Filippo Taglioni
La Fille du Danube
21-09-1836 - Parigi, Théâtre de l’Académie Royale de Musique
20-12-1837 - San Pietroburgo, Bolshoi Kamenny Theater
20-12-1837 - San Pietroburgo, Bolshoi Kamenny Theater
La Fille du Danube
21-09-1836 - Parigi, Théâtre de l’Académie Royale de Musique
Balletto-pantomimo in 2 atti e 4 scene
Coreografia: Filippo Taglioni
Musica: Adolphe Adam
Libretto: Eugène Desmares
Scene: Pierre-Luc Charles Cicéri (1a, 3a, 4a scena), Edouard Désplechin, Jules Diéterlé, Léon Feuchères, Charles Séchan (2a scena)
Costumi: Henri d’Orchswiller
CAST
Fleur-des-Champs, la Figlia del Danubio: Maria Taglioni
Rudolph, scudiero del Barone Willibald: Joseph Mazilier
Barone Willibald: Louis Stanislas Montjoie
Irmengarda, madre adottiva di Fleur-des-Champs: Florentine Guiller
Una Ragazza: Pauline Leroux
La Ninfa del Danubio: Amélie Legallois
Un Ufficiale del Barone: Germain Quériau
Il Danubio: Ragaine
Passo a cinque: Auguste Mabille, Lisa Noblet, Dupont, Julia e Pauline Duvernay
Altri ballerini: Amélie Legallois, Stéphan, Adèle Dumilâtre, Pujol, Hermine Blangy
Ballet de l’Académie Royale de Musique
21-09-1836 - Parigi, Théâtre de l’Académie Royale de Musique
Balletto-pantomimo in 2 atti e 4 scene
Coreografia: Filippo Taglioni
Musica: Adolphe Adam
Libretto: Eugène Desmares
Scene: Pierre-Luc Charles Cicéri (1a, 3a, 4a scena), Edouard Désplechin, Jules Diéterlé, Léon Feuchères, Charles Séchan (2a scena)
Costumi: Henri d’Orchswiller
CAST
Fleur-des-Champs, la Figlia del Danubio: Maria Taglioni
Rudolph, scudiero del Barone Willibald: Joseph Mazilier
Barone Willibald: Louis Stanislas Montjoie
Irmengarda, madre adottiva di Fleur-des-Champs: Florentine Guiller
Una Ragazza: Pauline Leroux
La Ninfa del Danubio: Amélie Legallois
Un Ufficiale del Barone: Germain Quériau
Il Danubio: Ragaine
Passo a cinque: Auguste Mabille, Lisa Noblet, Dupont, Julia e Pauline Duvernay
Altri ballerini: Amélie Legallois, Stéphan, Adèle Dumilâtre, Pujol, Hermine Blangy
Ballet de l’Académie Royale de Musique
La Fille du Danube
20-12-1837 - San Pietroburgo, Bolshoi Kamenny Theater
Balletto-pantomimo in 2 atti e 4 scene
Coreografia: Filippo Taglioni
Musica: Adolphe Adam
Libretto: Eugène Desmares
Scene: Fyodorov (1a scena), Sabat (2a scena), Andrei Roller (3a, 4a scena)
Macchine: Andrei Roller
Costumi: Baltier e Matier
CAST
Fleur-des-Champs, la Figlia del Danubio: Maria Taglioni
Rudolph, scudiero del Barone Willibald: Nikolai Osipovoch Golts
Barone Willibald: Lachouc
Irmengarda, madre adottiva di Fleur-des-Champs: Ovoshnikova
Una ragazza: Andreanova
La Ninfa del Danubio: Savitskaya
Un Ufficiale del Barone: Eberhard
Il Danubio: Artemiev
Balletto Imperiale Russo
20-12-1837 - San Pietroburgo, Bolshoi Kamenny Theater
Balletto-pantomimo in 2 atti e 4 scene
Coreografia: Filippo Taglioni
Musica: Adolphe Adam
Libretto: Eugène Desmares
Scene: Fyodorov (1a scena), Sabat (2a scena), Andrei Roller (3a, 4a scena)
Macchine: Andrei Roller
Costumi: Baltier e Matier
CAST
Fleur-des-Champs, la Figlia del Danubio: Maria Taglioni
