Lev Ivanov e Marius Petipa
Lo Schiaccianoci
[Scielkuncik]
18-12-1892 [06-12-1892 cal. Giuliano] - San Pietroburgo, Teatro Imperiale Marijnsky
Ballet-féerie in due atti e tre scene
Coreografia: Lev Ivanov e Maurice Petipa
Musica: Piotr Ilic Tchaikovsky
Direttore d'orchestra: Riccardo Drigo
Libretto: Ivan Vsevolozhsky e Marius Petipa (liberamente tratto dal racconto Nussknacker und Mausekönig di Ernst Theodor Hoffmann nella versione di Alexandre Dumas padre (Histoire d’un casse-noisette)
Scene: Konstantin Ivanov e Mikhail Bocharov
Costumi: Ivan Vsevolozhsky
Luci:
CAST
La Fata Confetto: Antonietta Dell'Era
Il Principe Coqueluche: Pavel Gerdt
Clara: Stanislava Belinskaya
Lo Schiaccianoci: Sergei Legat
Drosselmeier: Timofei Stulkolkin
Presidente Silberhaus (Stahlbaum): Felix Kschessinsky
Fritz: Vasily Stulkolkin
Marianne: Lydia Rubtsova
Il soldato: Sergei Litavkin
La vivandiera: Maria Anderson
Arlecchino: Georgy Kyaksht
Colombina: Olga Preobrazhenskaya
Cioccolata calda spagnola: Marie Petipa e Sergey Lukyanov
Caffè arabo: Nadezhda Petipa
Tè cinese: Maria Anderson e Alexander Gorsky
Bastoncino di zucchero russo: Alexander Shiryaev
Mamma Zenzero: Nikolai Yakovlev
Fiori: Anna Johansson, Claudia Kulichevskaya, Olga Preobrazhenskaya, Varvara Rhykhlyakova
Balletto del Teatro Imperiale Marijnsky
Coreografia: Lev Ivanov e Maurice Petipa
Musica: Piotr Ilic Tchaikovsky
Direttore d'orchestra: Riccardo Drigo
Libretto: Ivan Vsevolozhsky e Marius Petipa (liberamente tratto dal racconto Nussknacker und Mausekönig di Ernst Theodor Hoffmann nella versione di Alexandre Dumas padre (Histoire d’un casse-noisette)
Scene: Konstantin Ivanov e Mikhail Bocharov
Costumi: Ivan Vsevolozhsky
Luci:
CAST
La Fata Confetto: Antonietta Dell'Era
Il Principe Coqueluche: Pavel Gerdt
Clara: Stanislava Belinskaya
Lo Schiaccianoci: Sergei Legat
Drosselmeier: Timofei Stulkolkin
Presidente Silberhaus (Stahlbaum): Felix Kschessinsky
Fritz: Vasily Stulkolkin
Marianne: Lydia Rubtsova
Il soldato: Sergei Litavkin
La vivandiera: Maria Anderson
Arlecchino: Georgy Kyaksht
Colombina: Olga Preobrazhenskaya
Cioccolata calda spagnola: Marie Petipa e Sergey Lukyanov
Caffè arabo: Nadezhda Petipa
Tè cinese: Maria Anderson e Alexander Gorsky
Bastoncino di zucchero russo: Alexander Shiryaev
Mamma Zenzero: Nikolai Yakovlev
Fiori: Anna Johansson, Claudia Kulichevskaya, Olga Preobrazhenskaya, Varvara Rhykhlyakova
Balletto del Teatro Imperiale Marijnsky
TRAMA
I Atto.
