Serge Lifar
Le Chevalier errant
26-04-1950 - Parigi, Théâtre de l'Opéra (Palais Garnier)
Coreodramma in 2 atti e 4 quadri
Coreografia: Serge Lifar
Musica: Jacques Ibert
Direttore d'Orchestra: Louis Fourestier
Libretto: Elisabeth de Grammont da "El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha" di Miguel de Cervantes Saavedra con testi poetici di Alexandre Arnoux
Scene e costumi: Pedro Flores (realizzazione: Raymond Deshays (scene) Barbara Karinska (costumi)
CAST
Il Cavaliere errante: Serge Lifar
Dulcinee: Españita Cortez, Lycette Darsonval, Christiane Vaussard, Micheline Bardin
Cavalieri: Jean-Pierre Andréani, Lucien Legrand, Nicholas Efimov, Pierre Duprez
Attori recitanti: Antonia, nipote di Don Chisciotte: Seigner, Carrasco: Jean Levrais
Cantanti: Charles-Paul, Camille Rouquetty
Ballet de l'Opéra de Paris
Coreografia: Serge Lifar
Musica: Jacques Ibert
Direttore d'Orchestra: Louis Fourestier
Libretto: Elisabeth de Grammont da "El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha" di Miguel de Cervantes Saavedra con testi poetici di Alexandre Arnoux
Scene e costumi: Pedro Flores (realizzazione: Raymond Deshays (scene) Barbara Karinska (costumi)
CAST
Il Cavaliere errante: Serge Lifar
Dulcinee: Españita Cortez, Lycette Darsonval, Christiane Vaussard, Micheline Bardin
Cavalieri: Jean-Pierre Andréani, Lucien Legrand, Nicholas Efimov, Pierre Duprez
Attori recitanti: Antonia, nipote di Don Chisciotte: Seigner, Carrasco: Jean Levrais
Cantanti: Charles-Paul, Camille Rouquetty
Ballet de l'Opéra de Paris
TRAMA
Prologo
L'opera inizia con un prologo recitato in cui Antonia, nipote di Don Chisciotte, e Carrasco, suo discepolo, evocano l'eroe e riportano in vita le avventure accadute nei suoi sogni
Atto I. Primo quadro. I mulini a vento
Il primo quadro, I mulini a vento, rappresenta la lotta che il Cavaliere conduce contro i mulini a vento che scambia per giganti malvagi, Il coro canta l'invenzione dell'uomo che ha saputo asservire la materia, ma le decantate macchine le cui grandi ali si ergono minacciose, agli occhi di don Chisciotte, sembrano dei mostri. Don Chisciotte vi si lancia contro. Viene sopraffatto dallo spietato girare delle ali e cade pesantemente a terra. In quel momento appare la prima Dulcinea (Micheline Bardin) che consola il povero cavaliere per poi eseguire una variazione impegnativa (Grand Variation de Dulcinée)
Atto I. Secondo quadro. La Galea
La coreografia del secondo quadro, ambientato a bordo di una Galea, rappresenta prigionieri in catene, che remano. Il gesto e ritmo dei corpi in azione è ampio e sicuro. Dalla buca dell'orchestra sale un canto commovente e straziante: "Addio, mia città e mio padre, addio..." a cui il coro risponde. Arriva Don Chisciotte e spezza le catene dei detenuti liberandoli uno dopo l'altro. Una volta liberi gli schiavi della galea si rivoltano crudelmente contro i loro padroni, che gettano in mare mentre l'eroe tenta invano di intervenire. Tentativo di don Chisciotte di calmare i galeotti, ma inutilmente. L'unico detenuto che mantiene fiducia in lui viene ucciso e muore tra le sue braccia.
Atto II. Terzo quadro. L'età dell'oro
Nel terzo quadro veniamo ricondotti alla terraferma. L'età dell'oro ci trasporta in un tempo e in un paesaggio idilliaci. In un villaggio ai margini del bosco con un'ampia radura, I contadini cantano una Ronde gioiosa. Alla danza dei pastori e delle pastorelle si mescolano subito Don Quichotte e Dulcinea (che in questo episodio è interpretata prima da Christiane Vaussard e poi da Espanita Cortés). Improvvisamente irrompe un motivo animato, poi la chitarra solista, in stile flamenco, apre la festa. Due grands sujets incorniciano l'elegante danza in tre tempi Marche Espagnole di Mlle Espanita Cortès. Segue poi un episodio di transizione che riporta alla melodia iniziale di danze spagnole e il ritorno dell'atmosfera pacifica dell'inizio.
