, era un sensualista; esigeva sorrisi provocanti, pose e attitudini quasi senza decenza e senza pudore.
Lo stile e il linguaggio di M. Taglioni dicevano tutto il contrario: esigeva una gentile facilità di movimenti, di leggerezza, di elevazione e soprattutto di ballon; ma non permetteva più a sua figlia un gesto, un'inflessione che mancasse di decenza e di pudore. Le diceva: "Occorre che le donne e le ragazze possano vederti danzare senza arrossire: che la tua danza sia piena di austerità, di delicatezza e di gusto". Vestris voleva che si danzasse come ad Atene, con baccanti e cortigiane; per M. Taglioni la danza doveva esprimere un'ingenuità quasi mistica e religiosa".
Con questo spirito, Filippo Taglioni inventa la famosa posizione delle braccia ripiegate sul petto, simbolo di castità, alla maniera dei pittori italiani del Rinascimento (permettendo anche a Maria di nascondere le sue braccia giudicate troppo lunghe).
L'uso del corsetto obbliga la ballerina a tenere il busto teso in avanti, e Taglioni prolunga il movimento delle braccia per equilibrare gli arabesques, che si arricchiscono così di un lirismo straordinario.
Pierre Lacotte, nel rimontare il balletto, ha voluto far indossare alle ballerine il corsetto (fino alla prova generale), per obbligarle a tenere il busto in avanti e a sollevare le braccia in maniera diversa, limitate nel movimento.
Per dare l'impressione di immaterialità senza peso, Maria Taglioni rallenta le sue pirouettes. Tutti i gesti bruschi vengono attenuati, ella cerca al contrario di rendere una danza in cui tutto sembra apparentemente facile: tiene l'equilibrio alla fine dei suoi giri, scendendo in ralenti dalla punta nel modo più morbido possibile e segnando i movimenti in leggero ritardo rispetto alla musica.
Un giornale di Dublino scrive, nel 1836: "Nulla può superare la grazia e la vivacità del suoi piedi in certi suoi salti maestosi. Sul piano della tecnica segnalerò i suoi rond de jambe con glissades - suoi jetes e pas de bourrée - nei quali cambia piede cosi rapidamente e sale in punta sui due ultimi tempi come se avanzasse su una nuvola. Citerò i suoi échappés sulle punte che sono letteralmente degli échappés sulle dita dei piedi, durante i quali ella mantiene un movimento meccanico, aprendo e fermando alternativamente i piedi. Menzionerò anche i suoi stupefacenti pas de basque en tournant, nei quali esegue i giri con fermezza, come se il movimento le fosse naturale, con una souplesse quasi inimmaginabile".
Maria Taglioni è la prima ballerina a restare in equilibrio su un piede. Non si tratta della ricerca di un effetto, ma un modo per sottolineare la sua danza restando in punta su una nota mantenuta. Le punte diventano allora il vantaggio principale di questo nuovo stile, usate soprattutto per rifinire l'esecuzione, poichè le scarpette all'inizio non erano sufficientemente rinforzate per rimanere in punta a lungo (le ballerine le rinforzavano inserendo pezzi di cartone e di cotone tenuti insieme dallo smalto).
Per questo la punta si alterna al salto. Anche lì, la preparazione di un salto molto elevato viene mascherata per non far trasparire alcuno sforzo, e nel momento in cui la ballerina ricade a terra, la punta del primo piede d'appoggio sfiora il suolo e solo il tallone riceve il peso del corpo. Ella piega allora lentamente il ginocchio, controllando la discesa, dando l'impressione di un'infinita leggerezza e di facilità. Filippo Taglioni vuole che la ballerina usi la più ampia gamma di possibilità tecniche che le permettono l'interpretazione più verosimile del ruolo.
L'uso del corsetto obbliga la ballerina a tenere il busto teso in avanti, e Taglioni prolunga il movimento delle braccia per equilibrare gli arabesques, che si arricchiscono così di un lirismo straordinario.