Rudolph, scudiero del Barone Willibald: Nikolai Osipovoch Golts
Barone Willibald: Lachouc
Irmengarda, madre adottiva di Fleur-des-Champs: Ovoshnikova
Una ragazza: Andreanova
La Ninfa del Danubio: Savitskaya
Un Ufficiale del Barone: Eberhard
Il Danubio: Artemiev
Balletto Imperiale Russo
TRAMA
ATTO I; scena I. La giovane dalle misteriose origini, soprannominata Fleur-des- Champs, è in realtà figlia del Danubio. Ormai è diventata donna, cresciuta dall’anziana Irmengarda, che l'aveva trovata piccina ed adottata. Com’è sua abitudine, esce di buon’ora dal cottage dove vive con Irmengarda, di nascosto dalla madre adottiva, che ancora dorme. Si reca nel luogo ove è stata vista la prima volta per offrire fiori al Danubio e, ricevuta la benedizione del padre, ritorna a casa. Sopraggiunge Rodolfo, scudiero del Barone Willibald, il potente signore del posto. Il giovane è innamorato della ragazza misteriosa, che corrisponde il sentimento, ma teme che il Barone non consentirà mai al loro matrimonio. Il pensiero triste svanisce perché è arrivato il momento del loro incontro abituale e segreto, quando tutti ancora dormono. Infatti ecco che la ragazza esce di nuovo dal cottage per unirsi all’innamorato. Raccolgono i fiori di campo, poi, stanchi, riposano distesi sul prato fiorito, scambiano gesti affettuosi e parole d’amore: il giovane incorona l’amata con un serto di nontiscordardime. La Ninfa che il Danubio aveva scelto per proteggere la ragazza esce dalla grotta da cui sorge il Danubio e fa addormentare gli innamorati in un sonno profondo e magico. La Ninfa si avvicina loro e a ciascuno mette un anello al dito. Poi scompare. Gli innamorati si svegliano e si gettano l’uno nelle braccia dell’altra come per completare le emozioni provate in sogno. Proprio in quel momento li sorprende Ermengarda, che caccia il giovane, innamorato ma povero, sperando per la figlia adottiva un matrimonio ben più importante e altolocato. La ragazza sta per rientrare quando sopraggiungono amici e amiche, che, vinta la sua riluttanza, la convincono a prendere parte con loro a giochi e danze. Al termine, suoni di tromba chiamano a raccolta gli abitanti del villaggio: sono gli araldi del Barone Willibald. Egli aveva sentito parlare della misteriosa ragazza e, per conoscerla, aveva pensato all'innocente stratagemma di un invito al castello di Neiding, esteso a tutte le giovani della Valle. Gli araldi annunciano che il Barone sta accarezzando l’idea di prender moglie e, pertanto, invita a palazzo tutte le giovani del suo feudo per scegliere tra esse la futura sposa. All’annuncio le madri gioiscono piene di speranza per le loro figlie; prima tra esse, è Irmengarda ad esultare, mentre la Figlia del Danubio appare spaventata. La raggiunge Rodolfo, allarmato dalla notizia, temendo che sia l’amata ad essere scelta dal Barone come sposa. La ragazza lo rassicura garantendogli che si comporterà in modo così strano da distogliere l’interesse del Barone e gli ricorda il sogno inviato loro dalla Ninfa che li protegge.
