Roland Petit
La Dame de Pìque
17-10-1978 - Parigi, Théàtre des Champs Elysées (1a versione)
26-10-2001 - Mosca, Teatro Bolshoi (2a versione)
26-10-2001 - Mosca, Teatro Bolshoi (2a versione)
La Dame de Pìque (1a versione)
17-10-1978 - Parigi, Théàtre des Champs Elysées
Balletto in un atto e sei quadri
Coreografia: Roland Petit
Musica: Piotr Illitch Tchaikovsky
Direttore d'Orchestra: Jacques Bazibe
Libretto: Roland Petit dal racconto di Alexander Pushkin "La dama di picche"
Scene: André Beaurepaire
Costumi: Jacques Schmidt
CAST
Hermann: Mikhail Baryshnikov
La Contessa: Jacqueline Rayet
Lisa: Evelyne Dessutter
Ballets de Marseille
17-10-1978 - Parigi, Théàtre des Champs Elysées
Balletto in un atto e sei quadri
Coreografia: Roland Petit
Musica: Piotr Illitch Tchaikovsky
Direttore d'Orchestra: Jacques Bazibe
Libretto: Roland Petit dal racconto di Alexander Pushkin "La dama di picche"
Scene: André Beaurepaire
Costumi: Jacques Schmidt
CAST
Hermann: Mikhail Baryshnikov
La Contessa: Jacqueline Rayet
Lisa: Evelyne Dessutter
Ballets de Marseille
La Dame de Pìque (2a versione)
26-10-2001 - Mosca, Teatro Bolshoi
Balletto in un atto e sei quadri
Coreografia: Roland Petit
Musica: Piotr Illitch Tchaikovsky
Libretto: Roland Petit dal racconto di Alexander Pushkin "La dama di picche"
Scene: Jean-Michel Wilmotte
Costumi: Luisa Spinatelli
CAST
Hermann: Nikolai Tsiskaridze
La Contessa: Ilze Liepa
Lisa: Svetlana Lunkina
Bolshoi Ballet
26-10-2001 - Mosca, Teatro Bolshoi
Balletto in un atto e sei quadri
Coreografia: Roland Petit
Musica: Piotr Illitch Tchaikovsky
Libretto: Roland Petit dal racconto di Alexander Pushkin "La dama di picche"
Scene: Jean-Michel Wilmotte
Costumi: Luisa Spinatelli
CAST
Hermann: Nikolai Tsiskaridze
La Contessa: Ilze Liepa
Lisa: Svetlana Lunkina
Bolshoi Ballet
TRAMA
Prologo
Hermann, un ufficiale del Genio, è ossessionato dal gioco delle carte al punto che, mentre osserva i giocatori, questi gli appaiono sotto forma di semi. Compare uno spettro, forse frutto della sua ossesione, un’anziana dama in nero, che, mostrategli in successione tre carte, le lancia in aria trasformandole in banconote di grande valore. E’ la Contessa, la quale, si dice, custodisce il segreto per indovinare tre carte vincenti consecutive.
La sala da gioco
Hermann è attentissimo al gioco altrui, ma non vi ha mai partecipato, pensando di non essere “nella posizione di sacrificare l’essenziale nella speranza di ottenere il superfluo”. Da quando ha saputo della voce sulla Contessa, il giovane ha incrementato la sua ossessione: spera di carpirle il segreto e, finalmente, prendere coraggio per fare la sua fortuna al gioco.
La sala da ballo
I giocatori passano nella sala da ballo e intrecciano le danze; entra la Contessa, accompagnata da Lise, Lizaveta Ivanovna, una giovane orfana da lei cresciuta. Si abbassano le luci, gli invitati appaiono in secondo piano, Hermann e la Contessa si uniscono in un passo a due. E' quasi una lotta ingaggiata da Hermann per ridurre la Contessa a fantoccio disarticolato nelle sue mani, ma l'anziana donna reagisce con fermezza, opponendosi a ogni tentativo di dominio. Tutto ciò è stato solo frutto dell'immaginazione del giovane, desideroso di conoscere la Contessa e instaurare un rapporto con lei al fine di carpirle il segreto delle tre carte. Finalmente Hermann
architetta un modo per avvicinarla: fa credere a Lise di essere interessato a lei, ingannandola nella speranza di arrivare alla Contessa tramite la figlioccia. Le due donne lasciano la festa, ma l'artificio ha sortito il suo effetto: la ragazza ritorna con una scusa per rivedere Hermann e consegnargli la chiave della sua camera, illusa dalle profferte del giovane.