Pierre Lacotte, nel rimontare il balletto, ha voluto far indossare alle ballerine il corsetto (fino alla prova generale), per obbligarle a tenere il busto in avanti e a sollevare le braccia in maniera diversa, limitate nel movimento.
Per dare l'impressione di immaterialità senza peso, Maria Taglioni rallenta le sue pirouettes. Tutti i gesti bruschi vengono attenuati, ella cerca al contrario di rendere una danza in cui tutto sembra apparentemente facile: tiene l'equilibrio alla fine dei suoi giri, scendendo in ralenti dalla punta nel modo più morbido possibile e segnando i movimenti in leggero ritardo rispetto alla musica.
Un giornale di Dublino scrive, nel 1836: "Nulla può superare la grazia e la vivacità del suoi piedi in certi suoi salti maestosi. Sul piano della tecnica segnalerò i suoi rond de jambe con glissades - suoi jetes e pas de bourrée - nei quali cambia piede cosi rapidamente e sale in punta sui due ultimi tempi come se avanzasse su una nuvola. Citerò i suoi échappés sulle punte che sono letteralmente degli échappés sulle dita dei piedi, durante i quali ella mantiene un movimento meccanico, aprendo e fermando alternativamente i piedi. Menzionerò anche i suoi stupefacenti pas de basque en tournant, nei quali esegue i giri con fermezza, come se il movimento le fosse naturale, con una souplesse quasi inimmaginabile".
Maria Taglioni è la prima ballerina a restare in equilibrio su un piede. Non si tratta della ricerca di un effetto, ma un modo per sottolineare la sua danza restando in punta su una nota mantenuta. Le punte diventano allora il vantaggio principale di questo nuovo stile, usate soprattutto per rifinire l'esecuzione, poichè le scarpette all'inizio non erano sufficientemente rinforzate per rimanere in punta a lungo (le ballerine le rinforzavano inserendo pezzi di cartone e di cotone tenuti insieme dallo smalto).
Per questo la punta si alterna al salto. Anche lì, la preparazione di un salto molto elevato viene mascherata per non far trasparire alcuno sforzo, e nel momento in cui la ballerina ricade a terra, la punta del primo piede d'appoggio sfiora il suolo e solo il tallone riceve il peso del corpo. Ella piega allora lentamente il ginocchio, controllando la discesa, dando l'impressione di un'infinita leggerezza e di facilità. Filippo Taglioni vuole che la ballerina usi la più ampia gamma di possibilità tecniche che le permettono l'interpretazione più verosimile del ruolo.
Il ruolo del ballerino non era per questo trascurato: la virilità e l'esecuzione realista di una tecnica molto solida permettevano di esaltare, per contrasto, la fragilità apparente della ballerina. Contrariamente a quello che spesso si pensa, il ballerino - in un'epoca in cui si voleva idealizzare la donna - aveva un ruolo preponderante: la difficoltà degli assoli danzati da Joseph Mazilier, Jules Perrot o Arthur Saint Léon testimoniano un virtuosismo molto ben strutturato.
Bournonville nella sua versione della Sylphide del 1836, attribuisce in certi passi più importanza al ruolo maschile che alla ballerina. Più corta della versione Taglioni, quella di Bournonville è impregnata dalla filosofia del coreografo danese, che trasforma James in uno spirito idealista, un eroe romantico soffocato dalla banalità della sua gente. La Sylphide lo tenta, lo attira irresistibilmente: più moralista, Bournonville mostra i pericoli della vita, e dà più importanza al personaggio della strega Madge, strumento del destino, che contrasta i sogni e la folle condotta di James.
La Sylphide di Taglioni rimane sublime esempio di uno stile raffinato dove la concatenazione dei passi e l'intelligenza nell'accostamento di passi veloci, tempi in punta e batterie portano alla danza emozioni del tutto nuove: la tecnica è messa al servizio della danza che diventa un'arte di espressione. Finita l'epoca degli intrattenimenti, dei sorrisi forzati e degli effetti facili per ottenere gli applausi. Ormai non ci si rivolge più solo agli occhi, ma all'anima.