Atto I, scena II. Al castello di Neiding c’è grande animazione per dare gli ultimi ritocchi alla preparazione di una festa sontuosa: le guardie del Barone si dispongono in formazione per accogliere gli ospiti, nobildonne e cavalieri, che arrivano da ogni luogo. Enorme è lo sfarzo degli abiti ricchissimi delle dame e il lucore delle armature, ma i nobili personaggi ancora non conoscono la ragione della riunione. Il Barone Willibald, accompagnato dai suoi paggi, saluta i nobili invitati, chiedendosi se i suoi ordini sono stati eseguiti correttamente e se le giovani della Vallata accetteranno il suo invito. Quand’ecco che un araldo annuncia l’arrivo delle fanciulle e il Barone, con un sorriso, pregusta lo stupore e la rabbia delle nobildonne che lo avevano respinto, ritenendolo condannato alla solitudine.
Le giovani della Valle dei Fiori avanzano indossando il loro abito migliore: un abito bianco ornato semplicemente di fiori. La sola parure della Figlia del Danubio è una ghirlanda di ninfee e un bouquet di nontiscordardime. La presenza delle semplici ragazze di campagna suscita l’indignazione delle nobili dame, mentre il Barone, assai compiaciuto del contrasto, invita le fanciulle a prender parte al ballo. La figlia del Danubio ricorda la promessa fatta a Rodolfo: finge una gran goffaggine per distogliere da sé l’attenzione del Barone, tra la gioia di Rodolfo e l’indignazione di Ermengarda. Tuttavia, nonostante lo strano
comportamento simulato, risulta assai più incantevole delle rivali coi loro modi affettati e artificiosi. Naturalmente la Figlia del Danubio colpisce il cuore del Barone, che sceglie proprio lei come sua sposa: ora è Rodolfo a disperarsi e Irmengarda a gioire. Al termine delle danze, le dame di Corte non nascondono la loro indignazione e fanno cenno di volersi ritirare, ma il Barone ritiene di non essersi ancora vendicato abbastanza e di averle offese troppo poco: le provoca invitandole sarcasticamente a restare per condividere la sua gioia. Ogni parola gentile che rivolge loro non è altro che una feroce presa in giro. Si avvicina alla ragazza prescelta per parlarle di matrimonio, di prosperità e della felicità che li aspetta. Raddoppia l’indignazione delle dame; la fanciulla declina l’onore di una vita che non è fatta per lei, ma il Barone Willibald insiste nel volerla sposare, supplica e le offre ogni cosa possibile. E’ allora che Rodolfo si mette tra i due, ricordando alla ragazza il loro amore e implorando il Barone di non volerla sposare. Il giovane prega e minaccia. Il Barone, respintolo con rabbia, tenta di afferrare la mano della ragazza, ma questa sguscia via per salire sulla finestra del salone, che si apre sulle acque del Danubio. Gli astanti sono terrorizzati, la ragazza dichiara il suo amore per lo scudiero, maledice il Barone, lancia il suo bouquet di nontiscordardime a Rodolfo e si butta nel fiume. Le dame di Corte sono crudelmente felici della tragedia, che, invece, getta nella più profonda disperazione Rodolfo, il Barone e le amiche della vittima.