La camera della Contessa
Hermann, entrato in casa della Contessa, non si reca nella camera di Lise, ma in quella dell’anziana donna e lì si nasconde in sua attesa. La Contessa rientra dalla festa accompagnata dalla sua piccola scorta, che inizia a prepararla per la notte; congedate Lise e le cameriere, la donna indugia davanti a uno specchio e, all’improvviso, le si para innanzi la figura di Hermann. La Contessa è sbigottita e terrorizzata, il giovane tenta di rassicurarla, subito dopo la incalza chiedendole di svelargli il segreto o almeno di indicargli tre carte vincenti. La donna tace. Il giovane prega, implora, si dichiara disposto a tutto, si irrita, minaccia, fino a puntarle contro una pistola. Questa non è neppure carica, ma il gesto basta a provocare un collasso alla Contessa. Hermann fugge, mentre la giovane entra nella stanza per trovare la Contessa morta.
La camera di Hermann
Hermann, nella sua stanza, è disperato più per l’impossibilità ormai di conoscere il segreto che per la morte provocata. All’improvviso gli appare lo spirito della Contessa, la quale, ponendo alcune condizioni, si dice disposta a indicargli le sue tre carte vincenti: il tre, il sette, l’asso.
Una grande sala da gioco
I valletti approntano l’enorme sala dove il celebre giocatore Tchekalinsky sta per ricevere i suoi ospiti per una grande festa, che culminerà in una importante serie di scommesse. Entra Hermann, chiede di giocare, le prime due carte viste in sogno escono veramente e fanno la sua fortuna. Alla terza mano, sul tavolo ci sono una Regina e un asso, che Hermann dichiara vincente. Mostra trionfante la sua carta, che è, però, la regina di picche, la sua carta perdente. Ora è lui a collassare, mentre gli si materializza davanti la figura della Contessa.
Marino Palleschi
Balletto.net
Hermann, un ufficiale del Genio, è ossessionato dal gioco delle carte al punto che, mentre osserva i giocatori, questi gli appaiono sotto forma di semi. Compare uno spettro, forse frutto della sua ossesione, un’anziana dama in nero, che, mostrategli in successione tre carte, le lancia in aria trasformandole in banconote di grande valore. E’ la Contessa, la quale, si dice, custodisce il segreto per indovinare tre carte vincenti consecutive.
La sala da gioco
Hermann è attentissimo al gioco altrui, ma non vi ha mai partecipato, pensando di non essere “nella posizione di sacrificare l’essenziale nella speranza di ottenere il superfluo”. Da quando ha saputo della voce sulla Contessa, il giovane ha incrementato la sua ossessione: spera di carpirle il segreto e, finalmente, prendere coraggio per fare la sua fortuna al gioco.
La sala da ballo
I giocatori passano nella sala da ballo e intrecciano le danze; entra la Contessa, accompagnata da Lise, Lizaveta Ivanovna, una giovane orfana da lei cresciuta. Si abbassano le luci, gli invitati appaiono in secondo piano, Hermann e la Contessa si uniscono in un passo a due. E' quasi una lotta ingaggiata da Hermann per ridurre la Contessa a fantoccio disarticolato nelle sue mani, ma l'anziana donna reagisce con fermezza, opponendosi a ogni tentativo di dominio. Tutto ciò è stato solo frutto dell'immaginazione del giovane, desideroso di conoscere la Contessa e instaurare un rapporto con lei al fine di carpirle il segreto delle tre carte. Finalmente Hermann
architetta un modo per avvicinarla: fa credere a Lise di essere interessato a lei, ingannandola nella speranza di arrivare alla Contessa tramite la figlioccia. Le due donne lasciano la festa, ma l'artificio ha sortito il suo effetto: la ragazza ritorna con una scusa per rivedere Hermann e consegnargli la chiave della sua camera, illusa dalle profferte del giovane.
La camera della Contessa
Hermann, entrato in casa della Contessa, non si reca nella camera di Lise, ma in quella dell’anziana donna e lì si nasconde in sua attesa. La Contessa rientra dalla festa accompagnata dalla sua piccola scorta, che inizia a prepararla per la notte; congedate Lise e le cameriere, la donna indugia davanti a uno specchio e, all’improvviso, le si para innanzi la figura di Hermann. La Contessa è sbigottita e terrorizzata, il giovane tenta di rassicurarla, subito dopo la incalza chiedendole di svelargli il segreto o almeno di indicargli tre carte vincenti. La donna tace. Il giovane prega, implora, si dichiara disposto a tutto, si irrita, minaccia, fino a puntarle contro una pistola. Questa non è neppure carica, ma il gesto basta a provocare un collasso alla Contessa. Hermann fugge, mentre la giovane entra nella stanza per trovare la Contessa morta.
La camera di Hermann
Hermann, nella sua stanza, è disperato più per l’impossibilità ormai di conoscere il segreto che per la morte provocata. All’improvviso gli appare lo spirito della Contessa, la quale, ponendo alcune condizioni, si dice disposta a indicargli le sue tre carte vincenti: il tre, il sette, l’asso.