Bournonville nella sua versione della Sylphide del 1836, attribuisce in certi passi più importanza al ruolo maschile che alla ballerina. Più corta della versione Taglioni, quella di Bournonville è impregnata dalla filosofia del coreografo danese, che trasforma James in uno spirito idealista, un eroe romantico soffocato dalla banalità della sua gente. La Sylphide lo tenta, lo attira irresistibilmente: più moralista, Bournonville mostra i pericoli della vita, e dà più importanza al personaggio della strega Madge, strumento del destino, che contrasta i sogni e la folle condotta di James.
La Sylphide di Taglioni rimane sublime esempio di uno stile raffinato dove la concatenazione dei passi e l'intelligenza nell'accostamento di passi veloci, tempi in punta e batterie portano alla danza emozioni del tutto nuove: la tecnica è messa al servizio della danza che diventa un'arte di espressione. Finita l'epoca degli intrattenimenti, dei sorrisi forzati e degli effetti facili per ottenere gli applausi. Ormai non ci si rivolge più solo agli occhi, ma all'anima.
Rappresentata per la prima volta il 12 maggio 1832 all'Opera di rue Le Peletier, La Sylphide, di Filippo Taglioni segna la nascita del balletto romantico. Sullo sfondo di una Scozia più immaginata che reale, il balletto racconta l'amore impossibile di un mortale per una creatura sovrannaturale.
Dopo il trionfale esordio, il balletto è rappresentato ovunque: Maria Taglioni lo danza a Londra e Berlino nel 1832, a Vienna nel 1836, a San Pietroburgo nel 1837, a Milano nel 1841 e nuovamente a Parigi nel 1844; Augusta Maywood negli Stati Uniti nel 1835; Fanny Elssler a Parigi nel 1838. L'ultima grande ballerina romantica a interpretare questo ruolo sarà Emma Livry nel 1858: la sua tragica morte coincide con l'inizio dell'oblio per questo capolavoro, che sparisce dal repertorio (con l'eccezione di una ripresa pietroburghese curata da Petipa nel 1892).
Ricostruire un balletto perduto
Entrato a dieci anni nella Scuola di Ballo dell'Opera di Parigi, Pierre Lacotte dimostra molto presto un grande interesse per la dimensione storica del balletto, soprattutto quello romantico. Legge con entusiasmo gli elogi che Théofile Gautier, Alfred De Musset, George Sand, Lamartine e Victor Hugo avevano rivolto a La Sylphide, elogi che avevano fatto accorrere re, zar, imperatori. L'interesse storico per questo balletto sembrava trascendere il mondo stesso della danza. Affascinato da quest'opera sparita da un secolo, Lacotte sogna di rimontare un giorno La Sylphide di Taglioni: questa è la chimera che inseguirà per anni.
Nella sua carriera internazionale di ballerino, Lacotte ricerca negli archivi di tutti i teatri in cui gli capita di danzare, nella speranza di trovare qualche documento utile al suo sogno. Nel 1952, a vent'anni, viene scelto da Harald Lander per danzare a fianco della moglie di costui, Toni Lander, ampi estratti de La Sylphide nella versione di Bournonville, per la prima volta fuori dalla Danimarca; versione che, giunta intatta fino a quel tempo, è attentamente studiata da Lacotte, che sogna però di rimontare quella di Taglioni.
Il miracolo avviene nel 1968: alle sue mani arrivano dei documenti inediti di valore inestimabile. Il testamento di un nipote di Maria Taglioni, Augusto Gilbert de Voisins, indica il nome e l'indirizzo degli archivi della nonna. Questi documenti, dispersi ormai in collezioni private, non si rivelano di facile ricognizione, ma Lacotte è intenzionato a spingersi fino in fondo.