ATTO II; scena III. Rodolfo, distrutto dal dolore, ha perso la ragione; fuori di senno vaga sconsolato, seguito da soldati e compaesani desiderosi di prevenire un’altra disgrazia. Rimasto solo, cammina lungo il fiume, pregando le onde di restituirgli la sua amata. Nulla può lenire il suo dolore, né le lacrime di Ermengarda, né le parole del Barone, né la disperazione degli amici. La sua felicità sta in fondo al fiume e pensa che là la ritroverà oppure morirà. Il pensiero gli dà un momento di calma, prende il bouquet lanciatogli dall’amata, che porta sempre con sé, sul suo petto, e lo copre di baci ancora una volta. Si alza un suono dolcissimo e, improvvisamente, gli appare la Ninfa accompagnata da ondine e dalla sua amata. Rodolfo non crede ai suoi occhi, supplica la fanciulla di andare con lui e la Ninfa di ridargli la fidanzata, ma la ragazza è ormai un'ombra ed egli non riesce nemmeno ad abbracciarla. Il padre Danubio aveva richiamato sua figlia e non l’avrebbe restituita a un mondo indegno di lei. Sarebbe potuta appartenere solo a chi fosse andato a prenderla tra le braccia di suo padre. Si sentono dei passi che si avvicinano e, come Rodolfo si volta a vedere chi sta arrivando, il fantasma scompare. E’ il Barone che sopraggiunge coi suoi uomini che seguivano Rodolfo per impedirgli di commettere qualche sciocchezza. Al Barone Willibald viene in mente un’idea con la quale spera di ridare la ragione al suo scudiero favorito o, almeno, di riportarlo al sicuro al castello: una ragazza del suo seguito dovrà indossare un abito simile a quello di Fleur-de-Champs e mostrarsi a Rodolfo col volto coperto da un velo, fingendosi la sfortunata fanciulla. Nel frattempo Rodolfo, riconosciuto il Barone, cerca di nascondersi, ma una guardia gli sbarra la strada. Rodolfo afferra la spada di un soldato al seguito del nobiluomo, sta per assalirlo quando la comparsa della ragazza travestita lo distoglie dal proposito. Rodolfo crede di vedere l’amata, abbandona la spada, abbraccia la fanciulla e si calma. Willibald si allontana, ormai convinto che il piano abbia avuto successo e che la ragazza riesca a farsi seguire fino al castello. Rodolfo ricorda alla fanciulla i loro teneri incontri, i bei momenti passati assieme e le mostra l’anello che ancora lo lega a lei. La giovane non risponde, ma lo invita a seguirla; Rodolfo sta per acconsentire, quando cade il velo dal volto della ragazza. Lo scudiero comprende il suo errore, prende dal suo petto il bouquet di nontiscordardime donatogli dall’amata, se lo stringe al cuore e, disperato, si getta anch'egli nel Danubio.
Atto II, scena IV. Rodolfo, privo di sensi, è portato nella Grotta del padre Danubio dalle ondine. La Ninfa vista in sogno nella Valle dei Fiori gli ridà vita e ragione per mettere il suo amore nuovamente alla prova. Rodolfo, nel suo delirio, si era ingannato scambiando per l’amata la donna velata mostratagli dal Barone Willibald; ora dovrà superare la stessa prova riconoscendo in un gruppo di ninfe velate la sua amata. Se i suoi occhi lo hanno ingannato una prima volta, ora il suo cuore dovrà fargli trovare colei che ama. Un primo gruppo di ninfe velate cerca di sedurlo con grazia e bellezza, ma egli le rifiuta: non è tra loro colei che egli desidera. Si fanno avanti altre ninfe, leggere e graziose come l’amata; egli esita, ma non è loro che vuole e le rifiuta. Ora lo circondano tutte le ninfe, che lo tentano con l'offerta di conchiglie e piante rare, descrivendogli le gioie dell’amore. Ma il bouquet che gli aveva lanciato l’amata funziona da talismano contro gli inganni delle ninfe. Nessuna di loro ha osato toccarlo; tutte se ne sono allontanate salvo una, che ha soavemente avvicinato la mano. Rodolfo è certo che è costei la Figlia del Danubio, la segue, anche se la ninfa tenta di fuggire, ma Rodolfo è certo d’aver trovato l’amata grazie al talismano. Così, in breve, si ritrovano l’uno nelle braccia dell’altra. I due giovani, ritrovatisi, si inginocchiano davanti alla Ninfa implorandola di restituirli al mondo. Una conchiglia si stacca dal fondo e comincia a fluttuare verso la superficie dell'acqua. L’intera corte sottomarina circonda la Ninfa che mostra agli amanti il mezzo per ritornare sulla terra. Appare il Danubio in tutto il suo splendore, benedicendo l’unione dei due giovani, che restituisce al mondo, dove trovano Irmengarda, il Barone e la sua corte, pronti a riabbracciarli.