Una grande sala da gioco
I valletti approntano l’enorme sala dove il celebre giocatore Tchekalinsky sta per ricevere i suoi ospiti per una grande festa, che culminerà in una importante serie di scommesse. Entra Hermann, chiede di giocare, le prime due carte viste in sogno escono veramente e fanno la sua fortuna. Alla terza mano, sul tavolo ci sono una Regina e un asso, che Hermann dichiara vincente. Mostra trionfante la sua carta, che è, però, la regina di picche, la sua carta perdente. Ora è lui a collassare, mentre gli si materializza davanti la figura della Contessa.
Marino Palleschi
Balletto.net
GALLERY
APPROFONDIMENTO
Dopo una prima coreografia di Serge Lifar su musica di Tchaikovsky, arrangiata da Annenkov, (Monte Carlo, 1960), Petit ha creato la sua prima versione sulla musica di Tchaikovsky per l’opera omonima, arrangiata da Laurent Petitgirard. Il lavoro fu costruito sulle doti portentose di Baryshnikov, il quale non volle che il suo ruolo avesse una particolare relazione psicologica con quello della Contessa. Insistette perché tra i personaggi non ci fosse alcun passo a due, al fine di restare maggiormente fedele a Pushkin che mette a confronto un giovane con una donna di 87 anni. Secondo Petit la mancanza di un rapporto scenico tolse al lavoro ogni implicazione drammatica. In effetti la prima versione ebbe vita sulle scene in funzione della presenza di Baryshnikov, mentre il resto era semplice complemento: il solo personaggio ben costruito era quello di Hermann, mentre i due femminili rimasero appena abbozzati.
Petit rifece completamente il lavoro per il Bolshoi, riscrivendo un libretto, sempre molto aderente al racconto di Pushkin, ma sviluppando, mediante passi a due tra Hermann e la Contessa, il punto del racconto ove lo scrittore dichiara Hermann disposto a tutto, anche a diventare l’amante della donna anziana pur di carpirne il segreto. In questa versione la musica non è più tratta dall’opera, ma è la sesta sinfonia (La Patetica). Mentre il personaggio di Hermann è quasi costantemente in scena, la Contessa ha quattro importanti apparizioni sufficienti a costruire un personaggio poderoso, fuori da ogni dimensione reale, quasi uno scheletro vivente, che si muove, disarticolato, sotto gli abiti fluttuanti. Marino Palleschi Balletto.net Baryschnikov trionfa a Parigi
Nel quadro del « Festival d'Automne » al Théâtre des Champs-Élysées per II 16° Festival Internazionale di Danza di Parigi hanno avuto spicco le rappresentazioni di una novità assoluta « La Dame de pique », balletto di Roland Petit sulla musica dell'opera omonima di Ciaicovski. Siccome bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare diciamo subito che una precedente versione coreografica dal dramma di Puskin si ebbe nel 1960 ad opera di Serge Lifar. Ed è al testo letterario, con tutte le illazioni del caso, che si riferisce Petit nelle sue stesse dichiarazioni sul programma di sala. Purtroppo a rimetterci, e non poco, è la musica di Ciaicovski in una nuova orchestrazione, rabberciata, malmenata per non dire violentata come spesso suole succedere in operazioni del genere. E' anche occasione vistosissima di poter rivedere sulle scene europee l'astro del momento, quel Mikhail Baryschnikov che, dopo l'apparizione nel film di Herbert Ross «The Turning point» («Due vite una svolta») ha visto salire di molto le sue quotazioni nel firmamento ballettistico. Al suo incedere gli spettatori paiono perdere ogni controllo perché il fascino di questo nuovo ben venuto, biondo, venato di melanconia slava, recatoci dal mondo sovietico e a questo non più restituito, è tale da suscitare quei deliri che sono appartenuti ad un Nureyev e a un Vassiliev. Ormai nessuno sembra più disposto a perderlo e nuovi pretesti coreografici si intrecciano intorno alla sua figura. Petit ci confessa di aver nutrito per tanto tempo il desiderio di creare una coreografia su di lui, per lui come già fece con Nureyev (« Poema dell’estasi » e altro ancora), il solo sospetto che ci coglie a tratti è di trovarci di fronte a tanti pezzi di bravura separati, incastonati nel discorso di una coreografia per altri versi abbastanza unitaria, il personaggio famoso di Ermanno, divorato dal demone del gioco e preda di autentica follia è tale sin dal primo ingresso, lo splendido inizio che lo vede avanzare dal fondo della scena tutto in bianco, avvolto da un manto di velluto marrone, indimenticabile esordio, ma saranno questi sino alla