E' la vigilia di Natale, all'inizio del XIX secolo, e il ricco Signor Stahlbaum lo celebra con una festa per i suoi amici e per i loro figli, i quali si divertono e danzano in eccitata attesa dei regali. Drosselmeyer, un vecchio amico di famiglia, arriva portando i doni per i bambini e li stupisce con giochi di prestigio e con pupazzi meccanici da lui stesso costruiti. La figlia dei signori Stahlbaum, Clara – in alcune versioni Masha o Maria – riceve un pupazzo con la foggia di soldato e la funzione di schiaccianoci. Ne è entusiasta e suo fratello Fritz, geloso del regalo, glielo rompe; però Drosselmeyer provvede prontamente a ripararlo. Arrivano i nonni e si uniscono alle danze, finché, a sera inoltrata, la piacevole riunione termina e gli invitati si congedano. Dopo che tutti sono andati a dormire, Clara, mezzo addormentata, torna nel salone per prendere il suo Schiaccianoci e inizia – ma forse è soltanto un sogno – la sua fantastica avventura. La sala e l'albero di Natale assumono proporzioni enormi, una frotta di topi invade la stanza e cerca di aggredirla per impadronirsi dello Schiaccianoci. Clara accorre in suo aiuto scagliando contro gli schifosi animali le sue bambole preferite. Lo schiaccianoci e altri giocattoli improvvisamente prendono vita e Schiaccianoci al comando di un esercito di soldatini si unisce a Clara nella battaglia contro i topi e il loro capo, il Re dei Topi. Quest’ultimo sembra avere la meglio, ma Clara, disperata, gli lancia contro la sua scarpetta. Colpito, il Re dei Topi cade morto e ha luogo un'improvvisa trasformazione: lo schiaccianoci si rivela un giovane e meraviglioso principe, che la conduce – in alcune versioni dietro invito di Drosselmeyer - in un viaggio fantastico, iniziando ad attraversare il Regno delle Nevi dove assistono a una fitta e suggestiva nevicata (Valzer dei Fiocchi di Neve).
II Atto.
Il viaggio fantastico di Clara e Schiaccianoci prosegue su una navicella magica, con la quale i giovani raggiungono il Regno dei Dolci, dove sono materializzate tutte le cose buone che possono arricchire la loro merenda. Queste sono rappresentate dalle danze di carattere che riempiono un lungo divertissement, organizzato per intrattenere i due visitatori. Le danze Araba, Cinese, Spagnola rappresentano rispettivamente il caffè, il tè e la cioccolata, serviti per accompagnare cannoncini di pasta sfoglia ripieni di crema pasticcera e panna, rappresentati dalla Pastorale o danza degli Zufoli (Mirlitones). Si aggiungono una danza Russa (Trepak) e il Valzer dei Fiori. Alcune versioni conservano il passaggio col quale Tchaikovsky ha chiuso il divertissement: "Mére Gigogne et les polichinelles". Anch'esso è un pezzo a carattere nazionale poiché il personaggio, la dama dalla cui enorme gonna escono tanti pulcinellini, è la variante francese della "vecchia signora che viveva in una scarpa". Poi è la Fata Confetto (o Fata Zuccherina) a rivolgere a Clara e al suo compagno un ulteriore saluto di benvenuto nel suo Regno, danzando uno splendido passo a due col suo cavaliere (Principe Koklush) - in alcune versioni è la stessa Clara a danzare il passo a due, eventualmente con Schiaccianoci, mutato nel suo principe azzurro -. Ma è stato tutto un magnifico sogno: Clara, che si era addormentata nella poltrona del salone di casa, è svegliata dalla madre e le rimane il fascinoso ricordo di fantastiche avventure.