NOTA I SUL LIBRETTO ORIGINALE. Abbiamo premesso questa NOTA alla TRAMA del balletto poiché il libretto originale si sviluppa secondo un racconto letterario assai più complesso delle sole vicende del balletto; sebbene si possa evitare la lettura della presente NOTA per passare subito alla TRAMA, quanto qui premesso rende chiari alcuni dettagli del lavoro teatrale, che altrimenti sarebbero di difficile comprensione (primo tra essi il motivo che spinge il Barone ad offendere le nobildonne al ballo).
L’edizione francese (1836) e la successiva russa (1837) del libretto si aprono con una prefazione: questa avverte che gli avvenimenti trattati dal coreografo nel balletto costituiscono solo un episodio tratto da una più articolata leggenda tedesca, imbevuta di credenze superstiziose. Tuttavia l’autore dichiara di non aver saputo resistere alla tentazione di presentare al lettore l’intera vicenda, che –ci avverte sempre lo scrittore- è stata narrata in forma completa e originale senza soluzione di continuità, ossia senza scorporare la parte trattata dal lavoro teatrale. Pertanto, dopo tale premessa, dopo gli elenchi degli interpreti, divisi per scene e ripetuti nei vari passi o momenti pantomimici, e dopo il dramatis personae, il racconto inizia con una serie di accadimenti che hanno coinvolto il Barone Willibald ben prima che nella cronaca appaia la fanciulla dalle origini
misteriose, Fleur-des-Champs, la figlia del Danubio, che sarà protagonista del balletto. Quando la narrazione arriva all’episodio trattato nel balletto, nello scritto non appare nessuno stacco, ma solo in margine è segnalata la divisione in atti e la scansione in quadri e scene sia nell’edizione francese che in quella russa, ove le segnalazioni in margine, riferite al balletto, sono più numerose e dettagliate.
La vicenda narrata dalla leggenda si svolge nell’incantevole valle di Donaueschingen, detta la Vallata dei Fiori, ossia nella piana che corre lungo le rive del Danubio fino a Neiding, racchiusa da un lato dalle montagne Ferenbach. Il Barone Willibald, conte di Meringen, signore di Neiding, Balding, Donaueschingen ed altri luoghi, nel 1420 era il solo erede di tutti questi feudi in seguito alla morte di suo padre e del fratello maggiore, uccisi mentre combattevano al servizio dell'imperatore Sigismondo sotto le mura di Praga. In realtà, il fratello maggiore aveva voluto seguire l’imperatore in ogni sua impresa militare, intenzionato a trovare la morte. L’aveva cercata, disperato, per liberarsi dal dolore provocato dall’esito infelice dei suoi tre matrimoni, contratti in soli cinque anni. L’autore narra con qualche dettaglio della morte improvvisa di queste giovani mogli, avvenuta entro breve tempo dal matrimonio, senza che vi fosse una spiegazione plausibile. L’ultimo decesso era per di più avvenuto a due sole ore dalla cerimonia nuziale, nonostante lo stesso Papa avesse voluto esprimere il suo favore all’unione. Il susseguirsi degli eventi funesti e misteriosi aveva fatto pensare a una maledizione del cielo ed ora il fratello minore, il Barone Willibald, temeva di averla ereditata assieme a titoli e terre. Si sentiva condannato alla solitudine, pensando che i vicini casati nobiliari avrebbero rifiutato di imparentarsi col suo attraverso un matrimonio e, in effetti, le famiglie nobili si tenevano ben lontane da lui, convinte che sul Barone gravasse una maledizione.
Tuttavia nutriva la speranza che la maledizione non pesasse proprio sulla sua famiglia, ma fosse stata portata dalle nobildonne che ne erano entrate sposando il fratello. Convintosi di ciò, giurò odio eterno nei confronti di tutte le nobildonne, che lo evitavano, e, desideroso di trovare una compagna, escogitò un mezzo per provare che la maledizione celeste non pendeva sul suo capo, ma su quello di contesse e baronesse: bastava, dunque, evitarle e scegliere come propria sposa una ragazza semplice ed ingenua, una vassalla, che abitava la magnifica Valle. Naturalmente la decisione provocò l’enorme risentimento di tutti i casati nobiliari, i cui esponenti si sentirono offesi da un possibile matrimonio tra due persone di rango così diverso.