Atto II. Quarto quadro. I commedianti e Trasfigurazione di Don Chisciotte
Il quadro finale, I commedianti, è ambientato in un villaggio dove si svolge una gioiosa danza contadina. Compaiono i commedianti; interpretano una pantomima in cui un re gigante tiene prigioniera una giovane ragazza (Lycette Darsonval). (variazione della quarta Dulcinea) Don Chisciotte si precipita sulla scena volendola liberare; viene però colpito a tradimento dal gigante e cade, ferito a morte. Gli attori fuggono. In un'apoteosi generale i contadini conducono le spoglie del cavaliere errante alla sua tomba celebrando l'eroe che ha avuto il coraggio, e ha mantenuto intatta la sua fede nell'ideale.
Tino Bonanomi
Balletto.net
L'opera inizia con un prologo recitato in cui Antonia, nipote di Don Chisciotte, e Carrasco, suo discepolo, evocano l'eroe e riportano in vita le avventure accadute nei suoi sogni
Atto I. Primo quadro. I mulini a vento
Il primo quadro, I mulini a vento, rappresenta la lotta che il Cavaliere conduce contro i mulini a vento che scambia per giganti malvagi, Il coro canta l'invenzione dell'uomo che ha saputo asservire la materia, ma le decantate macchine le cui grandi ali si ergono minacciose, agli occhi di don Chisciotte, sembrano dei mostri. Don Chisciotte vi si lancia contro. Viene sopraffatto dallo spietato girare delle ali e cade pesantemente a terra. In quel momento appare la prima Dulcinea (Micheline Bardin) che consola il povero cavaliere per poi eseguire una variazione impegnativa (Grand Variation de Dulcinée)
Atto I. Secondo quadro. La Galea
La coreografia del secondo quadro, ambientato a bordo di una Galea, rappresenta prigionieri in catene, che remano. Il gesto e ritmo dei corpi in azione è ampio e sicuro. Dalla buca dell'orchestra sale un canto commovente e straziante: "Addio, mia città e mio padre, addio..." a cui il coro risponde. Arriva Don Chisciotte e spezza le catene dei detenuti liberandoli uno dopo l'altro. Una volta liberi gli schiavi della galea si rivoltano crudelmente contro i loro padroni, che gettano in mare mentre l'eroe tenta invano di intervenire. Tentativo di don Chisciotte di calmare i galeotti, ma inutilmente. L'unico detenuto che mantiene fiducia in lui viene ucciso e muore tra le sue braccia.
Atto II. Terzo quadro. L'età dell'oro
Nel terzo quadro veniamo ricondotti alla terraferma. L'età dell'oro ci trasporta in un tempo e in un paesaggio idilliaci. In un villaggio ai margini del bosco con un'ampia radura, I contadini cantano una Ronde gioiosa. Alla danza dei pastori e delle pastorelle si mescolano subito Don Quichotte e Dulcinea (che in questo episodio è interpretata prima da Christiane Vaussard e poi da Espanita Cortés). Improvvisamente irrompe un motivo animato, poi la chitarra solista, in stile flamenco, apre la festa. Due grands sujets incorniciano l'elegante danza in tre tempi Marche Espagnole di Mlle Espanita Cortès. Segue poi un episodio di transizione che riporta alla melodia iniziale di danze spagnole e il ritorno dell'atmosfera pacifica dell'inizio.
Atto II. Quarto quadro. I commedianti e Trasfigurazione di Don Chisciotte
Il quadro finale, I commedianti, è ambientato in un villaggio dove si svolge una gioiosa danza contadina. Compaiono i commedianti; interpretano una pantomima in cui un re gigante tiene prigioniera una giovane ragazza (Lycette Darsonval). (variazione della quarta Dulcinea) Don Chisciotte si precipita sulla scena volendola liberare; viene però colpito a tradimento dal gigante e cade, ferito a morte. Gli attori fuggono. In un'apoteosi generale i contadini conducono le spoglie del cavaliere errante alla sua tomba celebrando l'eroe che ha avuto il coraggio, e ha mantenuto intatta la sua fede nell'ideale.