E' la vigilia di Natale, all'inizio del XIX secolo, e il ricco Signor Stahlbaum lo celebra con una festa per i suoi amici e per i loro figli, i quali si divertono e danzano in eccitata attesa dei regali. Drosselmeyer, un vecchio amico di famiglia, arriva portando i doni per i bambini e li stupisce con giochi di prestigio e con pupazzi meccanici da lui stesso costruiti. La figlia dei signori Stahlbaum, Clara – in alcune versioni Masha o Maria – riceve un pupazzo con la foggia di soldato e la funzione di schiaccianoci. Ne è entusiasta e suo fratello Fritz, geloso del regalo, glielo rompe; però Drosselmeyer provvede prontamente a ripararlo. Arrivano i nonni e si uniscono alle danze, finché, a sera inoltrata, la piacevole riunione termina e gli invitati si congedano. Dopo che tutti sono andati a dormire, Clara, mezzo addormentata, torna nel salone per prendere il suo Schiaccianoci e inizia – ma forse è soltanto un sogno – la sua fantastica avventura. La sala e l'albero di Natale assumono proporzioni enormi, una frotta di topi invade la stanza e cerca di aggredirla per impadronirsi dello Schiaccianoci. Clara accorre in suo aiuto scagliando contro gli schifosi animali le sue bambole preferite. Lo schiaccianoci e altri giocattoli improvvisamente prendono vita e Schiaccianoci al comando di un esercito di soldatini si unisce a Clara nella battaglia contro i topi e il loro capo, il Re dei Topi. Quest’ultimo sembra avere la meglio, ma Clara, disperata, gli lancia contro la sua scarpetta. Colpito, il Re dei Topi cade morto e ha luogo un'improvvisa trasformazione: lo schiaccianoci si rivela un giovane e meraviglioso principe, che la conduce – in alcune versioni dietro invito di Drosselmeyer - in un viaggio fantastico, iniziando ad attraversare il Regno delle Nevi dove assistono a una fitta e suggestiva nevicata (Valzer dei Fiocchi di Neve).
II Atto.
Il viaggio fantastico di Clara e Schiaccianoci prosegue su una navicella magica, con la quale i giovani raggiungono il Regno dei Dolci, dove sono materializzate tutte le cose buone che possono arricchire la loro merenda. Queste sono rappresentate dalle danze di carattere che riempiono un lungo divertissement, organizzato per intrattenere i due visitatori. Le danze Araba, Cinese, Spagnola rappresentano rispettivamente il caffè, il tè e la cioccolata, serviti per accompagnare cannoncini di pasta sfoglia ripieni di crema pasticcera e panna, rappresentati dalla Pastorale o danza degli Zufoli (Mirlitones). Si aggiungono una danza Russa (Trepak) e il Valzer dei Fiori. Alcune versioni conservano il passaggio col quale Tchaikovsky ha chiuso il divertissement: "Mére Gigogne et les polichinelles". Anch'esso è un pezzo a carattere nazionale poiché il personaggio, la dama dalla cui enorme gonna escono tanti pulcinellini, è la variante francese della "vecchia signora che viveva in una scarpa". Poi è la Fata Confetto (o Fata Zuccherina) a rivolgere a Clara e al suo compagno un ulteriore saluto di benvenuto nel suo Regno, danzando uno splendido passo a due col suo cavaliere (Principe Koklush) - in alcune versioni è la stessa Clara a danzare il passo a due, eventualmente con Schiaccianoci, mutato nel suo principe azzurro -. Ma è stato tutto un magnifico sogno: Clara, che si era addormentata nella poltrona del salone di casa, è svegliata dalla madre e le rimane il fascinoso ricordo di fantastiche avventure.
GALLERY
APPROFONDIMENTO
NOTA STORICA.
La fonte letteraria del libretto di Petipa per il balletto Schiaccianoci è il racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann dal titolo Nüssknaker und Mäusekönig (Schiaccianoci e Re dei Topi), tuttavia non nella versione originale dello scrittore prussiano, ma in quella francese Histoire d’un Casse-Noisette di Alexandre Dumas padre. Quest’ultima appare nel 1844, mentre al 1816 risale il racconto di Hoffmann, scritto per la collana di fiabe per ragazzi Kinder-Mährchen e ricomparso nel 1819-21 nella raccolta Die Serapionsbrüder (I Confratelli di san Serapione). Lo scritto di Hoffmann è disseminato di elementi sinistri e diabolici, mentre la narrazione di Dumas stempera gli aspetti più inquietanti in una stesura maggiormente consona alle vedute di Petipa, che, nello scrivere il libretto, ha espunto ogni elemento noir. In particolare nel libretto Petipa sopprime la parte intermedia del racconto di Hoffmann, una fiaba nella fiaba, la fiaba della noce dura, ampiamente descritta nell’articolo Schiaccianoci, Re dei Topi e la Noce Dura. Essa rende chiaro che Schiaccianoci altri non è che un nipote di Drosselmeyer trasformato in burattino da un maleficio. Ciò suggerirà ad alcuni coreografi di introdurre, tra i personaggi delle loro versioni del balletto, un nipote del padrino di Clara, eventualmente identificato a Schiaccianoci. In Hoffmann il nome della bambina è Maria, mentre Clara è quello della sua bambola appena ricevuta in dono e in entrambi i modi, Maria o Masha, ma anche Clara o Claire, sarà chiamata la protagonista del balletto nelle sue varie versioni. Marino Palleschi Balletto.net LA VERSIONE ORIGINALE DI PETIPA-IVANOV-TCHAIKOVSKY.