Nella valle si erano sparse strane voci sulle origini misteriose di una trovatella, poi adottata dall’anziana Irmengarda, che l’aveva rinvenuta piccina in mezzo a una distesa di nontiscordardime, cresciuti proprio davanti alla grotta da cui scaturisce il Danubio. In ricordo di ciò le sue amiche le avevano dato il soprannome Fleur-des-Champs (Feldblume). All’epoca del ritrovamento nessuno si era ricordato d’averla mai vista prima ed ella stessa non aveva saputo dare alcuna spiegazione della sua provenienza, anche se Irmengarda più di una volta aveva assicurato di aver visto, assieme alla trovatella, anche l’immagine del vecchio Danubio affiorare dallo specchio d’acqua. Proprio poche ore prima del suo ritrovamento, il Danubio era straripato senza che vi fosse stata alcuna pioggia, per tornare subito dopo nel suo letto. Passati gli anni, la fanciulla era cresciuta buona e modesta, sempre amando Irmengarda come fosse stata la vera madre; la ragazza, ormai fatta donna, dal giorno del suo ritrovamento aveva mantenuto l’abitudine di recarsi tutte le mattine nel luogo ove era stata vista la prima volta per offrire fiori al Danubio o levare la sua preghiera al sole nascente. Tutto quanto la riguardava suonava misterioso ed enigmatico.
A questo punto il testo si sviluppa riportando nei dettagli l’episodio al quale si ispira il balletto; come detto, è la sola scansione in atti e quadri, posta a margine del testo, a segnalare che si tratta della trama del lavoro coreografico. In altri termini, il racconto prosegue, senza soluzione di continuità, con la TRAMA sopra riportata.
NOTA II SUL LIBRETTO ORIGINALE. Quando i due vengono restituiti al mondo e alla vita, termina la sinossi del balletto, ma l’autore prosegue la sua cronaca più ampia, sempre senza soluzione di continuità. Il Barone Willibald si rese conto di essere sfortunato in amore come il fratello lo era stato nel matrimonio e non volle turbare minimamente l’amore così perfetto del suo scudiero e della giovane. Comprese che da solo non sarebbe mai riuscito ad ottenere una felicità così grande; allora si chiuse in un chiostro per implorarla da Dio, il solo che avrebbe potuto concedergliela. Ma prima di andare in convento volle concludere l’opera di bontà iniziata dal Signore: lasciò in dote alla coppia felice la signoria di Donaueschingen. Dieci anni dopo, il 21 dicembre 1430, il Barone di Willibald morì serenamente nel convento degli agostiniani a Bologna e Rodolfo fece innalzare una cappella a ricordo del suo benefattore, le cui rovine ancora si possono vedere sulla strada da Donaueschingen a Ferenbach.
Marino Palleschi
Balletto.net
Atto I, scena II. Al castello di Neiding c’è grande animazione per dare gli ultimi ritocchi alla preparazione di una festa sontuosa: le guardie del Barone si dispongono in formazione per accogliere gli ospiti, nobildonne e cavalieri, che arrivano da ogni luogo. Enorme è lo sfarzo degli abiti ricchissimi delle dame e il lucore delle armature, ma i nobili personaggi ancora non conoscono la ragione della riunione. Il Barone Willibald, accompagnato dai suoi paggi, saluta i nobili invitati, chiedendosi se i suoi ordini sono stati eseguiti correttamente e se le giovani della Vallata accetteranno il suo invito. Quand’ecco che un araldo annuncia l’arrivo delle fanciulle e il Barone, con un sorriso, pregusta lo stupore e la rabbia delle nobildonne che lo avevano respinto, ritenendolo condannato alla solitudine.