Tino Bonanomi
Balletto.net
GALLERY
APPROFONDIMENTO
Liberamente ispirata al tema del Don Chisciotte, quest'opera originariamente concepita per Ida Rubinstein unisce musica e teatro e danza. Ogni quadro è trattato come un'allegoria: i mulini a vento rappresentano la vittoria delle macchine sull'anima, i galeotti il trionfo della brutalità sulla bontà, la festa contadina esprime l'età dell'oro, e i commedianti la confusione mortale tra sogno e realtà. La presenza scenica costante dell'eroe redentore lo rende uno dei ruoli più impegnativi di Lifar. Delle quattro incarnazioni di Dulcinea che rappresentano quattro forme d'amore, quella interpretata da Darsonval è un trionfo per la ballerina. L'originalità del progetto, le soluzioni coreografiche immaginate da Lifar così come la musica contribuiscono al successo di questo lavoro ambizioso.
Germaine Prudhommeau, Marie-Françoise Bouchon Dictionnaire de la danse Larousse (1999) Le Chevalier errant
Lo spettacolo è bello, armonioso: la sceneggiatura della signora Elisabeth de Gramont, fedelmente ispirata a Cervantes, - più nello spirito che alla lettera del capolavoro, - le poesie del signor Alexandre Arnoux, che illustrano così magnificamente l'azione, forniscono il musicista di un soggetto magnifico. Monsieur Jacques Ibert l'ha trattato come artista in grado di dominarlo; ed è in effetti, così riuscito che sia lo spettacolo nel suo insieme, la partitura musicale supera tutto il resto in termini di qualità. Può darsi che l'autore di Diane de Poitiers, del Concerto per flauto, di tante opere famose e così diverse, lì abbia scritto il suo capolavoro. In ogni caso è certo che ha appena arricchito la musica francese di una pagina di altissimo valore, una di quelle che dominano la produzione contemporanea. Don Chisciotte è morto da due anni. Finché visse, la maggior parte degli uomini lo riteneva pazzo. Si sono sbagliati? Non era lui quello che aveva ragione? Sua nipote e Carrasco se ne interrogano e vedono passare davanti ai loro occhi alcune avventure accadute al geniale hidalgo. Accadute? almeno nei suoi sogni; ma è come si sono svolte che sono rimaste nella memoria di tutti. Ed ecco allora i mulini a vento. Dietro le gradinate dove sono seduti i coristi e che, sul lato cortile e giardino, costeggiano il palcoscenico, si è alzato un sipario che rappresenta un combattimento di cavalieri, rivelando le macchine le cui grandi ali si ergono minacciose. Il coro canta l'invenzione dell'uomo che ha saputo asservire la materia. Ma i mulini, agli occhi di don Chisciotte, sembrano dei mostri. Serge Lifar-Quichotte si lancia. Viene sopraffatto dallo spietato girare delle ali. Dulcinea lo consola; e Dulcinea è la signorina Bardin. Secondo episodio: La Galea. Il quadro è ammirevole e la coreografia, che ci mostra la voga piegata sotto la frusta, qui raggiunge il suo momento più felice. Il ritmo dei corpi in azione è ampio come il nuoto dell'equipaggio. Dalla buca dell'orchestra sale un lamento: "Addio, mia città e mio padre, addio..." - un canto ingenuo e straziante, al quale il coro risponde. Chisciotte spezza le catene dei detenuti. Ben presto, la gioia di coloro che aveva appena liberato è seguita dall'ingratitudine e dalla crudeltà. L'unico detenuto che mantiene fede in lui viene ucciso e muore tra le sue braccia. Ed eccoci ricondotti alla terraferma: un villaggio ai margini del bosco, un'ampia radura, formano un paesaggio degno dell'età dell'oro. I contadini cantano una Ronde gioiosa. Alla danza dei pastori e delle pastorelle si mescolano subito Don Quichotte e Dulcinea (che per questo episodio saranno successivamente le signorine Vaussard ed Espanita Cortés). Danze spagnole accompagnate da chitarre; e soprattutto, ad incorniciarli, un coro la cui dolcezza è semplicemente squisita. Compaiono i commedianti; interpretano una pantomima in cui un re gigante tiene prigioniera una giovane ragazza (Mlle Darsonval), che Don Chisciotte sta cercando di liberare. All'inizio