Sulla scorta dell’indiscusso successo de La Bella Addormentata nel Bosco, il principe Ivan Alexandrovic Vsevolojskij, direttore dei Teatri Imperiali russi, invita Piotr Ilyitch Tchaikovsky e Marius Petipa a proseguire la loro collaborazione con un balletto per la stagione 1892 del Marijnsky. Come soggetto suggerisce il racconto di E. T. A. Hoffmann Schiaccianoci e Re dei topi, che aveva letto nella edulcorata e più gradevole versione francese di Alexandre Dumas padre. Il musicista, che già conosceva il racconto, e il coreografo trovano l’argomento inappropriato per il palcoscenico e nutrono forti perplessità nei confronti di una vicenda niente affatto spettacolare, per di più basata su un ruolo, quello di una bambina, inadatto a dispiegare le consuete specialità di un’étoile. Il coreografo interrompe la prima stesura del libretto al termine del primo atto, nel Regno delle Nevi, e sembra volervi rinunciare. Tuttavia, in seguito alle insistenze di Vsevolojskij, riprende il lavoro e risolve le difficoltà riducendo i ruoli di Maria e di Drosselmeyer e creando quello della Fata Confetto o Fata degli Zuccheri, alla quale affidare un immancabile grand pas. Tchaikovsky ritiene che i cambiamenti inaridiscano la forza del racconto, ma è innegabile il fascino di un libretto sviluppato su due piani narrativi: il reale e quello del sogno. Questa alternanza è un espediente teatrale che consente eventualmente di inserire formazioni “bianche” e che, risalendo ai primi balletti romantici, permane in quelli del marsigliese, però con l’aggiunta del ritorno alla realtà nell’atto conclusivo. Tchaikovsky alla fine si convince ad occuparsi della musica del balletto, invogliato dalla commissione da parte dei Teatri Imperiali di un’opera in un atto, Iolantha, da rappresentarsi assieme a Schiaccianoci. Nel febbraio 1891 il musicista inizia a comporre sotto la guida meticolosa di Petipa, il quale gli precisa, scena per scena, le atmosfere e gli effetti desiderati da convogliare nella musica, arrivando persino a fissare il numero di battute musicali da usare. I dettagli richiesti a Tchaikovsky e l’articolata struttura decisa con chiarezza da Petipa, rendono palese che il maestro ha già in mente un completo risultato coreutico finale. Tuttavia non riuscirà a realizzarlo: ammalatosi appena prima di iniziare le prove – o a prove appena iniziate, secondo Cyril Beaumont – affiderà l’intero lavoro al suo collaboratore Lev Ivanov. Questi seguirà il libretto e la struttura voluta da Petipa, ma l’invenzione coreutica gli deve essere attribuita integralmente o almeno nella più ampia misura. Tchaikovsky è all’inizio assai insoddisfatto del suo lavoro per il balletto e gli preferisce l’opera, ma, a lavori avanzati, sembra ricredersi e ribalta la sua opinione sulle due creazioni. Nella primavera del 1892 il compositore termina l’orchestrazione di una partitura che prevede un organico straordinariamente ricco. Esso include alcune novità quali un coro di voci bianche – o femminili – l’uso di strumenti-giocattolo, “tamburi-conigli”, tam tam, nacchere, richiami per gli uccelli e la celesta, strumento di recente invenzione usato per la variazione della Fata Confetto. E’ lo stesso maestro a scegliere alcuni brani della partitura per una destinazione concertistica e, dopo l’enorme successo della Suite musicale da lui stesso trionfalmente diretta presso la Società Imperiale di Musica di San Pietroburgo, il balletto Schiaccianoci, con libretto di Petipa, coreografia di Lev Ivanov, scene di Michail I. Botcharov e K. Ivanov, costumi di I. A. Vsevolojskij e Ponomarev va in scena al Marijnsky