Dopo il trionfale esordio, il balletto è rappresentato ovunque: Maria Taglioni lo danza a Londra e Berlino nel 1832, a Vienna nel 1836, a San Pietroburgo nel 1837, a Milano nel 1841 e nuovamente a Parigi nel 1844; Augusta Maywood negli Stati Uniti nel 1835; Fanny Elssler a Parigi nel 1838. L'ultima grande ballerina romantica a interpretare questo ruolo sarà Emma Livry nel 1858: la sua tragica morte coincide con l'inizio dell'oblio per questo capolavoro, che sparisce dal repertorio (con l'eccezione di una ripresa pietroburghese curata da Petipa nel 1892).
Ricostruire un balletto perduto
Entrato a dieci anni nella Scuola di Ballo dell'Opera di Parigi, Pierre Lacotte dimostra molto presto un grande interesse per la dimensione storica del balletto, soprattutto quello romantico. Legge con entusiasmo gli elogi che Théofile Gautier, Alfred De Musset, George Sand, Lamartine e Victor Hugo avevano rivolto a La Sylphide, elogi che avevano fatto accorrere re, zar, imperatori. L'interesse storico per questo balletto sembrava trascendere il mondo stesso della danza. Affascinato da quest'opera sparita da un secolo, Lacotte sogna di rimontare un giorno La Sylphide di Taglioni: questa è la chimera che inseguirà per anni.
Nella sua carriera internazionale di ballerino, Lacotte ricerca negli archivi di tutti i teatri in cui gli capita di danzare, nella speranza di trovare qualche documento utile al suo sogno. Nel 1952, a vent'anni, viene scelto da Harald Lander per danzare a fianco della moglie di costui, Toni Lander, ampi estratti de La Sylphide nella versione di Bournonville, per la prima volta fuori dalla Danimarca; versione che, giunta intatta fino a quel tempo, è attentamente studiata da Lacotte, che sogna però di rimontare quella di Taglioni.
Il miracolo avviene nel 1968: alle sue mani arrivano dei documenti inediti di valore inestimabile. Il testamento di un nipote di Maria Taglioni, Augusto Gilbert de Voisins, indica il nome e l'indirizzo degli archivi della nonna. Questi documenti, dispersi ormai in collezioni private, non si rivelano di facile ricognizione, ma Lacotte è intenzionato a spingersi fino in fondo.
Le sue indagini si spingono in ogni direzione: Lacotte arriva a raccogliere tutte le recensioni pubblicate nelle città in cui il balletto venne rappresentato, in particolare quelle inglesi. Queste critiche sembrano essere scritte da ex ballerini, tanto la descrizione dei passi è precisa. Trova anche la corrispondenza di Filippo Taglioni con i ballerini e i suoi collaboratori, nonchè numerosi appunti di suo pugno, tra i quali disegni e quaderni usati durante le prove e le musiche per le lezioni. Infine, tra le scoperte più importanti, trova e consulta la partitura per il violino solo (che all'epoca accompagnava i ballerini nelle prove, invece del pianoforte) che era appartenuta al coreografo, piena di annotazioni sui passi e sulla messa in scena.
Lacotte ricerca a fondo nei fondi della Biblioteca dell'Opera, dove sono conservati gli inventari dettagliati dei costumi di Eugene Lami e le maquette delle scene di Pierre Ciceri.
Un altro tassello importante che contribuisce alla ricostruzione è la testimonianza dei ballerini che avevano lavorato in Russia con Taglioni. Le insegnanti di Lacotte, Lubov Egorova (1880-1972) e Carlotta Zambelli (1875- 1968) gli trasmettono tutti i loro ricordi. La prima, che aveva lavorato a sua volta con Christian Johansson (1817- 1903), uno degli ultimi partners di Maria Taglioni, gli descrive con cura la scena di pantomima in cui la Sylphide appare alla finestra; la seconda gli insegna le sequenze dei passi di Effie e di gran parte delle danze scozzesi. Informazioni essenziali ma, purtroppo, incomplete.