fine il tono e i toni collaterali sui quali insisterà la sua forza espressiva. Il fatto più sorprendente ed importante resta com’egli riesca a disciplinare, a plasmare una tecnica sbalorditiva e a sciorinarla quasi senza imporcela ma avviandola di continuo sui sentieri fioriti dell'alta scuola accademica. Ci sono alcune specialità o momenti magici nei tempi battuti come nel salto o certi voli felini che ti sorprendono perché arrivano all'improvviso e sono straordinariamente fusi, amalgamati nel fluire della danza. il resto della serata non è così notevole: c'è al l'inizio di serata un « lever de rideau » su estratti dal Trio in la minore di Ciaicovski dal titolo « Thème et variations » ricco di quegli sviluppi progressivi, talvolta ingegnosi, altre volte un po' forzati e manierati cari a Petit e quell’uso che egli suole fare della musica al di là della sua struttura esterna, occasione per Luigi Bonino di farsi valere non solo come danzatore preciso ed accurato ma come artista. E poi, naturalmente, ci sono tutti i « tic », i conflitti di posizioni di tanti balletti di Petit, memore di troppe scorribande nel terreno del music-hall. Ciò finisce per nuocere ad un balletto così serio e tragico come «La Dama di picche» che dovrebbe essere immerso in un’atmosfera cupa ed allucinata. Pur tuttavia la sua «Dama di picche» è vista da un’angolazione piuttosto astratta. E’ certamente stringata, mira all'essenziale, ha una forte carica drammatica e al tempo stesso è scarna, scabra, spoglia di particolari superflui al punto di riuscire con difficoltà a capire i risvolti del dramma. I movimenti al tavolo da gioco si svolgono secondo un contrappunto visivo ben articolato, solcato a tratti dalle vociferazioni ma il mistero del le tre carte che costituisce il nodo dell’azione resta lettera morta forse proprio per la ragione di aver voluto eliminare il più possibile ogni visualizzazione di carattere narrativo, mentre il balletto è d’azione. Così il personaggio della Contessa ottuagenaria, che è in possesso del modo infallibile di guadagnare a carte, manca di sufficiente caratterizzazione anche se Jacqueline Rayet, sino a ieri « étoile » dell'Opéra, si impegna nel dare un minimo di credibilità e di incisività alla parte. Lisa, la ragazza della quale s’innamora Ermanno, è una giovanissima danzatrice dell'Opéra Evelyne Desutter, un po' gracile ma graziosissima, passata da poco alle file ricche di talenti dei «Ballets de Marseille» che Petit dirige e che hanno prodotto questo spettacolo. La cornice bianco-grigio del ben noto André Beaurepaire (alla Scala preparò la prima «Cenerentola» italiana di Prokofiev), cornice in carattere con l'atmosfera allucinata del racconto, ci introduce più nell'incubo della vicenda che nella vicenda stessa. In questa cornice si inseriscono su gradazioni sfumate dal delicato al violento i costumi di Jacques Schmidt, assistito da Emmanuel Peduzzi. Il grande trionfatore della serata è stato naturalmente Baryschnikov che si è trovato alla ribalta (la sera della «prima») a dividere stoicamente ma anche ingiustamente la razione di fischi e di disapprovazioni che dovevano andare a Petit, contestato come di consueto, in questo caso non del tutto ingiustamente, per i motivi che si son detti. Resta la sua maestria di grande uomo di teatro ma evidentemente «La Dama di picche» non gli ha portato fortuna. Le tenebre slave, l’inferno di una casa da gioco non gli convengono. Petit ha voluto rinunciare al suo spirito abituale, ai suoi giochi pieni di ironia, alla leggerezza dello «humour » per immergersi in un mondo lontano non suo e il pubblico gli ha fatto sentire questa sconfitta. Alberto Testa Il Dramma, Anno LIV n.11-12 dicembre 1978 CURIOSITA'
BALLETTI CORRELATI
La Dame de Pìque Serge Lifar (1960)
|
NELLO STESSO ANNO...
1978 Mayerling (Kenneth MacMillan) Psalmensymphonie (Jiri Kylian) Die Kameliendame (John Neumeier) La Dame de Pique (Roland Petit) Ballo della Regina (George Balanchine) Kammermusik No. 2 (George Balanchine) Praeludium (Glen Tetley) Laocoon (Zoltan Imre) Nuthouse Stomp (Leigh Warren) 2001 At Any Time (Rafael Bonachela) Hurricane (A Pantomime) (Christopher Bruce) Cheese (Jeremy James) Symphony of Psalms (Jirí Kylián) Detritus (Wayne McGregor) Unrest (Richard Alston) Grinning in Your Face (Christopher Bruce) Ground Level Overlay (Merce Cunningham) Linear Remains (Rafael Bonachela) Polyphonia (Christopher Wheeldon) Hallelujah Junction (Peter Martins) |