di San Pietroburgo il 17 o 18 dicembre 1892 assieme alla prima dell’opera Iolantha. Sul podio c’è Riccardo Drigo e in scena compaiono: Antonietta dell’Era nel ruolo della Fata Confetto, alle repliche sostituita da Varvara Nikitina; l’ultra quarantenne Pavel Gerdt come Principe Koklush; Nicholaj Legat nel ruolo di Schiaccianoci, mentre Clara è un’allieva della Scuola di Ballo. La prima Colombina è Olga Prerobrajienska, che, diventata una grandissima insegnante, nel suo atelier parigino passerà il personaggio della Fata Confetto a Fonteyn, Darsonval e Markova. Marino Palleschi Balletto.net Le scene più celebri
Uno dei momenti più celebri dello Schiaccianoci è senz’altro il valzer dei fiocchi di neve. L’idea proveniva dall’opera teatrale Sneguročka (La fanciulla di neve, 1868) del drammaturgo Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij (1823-1886), che trattava di una figura del folklore russo, protagonista di fiabe e leggende popolari, e conteneva un brano chiamato “Danza dei fiocchi di neve”. Nella produzione originale questo valzer era danzato solo da un corpo di ballo femminile di cinquanta elementi, mentre in versioni successive sono stati introdotti i personaggi delle Fate della neve e ancora quelli del Re e della Regina della neve che danzano un pas de deux in onore di Clara e Schiaccianoci. La coreografia di Ivanov iniziava con una posa di gruppo che raffigurava un cumulo di neve e proseguiva con un susseguirsi di gruppi di ballerine che simulavano una nevicata in modo via via più intenso, fino a inscenare una bufera e terminava con un tableau vivant che chiudeva il primo atto del balletto. Gli effetti della nevicata erano resi anche dai costumi, come è testimoniato da un critico di balletto del tempo: «I pompon lanuginosi sugli abiti bianchi, sul copricapo sotto forma di raggi di stelle, e sugli accessori sotto forma di gruppi di bacchette che ondeggiavano nelle mani dei ballerini, rappresentavano con grande successo e in modo pittoresco i movimenti dei fiocchi di neve» K.A. Skalkovskij, Novosti i Birževaja Gazeta, 8 dicembre 1892, p. 3. Questo valzer è un piccolo gioiello musicale anche per la presenza di un coro di voci bianche che rende al meglio l’atmosfera ovattata della scena. Un altro celebre momento è quello del valzer dei fiori. Nella produzione originale era danzato da ventiquattro membri del corpo di ballo e otto solisti, tra cui figurava anche Ol’ga Preobraženskaja, e iniziava con un gran vaso d’oro contenente fiori dorati che veniva sollevato dai ballerini. In origine i fiori erano solo margherite, per una ragione legata alla vita personale di Petipa. Infatti poco tempo prima della creazione del balletto era morta sua figlia Evgenia e contestualmente erano spuntate tantissime margherite nel giardino di casa sua. Il valzer dei fiori è stato dunque pensato dal coreografo come un modo per rendere omaggio alla figlia scomparsa. È inoltre interessante osservare che la coreografia del trepak era stata creata dal ballerino Aleksandr Širyaev (1867-1941), specializzato nelle danze di carattere e interprete solista di questo numero. Tuttavia il suo nome non è comparso tra i coreografi del balletto, perché all’epoca era pratica comune che i ballerini maschi coreografassero le proprie variazioni, senza per questo venire menzionati. La coreografia era eseguita da dodici ballerini e un solista e si svolgeva con dei cerchi colorati dentro ai quali i danzatori compivano salti acrobatici). Valeria Morselli La danza e la sua storia – Volume II Danza e balletto nei secoli XVIII e XIX Dino Audino editore 2018 ULTERIORI VERSIONI.