Nei quattro anni successivi, Lacotte studia e si documenta per impadronirsi del lessico del balletto romantico e incollare i vari frammenti da lui ritrovati come un vero e proprio "archeologo della danza", collegandoli con passi "in stile" di sua invenzione. Nel I atto, uno dei momenti più poetici del balletto, il pas de trois tra James, Effie e la Sylphide, è creato ex novo utilizzando un estratto di un altro balletto di Taglioni, L'Ombre, su musica di Ludwig Wilhelm Maurer.
Lacotte ricerca a fondo nei fondi della Biblioteca dell'Opera, dove sono conservati gli inventari dettagliati dei costumi di Eugene Lami e le maquette delle scene di Pierre Ciceri.
Un altro tassello importante che contribuisce alla ricostruzione è la testimonianza dei ballerini che avevano lavorato in Russia con Taglioni. Le insegnanti di Lacotte, Lubov Egorova (1880-1972) e Carlotta Zambelli (1875- 1968) gli trasmettono tutti i loro ricordi. La prima, che aveva lavorato a sua volta con Christian Johansson (1817- 1903), uno degli ultimi partners di Maria Taglioni, gli descrive con cura la scena di pantomima in cui la Sylphide appare alla finestra; la seconda gli insegna le sequenze dei passi di Effie e di gran parte delle danze scozzesi. Informazioni essenziali ma, purtroppo, incomplete.
Nei quattro anni successivi, Lacotte studia e si documenta per impadronirsi del lessico del balletto romantico e incollare i vari frammenti da lui ritrovati come un vero e proprio "archeologo della danza", collegandoli con passi "in stile" di sua invenzione. Nel I atto, uno dei momenti più poetici del balletto, il pas de trois tra James, Effie e la Sylphide, è creato ex novo utilizzando un estratto di un altro balletto di Taglioni, L'Ombre, su musica di Ludwig Wilhelm Maurer.
Nel 1971, l'entusiasmo di Lacotte contagia Pierre Deleuze, direttore della Televisione Francese, e il progetto di ricostruire e filmare il balletto arriva a concretizzarsi.
Benché pensato per una realizzazione cinematografica, Lacotte non vuole sfruttare effetti speciali moderni, ma intende ricostruire le macchine teatrali usate all'epoca, così come ricreare in studio le condizioni di illuminazione e l'atmosfera dell'età romantica.
Per questa Sylphide cinematografica, dopo una serie di audizioni, si costituisce un corpo di ballo ad hoc. I protagonisti sono Ghislaine Thesmar, moglie di Lacotte ed etoile della sua compagnia, e Michel Denard, da poco promosso a etoile dell'Opera: a partire dalla prima trasmissione televisiva, il 1 gennaio 1972, incarneranno per sempre gli interpreti ideali.
A seguito del grande interesse suscitato dall'evento, la Direzione dell'Opera chiede a Taglioni di portare il balletto sulle scene, coi medesimi interpreti, a cui si affiancano altre coppie leggendarie per i ruoli Sylphide - James: Noella Pontois con Cyril Atanassoff, Christiane Vlassi con Attilio Labis e anche Jean Pierre Franchetti e Rudolf Nurejev. Più di recente grandi interpreti sono stati Elisabeth Platel, Fanny Gaida, Agnes Letestu, Manuel Legris, Josè Matinez e, di recente debutto, Aurelie Dupont con Mathieu Ganio, la cui interpretazione è stata filmata nel 2004.
Da allora, l'Opera di Parigi rappresenta regolarmente La Sylphide, cui si aggiungono le numerose tournées in tutto il mondo, per un totale di più di centocinquanta recite. Lacotte stesso rimonta il balletto per numerose compagnie: Balletto di Novossibirsk in Siberia, Teatro Colon di Buenos Aires, Opera di Roma, Boston Ballet, Ballets de Montecarlo, Ballet de Nancy. Quest'occasione arriva ora anche per il Balletto del Teatro alla Scala.