sembra acconsentire; ma quando vuole portarla via lei resiste, senza dubbio perché il gigante la sta spiando. Quest'ultimo si avvicina e colpisce a tradimento il cavaliere, che barcolla e cade, ferito a morte. Gli attori scappano. I contadini conducono le spoglie del cavaliere errante alla tomba e celebrano l'eroe che ha avuto il coraggio, la generosità e non ha mai smesso di sacrificarsi al suo ideale. Le scenografie e i costumi disegnati dal signor Pedro Flores sono molto belli. Sotto le luci sapientemente regolate, le macchie di colore cantano sul fondo. Per la sua messa in scena, Serge Lifar ha saputo utilizzare mirabilmente le molteplici risorse offerte dal pittore, così come ha saputo utilizzare una partitura variegata a piacimento per la sua coreografia. Ballerino, tiene la scena senza un attimo di tregua. I passaggi più riusciti di questi quattro quadri sono, mi è parso, oltre alle due variazioni impeccabilmente danzate dalle Mlles Bardin e Vaussard, oltre al quadro della galea, l'intero quadro dell'idillio del villaggio, con le due apparizioni dei grands sujets che incorniciano il Il ballo spagnolo di Mlle Espanita Cortès, infine la bellissima variazione di Mademoiselle Darsonval, danzata con una sicurezza che le è valsa una lunga ovazione. L'orchestra e il signor Louis Fourestier, che ha diretto. anche gli studi musicali sono stati applauditi calorosamente: lo sforzo che hanno fornito è degno di ogni lode. E con loro dobbiamo citare i signori Charles-Paul e Rouquetty, cantanti, Mademoiselle Seigner e Monsieur Levrais, attori recitanti. L'Opera ci ha appena regalato uno degli spettacoli più magnifici che abbiamo visto da molto tempo e la cui riuscita stata un completo successo. René Dumesnil Le Monde, 29 avril 1950 VERSIONI DEL ‘900 SU MUSICA DI MINKUS.
Anna Pavlova aggiunse al repertorio della sua compagnia una nuova versione abbreviata del 1924, con coreografia di Laurent Novikov, scene e costumi di Korovine. Tutte le versioni citate nel seguito di questa sezione sono comunque sostanzialmente indebitate a quella fondamentale Petipa-Gorsky. Il 6 marzo 1958 debuttò ad Helsinky la versione di Georges Gué per il Balletto Nazionale Finlandese. Grande fortuna ebbe la proposta creata da Rudolf Nureyev per il Balletto dell’Opera di Stato di Vienna presentata l’1 dicembre 1966, ripresa dall’Australian Ballet nel 1970 con una produzione disegnata da Barry Kay e con questa compagnia consegnata a una ripresa filmata del 1972 a Melbourne (la scena fu creata in un hangar per aerei da Barry Kay, che aveva disegnato anche i costumi) interpretata da Nureyev (Basilio), Lucette Aldous (Kitri) e Robert Helpmann (Don Chisciotte). Alla Scala di Milano questa versione approdò nel settembre 1980 con Carla Fracci e lo stesso Nureyev. Egli desiderava una partitura più briosa e scintillante, così affidò a John Lanchbery una revisione della musica rimasta, da integrare con qualche brano supplementare, richiedendogli di riorchestrare quanto ottenuto. Come già accennato, la drammaturgia della versione Nureyev posticipa l’episodio della taverna col finto suicidio di Basilio, seguendo lo schema descritto in (vedi NOTA) Dopo il prologo, accorpato al primo atto, come di consueto nella piazza di Barcellona anche Nureyev propone il folklore spagnolo, ma cristallizzato in raffinati passaggi di astratta geometria, come l'uso del piede in flex o i mezzi giri con le braccia a candelabro nella seguedilla, stilizzata citazione della jota aragonese (Guatterini). Nella sua versione figura solo Mercedes, identificata con la Danzatrice di Strada. Dopo la fuga degli innamorati dalla piazza di Barcellona, l'episodio nel campo dei gitani è anticipato da un passo a due tra Kitri e Basilio sulla musica dell'incontro di Nykia e Solor in Bayadère. Il duello dopo il finto suicidio di Basilio non è tra Don Chisciotte e Lorenzo, ma tra Gamache e lo stesso Don Chisciotte: il coreografo ha ritenuto più credibile uno