Ad esclusione di numerose proposte in termini attuali, del tutto avulse dalle idee originali (Cranko, Neumeier, Petit, Bejart, Bourne, ecc.), le versioni più classiche fanno sostanzialmente capo a due linee di ricerca: quella fedele allo stile dell’originale, ove predomina l’elemento fiabesco e magico, adatto a veicolare l’incanto dell’atmosfera natalizia (Gorskij, Grigorovich, Sergeev, Christensen, Balanchine, Wright, Froman, Rodriguez), e quella che interpreta la vicenda in chiave psicoanalitica e che tende a “una definizione in termini freudiani del sogno della protagonista” (Marinella Guatterini) (Vajnonen, Nureyev, Poliakov, Baryshnikov). Il seguito è dedicato all’elenco delle principali versioni del balletto secondo una distribuzione che, a grandi linee, segue e complementa quella avanzata da Roger Salas. Cliccando su ciascun titolo di paragrafo, si apre il relativo approfondimento. 1. LA LINEA DI SVILUPPO RUSSA SECONDO LO STILE FIABESCO DELLA VERSIONE ORIGINALE
(Gorskij, Grigorovich, ecc.) Nella produzione originale il personaggio di Maria è ben distinto da quello della Fata Confetto, ma si vedrà che, negli anni a venire, in molte versioni russe i due personaggi si unificano e la medesima ballerina che interpreta Maria balla anche il passo a due finale. Tuttavia, in tali versioni russe, ma con l’importante eccezione della proposta Vajnonen, l’eventuale identificazione non ha particolari significati psico-analitici e, il modello di Ivanov si evolve in Russia mantenendosi fedele a se stesso nel senso che i rifacimenti russi privilegiano la corposa componente fiabesca; essa, nel dare grande rilievo al clima “natalizio” in cui si svolge il balletto, allontana la vicenda dalle atmosfere inquietanti del racconto di Hoffmann ed esclude ogni possibile interpretazione in chiave psicoanalitica del balletto. Tutto ciò, ripetiamolo, fatta salva la versione Vajnonen e un’altra, subito uscita dal repertorio, la seconda di Lopokov, delle quali faremo presto ulteriore menzione. Un’altra caratteristica riscontrabile nella linea evolutiva russa del primo novecento è l’immancabile presenza di elementi realistici. (continua) 2. LA LINEA DI SVILUPPO ANGLO-AMERICANA SECONDO LO STILE FIABESCO DEL MODELLO DI BASE (Sergeev, Ashton, Romanov per i Ballets Russes de Montecarlo, Christensen, Balanchine, Wright, Alicia Alonso, ecc.)
La musica dello Schiaccianoci è danzata per la prima volta in occidente in proposte che nulla hanno a che vedere col balletto di Ivanov. Nel 1910 i Ballets Russes di Diaghilev presentano una versione del Lago dei Cigni dove Nijinsky danza una variazione di Sigfried sulla musica del passo a due della Fata Confetto. Una cosa analoga si ripete dieci anni dopo con La Bella dei Ballets Russes, che usa la musica appena citata per una variazione della Fata dei Lillà e include, nell’ultimo atto, la Danza Araba e la Danza Cinese. La musica dello Schiaccianoci è nuovamente danzata in occidente al Drury Lane di Londra nel 1920 da Anna Pavlova e Alexandr Volinin, ma si tratta di un balletto in un atto dal titolo Fiocchi di neve, concepito da Ivan Clustine, coreograficamente completamente diverso dall’originale, salvo il passo a due finale, mantenuto come un cammeo. (continua) 3. LA LINEA DI SVILUPPO PROPRIAMENTE EUROPEA SECONDO LO STILE FIABESCO DEL MODELLO DI BASE
(Froman, Rodriguez, Lichine, Bart, ecc.) Il primo teatro dell’Europa occidentale a includere nel suo repertorio una versione integrale di Schiaccianoci in modo permanente è stato la Scala di Milano a partire dal 19 febbraio 1938 quando debutta, con scene di Alexander Benois, la versione curata da Margarita Petrovna Froman secondo i suoi ricordi delle produzioni moscovite. Sul palco Olga Amati come Fritz-Schiaccianoci nel primo atto e Nives Poli come Fata Confetto, accompagnata da Pierluigi Marzoni come Schiaccianoci nel II atto. Alla Scala la versione è sostituita il 31 dicembre 1956 da quella, anch’essa di impostazione tradizionale, di Alfredo Rodriguez, contemporaneamente impegnato a far debuttare la sua creazione anche a Londra col Royal Ballet. In entrambe le città la produzione va in scena con il décor di James Bailey, ispirato alla Russia Imperiale e ai gioielli di Fabergé, e con le importanti apparizioni di Margot Fonteyn e Michael Somes nel passo a due del secondo atto, sostituiti, nelle repliche milanesi, da Gilda Majocchi e da una ventenne Carla Fracci accompagnate da Giulio Perugini. (continua) 4. LA PROPOSTA DI VAJNONEN E LA SUA LINEA DI SVILUPPO IN TERMINI PSICOANALITICI
(Vajnonen, Nureyev, Barishnikov, Poliakov, ecc.) Nella versione che Vasilij Vajnonen crea nel 1934 per il teatro GATOB – l’ex Marijnsky - a San Pietroburgo, a Masha - così viene ribattezzata Clara - è affidato anche il passo a due della Fata Confetto, come era già avvenuto in altre produzioni russe, ma questa volta, anche per l’identificazione del Cavaliere della Fata con Schiaccianoci, la variante assume un ben preciso significato. Unita alla presenza di altri riferimenti psicoanalitici, l’identificazione dei personaggi suggerisce l’interpretazione dell’intera vicenda come un viaggio attraverso l’adolescenza verso l’età adulta. In particolare proprio il passo a due, per il modo in cui è rivisitato, appare come una metafora del desiderato-temuto atto amoroso e del ruolo iniziatico del medesimo. Ciò è ottenuto concependo un grand pas finale per i due protagonisti e quattro cavalieri, che si configura come una palese citazione dell’adagio della Rosa de La Bella. (continua) 5. VERSIONI CHE RIPRENDONO LA FIABA DELLA NOCE DURA
(Lopokov, Amodio, Morris) Si è già detto che alcuni coreografi, quali Balanchine, Wright, Hynd, introducono elementi che accennano a fatti presenti nella parte intermedia del racconto di Hoffmann, quella espunta da Petipa, ossia nella fiaba della noce dura. Qui aggiungiamo qualche considerazione sugli altri autori che, non limitandosi, come i citati, ad introdurre un nipote di Drosselmeyer, danno ampio spazio all’intera fiaba nella fiaba. Si è già accennato nel paragrafo 1 al fatto che nel 1929 Fëdor Lopokov propone a San Pietroburgo una controversa versione in cui riprende la fiaba della noce dura. Essa dà spazio in un prologo a brani recitati dal testo di Hoffmann, introduce pezzi di danza acrobatica ed altri ballati sul ritmo del metronomo, rimodella il Valzer dei fiocchi di neve in stile musical e si avvale di un décor di stampo costruttivista, giocato su pannelli mossi dagli stessi interpreti. Come già detto la versione è così lontana dalla tradizione che esce immediatamente dal repertorio del Marijnsky. (continua) 6. VERSIONI LONTANE DAI MODELLI PRECEDENTI
(Cranko, Neumeier, Petit, Bintley, Bejart, Maillot, Bourne, ecc.) Nel 1966-67 debutta a Stoccarda, con la presenza di Marcia Haydée, la versione di John Cranko, subito dopo portata al Festival di Spoleto, che muta Clara in Lena, una ragazza già adulta, sposta l’azione dalla vigilia di Natale alla festa di compleanno di Lena e, in sostituzione di Drosselmeyer, fa agire la madrina della ragazza: una Fata assai eccentrica dal nome Fitzliputz. Lena si innamora del soldato Konrad, non completamente ricambiata, ma quando i topi la rapiscono, sarà lui a cercarla nel regno un po’ misterioso della Fata, dove la libererà e se ne innamorerà per sempre. Neumeier ha danzato nello Schiaccianoci di Cranko e, da esso influenzato, ha messo in scena qualche proposta tradizionale finché il 21 ottobre 1971 ne ha avanzata una personale per il Frankfurt Ballet con scene e costumi di Jürgen Rose. (continua) CURIOSITA'
Clara Silberahus o Maria Stahlbaum?