scontro fra personaggi dello stesso rango sociale. Lo stesso Nureyev, intervistato da Laura Bell per la rivista Show nel 1971, ha affermato che nella sua versione aveva cercato di tenere i personaggi il più possibile in scena tutti assieme, in modo di farli interagire come avveniva nella commedia dell'arte; intendeva rappresentare Don Chisciotte, Basilio e Kitri come gli alter ego di altrettante maschere della Commedia dell’arte: Pantalone, Pierrot e Colombina. Nel 1978 a Washington debutta il Don Chisciotte di Mikhail Baryshnikov per l’American Ballet Theater, ripreso dal Royal Ballet nel 1993. Anch’egli posticipa l’episodio nella taverna seguendo la traccia drammaturgica illustata in (vedi NOTA). Nell’episodio nella taverna Barishnikov ha creato per Basilio una spettacolare variazione coreografata sulla musica della variazione maschile del passo a tre di Paquita. Sebbene tale balletto di Mazilier, profondamente rivisto da Petipa, abbia musica prevalentemente di Eduard Deldevez, quella della variazione in oggetto è di Minkus, come quella del Don Chisciotte. Barishnikov ha affidato la sua proposta a una ripresa filmata interpretata da Cynthia Harvey e da lui stesso. Sostanzialmente, ancora le coreografie di Gorsky apparvero al San Carlo di Napoli, però nell’interpretazione di Zarko Prebil, con scene e costumi di Mario Giorsi. L’11 gennaio 1979 la proposta fu ripresa al Teatro dell’Opera di Roma con Diana Ferrara e Vladimir Vasiliev e, lo stesso anno, alle Terme di Caracalla a Roma con Ekaterina Maximova e Vasiliev, un impianto scenico di Attilio Colonnello e costumi di Giorsi. Altre versioni da ricordare sono quelle di: Nicolas Beriozoff sulla musica riorchestrata da Lanchbery, per il National Ballet del Canada, del 1982; Vladimir Vasiliev (Chicago, 1991); Yuri Grigorovich del 1994, già citata in precedenza; Victor Ullate; Maximiliano Guerra, che identifica Don Chisciotte e Cervantes, per poi seguire lo schema drammaturgico in (vedi NOTA) con coreografie completamente nuove (Stoccarda, 8 dicembre 2000). VERSIONI DEL ‘900 SU MUSICA DIVERSA. Tra le numerose ulteriori proposte ispirate al personaggio di Don Chisciotte, eventualmente distanti anche nello spirito da quelle classiche, ci si limita qui a ricordare le seguenti versioni: Portrait de Don Quichotte, con coreografia di Aurel Milloss su musica di Petrassi (Parigi, 1947); quella di Tajana Gsovsky su musica di Leo Spies per l’Opera di Berlino (Berlino, 1949); il Don Quixote di Ninette de Valois, su musica e libretto di Roberto Gerhard, con scene di E. Burra, per il Sadler’s Wells Ballet, che debuttò al Covent Garden con Robert Helpmann, Margot Fonteyn e Alexander Grant (Londra 20 febbraio 1950); Le chevalier errant di Serge Lifar, su musica di Jacques Ibert con scene e costumi di Pedro Flores, che debuttò il 26 aprile 1950 all’Opéra di Parigi, presentando il personaggio di Don Chisciotte, interpretato da Lifar stesso, come un giovane bellissimo e senza peccato, in relazione con i molti aspetti della sua Dulcinea, che di scena in scena veniva interpretata da una ballerina diversa. Alla prima si susseguirono: Lycette Darsonval, Christiane Vaussard, Micheline Bardin, Espanita Cortez; il Don Quixote di Georges Balanchine su musica di Nicholas Nabokov, con scene di E. Francés per il New York City Ballet, che debuttò allo State Theater di New York il 27 maggio 1965 per l’interpretazione di Balanchine (Don Chisciotte), Suzanne Farrell (Dulcinea), Richard Rapp e Deni Lamont (Sancho Panza). Le sue avventure sono sempre segnate dall'apparizione di Dulcinea, che gli si manifesta sotto diverse spoglie: come misteriosa fanciulla da salvare da un drago nel prologo; come una Madonna, una statua della Vergine su un carro, dopo che ha preso vita, tra i mulini a vento; come la pastorella Marcela accusata della morte di un poeta, dopo gli scherzi fatti dalla folla a Sancho Pansa; nel teatrino come la bionda eroina emersa dal suo libro nel prologo, perseguitata