Come si è visto, la protagonista di questo balletto viene chiamata con due nomi diversi. Ciò è dovuto ad alcune delle versioni successive alla prima di Petipa-Ivanov e di conseguenza alla scelta di aderire all’uno o all’altro dei racconti che ne hanno ispirato la trama. Ricordiamo che Ivan Vsevoložskij e Marius Petipa hanno attinto al racconto Histoire d’un casse-noisette (Storia di uno schiaccianoci, 1845) di Alexandre Dumas padre (1802-1870), che a sua volta era la versione edulcorata di Nussknacker und Mausekönig (Schiaccianoci e il re dei topi, 1815) di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1882). Nel racconto di Hoffmann la bambina si chiamava Maria Stahlbaum e possedeva una bambola di nome Clara (Klärchen). Nel racconto di Dumas la bambina manteneva il nome di Maria, ma la sua famiglia assumeva quello di Silberhaus. Dunque nel 1892 il nome della protagonista del balletto è risultato un misto tra quello della bambola del racconto di Hoffmann e quello della famiglia del racconto di Dumas, risultando quindi essere Clara Silberhaus. In seguito, come spiegheremo più avanti, alcuni coreografi hanno preferito attingere del tutto al racconto originale di Hoffmann, perciò hanno modificato il nome in Maria Stahlbaum. Inoltre, durante il periodo dell’Unione Sovietica, nei teatri russi si usava Maša (diminutivo di Maria), per aderire alla tradizione del paese. Quanto ai nomi di Drosselmeyer e Fritz (diminutivo di Frederic), appartengono al racconto di Hoffmann e sono rimasti inalterati nella versione di Dumas. Fata Confetto o Fata della Prugna di Zucchero?
Il nome della Fata Confetto appartiene senza dubbio alla produzione originale, come si può dedurre anche dal tutù indossato dalla ballerina, il cui corpetto era costellato di piccoli confetti, che si ripetevano anche sulla coroncina dell’acconciatura. Col tempo, e soprattutto nelle versioni inglesi del balletto, ha acquisito il nome di “Fata della Prugna di Zucchero” (Sugar Plum Fairy), in ossequio ai dolcetti tipici delle festività natalizie nella tradizione russa (ma in uso anche nell’Inghilterra vittoriana), che consistevano in prugne ricoperte da tanti strati di zucchero, preparate per essere appese all’albero di Natale e mangiate durante le feste. Valeria Morselli La danza e la sua storia – Volume II Danza e balletto nei secoli XVIII e XIX Dino Audino editore 2018 BALLETTI CORRELATI
Lo Schiaccianoci Lev Ivanov e Marius Petipa (1892)
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NELLO STESSO ANNO...
Ondine (Marius Petipa) Lo Schiaccianoci (Marius Petipa e Lev Ivanov) Le Papillon (Loïe Fuller) La Danse serpentine (Loïe Fuller) Le Marché des innocents (Lev Ivanov) Rodope (Raffaele Grassi) Versailles (Katti Lanner) La danseuse de corde (Jules Roques) Mlada (Lev Ivanov e Enrico Cecchetti) |