dai Saraceni nello spettacolo di marionette. Dulcinea gli riappare, consolatrice, dopo le beffe subite dal Duca, dalla Duchessa e dalla loro corte e, ancora, mentre il cavaliere riposa in un giardino del palazzo del Duca, lei riappare in sogno nei campi elisi come Lady della Luna d'Argento. Dopo la battaglia contro i mulini a vento, Don Chisciotte è catturato da quattro cortigiani della Duchessa e riportato in gabbia alla sua abitazione dove spirerà quietamente dopo aver rivisto la Madonna già apparsagli. E' da ricordare anche il Don Quixote di John Neumeier sul poema sinfonico di Richard Strauss, con scene e costumi di Marelli, creato nel 1979 per lo Hamburg Ballet. Nel “ballet blanc en Cinq Scènes pour Violon, Violoncello et Piano” Présence, creato da John Cranko a Stoccarda nel 1968 su musica e libretto di Bernard Alois Zimmermann, compare il personaggio di Don Chisciotte. Il lavoro mette assieme personaggi della letteratura mondiale, a prima vista senza alcuna relazione tra loro, tuttavia trasformati da Cranko in archetipi caratteriali: l’Ubu Re di Alfred Jarris, che rappresenta l’uomo primitivo e violento, Molly Bloom di James Joice, che incarna ogni aspetto e manifestazione del femminino e, appunto, Don Chisciotte di Cervantes, il sognatore alla costante ricerca di un mondo migliore. Il mito di Don Chisciotte è stato rapportato a quello di Che Guevara da Maurice Béjart nel suo Che, Quichote y Bandonéon, creato a Losanna nel 1999 su un accompagnamento musicale di tanghi. Abbandonando il colore folklorico Boris Eifman riflette sulla pazzia e la purezza di spirito nel suo Don Chisciotte o Le Fantasie di un Pazzo, ambientato in un manicomio, che presenta a San Pietroburgo nel 1994. NOTA. Come detto, in altre versioni (es. Nureyev e Baryshnikov) l’episodio della taverna col finto suicidio è collocato altrove. In questo caso dopo il prologo e l’episodio nella piazza di Barcellona (che sono accorpati nel I Atto nella versione Nureyev) Basilio e Kitri, da essa in fuga, sopraggiungono nella campagna costellata da mulini a vento, vicina a un campo di gitani. Qui, dopo un breve passo a due tra gli innamorati in fuga (nella versione Nureyev, sulla musica dell'incontro di Nykia e Solor in Bayadère), i giovani sono assaliti dagli zingari che vogliono derubarli. Kitri e Basilio spiegano la loro situazione di innamorati fuggiaschi e, consegnando ai gitani un orecchino della giovane, i due si accordano con gli zingari perché li aiutino a fuggire nuovamente, fornendo loro abiti per un travestimento. I gitani si rivolgono a Lorenzo e Gamache, sopraggiunti nel frattempo alla ricerca dei fuggitivi. La comitiva è raggiunta anche da Don Chisciotte. Poi la vicenda prosegue come illustrato in “In aperta campagna tra i mulini a vento, vicino a un campo di gitani”: Don Chisciotte rende omaggio al Capo degli zingari, la compagnia di girovaghi mette in scena lo spettacolo di marionette, Don Chisciotte le attacca per ragioni diverse a seconda della versione, o perché le scambia per soldati ostili o perché le marionette mimano la vicenda dell’amore contrastato di Kitri e Basilio (Nureyev) e lo Hidalgo è alterato dalla prevaricazione di Gamache. Seguono l’attacco di Don Chisciotte ai mulini a vento, il ferimento e il sogno del giardino abitato dalle Driadi (nella versione Nureyev l'episodio nel campo dei gitani e il successivo sogno sono accorpati nel II atto). E’ a questo punto, (nella I scena dell'Atto III in Nureyev), che ritorna l’episodio della taverna. Qui si rifugiano Kitri e Basilio, non più in fuga dalla piazza di Barcellona, ma dal campo dei gitani. Poi, analogamente a quanto sopra descritto, il finto suicidio di Basilio strappa a Lorenzo la sua benedizione del matrimonio tra i due giovani e, (nella II scena del III Atto in Nureyev), questo viene festeggiato con le danze nella piazza di Barcellona. Marino Palleschi Balletto.net CURIOSITA'
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