Le giovani della Valle dei Fiori avanzano indossando il loro abito migliore: un abito bianco ornato semplicemente di fiori. La sola parure della Figlia del Danubio è una ghirlanda di ninfee e un bouquet di nontiscordardime. La presenza delle semplici ragazze di campagna suscita l’indignazione delle nobili dame, mentre il Barone, assai compiaciuto del contrasto, invita le fanciulle a prender parte al ballo. La figlia del Danubio ricorda la promessa fatta a Rodolfo: finge una gran goffaggine per distogliere da sé l’attenzione del Barone, tra la gioia di Rodolfo e l’indignazione di Ermengarda. Tuttavia, nonostante lo strano
comportamento simulato, risulta assai più incantevole delle rivali coi loro modi affettati e artificiosi. Naturalmente la Figlia del Danubio colpisce il cuore del Barone, che sceglie proprio lei come sua sposa: ora è Rodolfo a disperarsi e Irmengarda a gioire. Al termine delle danze, le dame di Corte non nascondono la loro indignazione e fanno cenno di volersi ritirare, ma il Barone ritiene di non essersi ancora vendicato abbastanza e di averle offese troppo poco: le provoca invitandole sarcasticamente a restare per condividere la sua gioia. Ogni parola gentile che rivolge loro non è altro che una feroce presa in giro. Si avvicina alla ragazza prescelta per parlarle di matrimonio, di prosperità e della felicità che li aspetta. Raddoppia l’indignazione delle dame; la fanciulla declina l’onore di una vita che non è fatta per lei, ma il Barone Willibald insiste nel volerla sposare, supplica e le offre ogni cosa possibile. E’ allora che Rodolfo si mette tra i due, ricordando alla ragazza il loro amore e implorando il Barone di non volerla sposare. Il giovane prega e minaccia. Il Barone, respintolo con rabbia, tenta di afferrare la mano della ragazza, ma questa sguscia via per salire sulla finestra del salone, che si apre sulle acque del Danubio. Gli astanti sono terrorizzati, la ragazza dichiara il suo amore per lo scudiero, maledice il Barone, lancia il suo bouquet di nontiscordardime a Rodolfo e si butta nel fiume. Le dame di Corte sono crudelmente felici della tragedia, che, invece, getta nella più profonda disperazione Rodolfo, il Barone e le amiche della vittima.
ATTO II; scena III. Rodolfo, distrutto dal dolore, ha perso la ragione; fuori di senno vaga sconsolato, seguito da soldati e compaesani desiderosi di prevenire un’altra disgrazia. Rimasto solo, cammina lungo il fiume, pregando le onde di restituirgli la sua amata. Nulla può lenire il suo dolore, né le lacrime di Ermengarda, né le parole del Barone, né la disperazione degli amici. La sua felicità sta in fondo al fiume e pensa che là la ritroverà oppure morirà. Il pensiero gli dà un momento di calma, prende il bouquet lanciatogli dall’amata, che porta sempre con sé, sul suo petto, e lo copre di baci ancora una volta. Si alza un suono dolcissimo e, improvvisamente, gli appare la Ninfa accompagnata da ondine e dalla sua amata. Rodolfo non crede ai suoi occhi, supplica la fanciulla di andare con lui e la Ninfa di ridargli la fidanzata, ma la ragazza è ormai un'ombra ed egli non riesce nemmeno ad abbracciarla. Il padre Danubio aveva richiamato sua figlia e non l’avrebbe restituita a un mondo indegno di lei. Sarebbe potuta appartenere solo a chi fosse andato a prenderla tra le braccia di suo padre. Si sentono dei passi che si avvicinano e, come Rodolfo si volta a vedere chi sta arrivando, il fantasma scompare. E’ il Barone che sopraggiunge coi suoi uomini che seguivano Rodolfo per impedirgli di commettere qualche sciocchezza. Al Barone Willibald viene in mente un’idea con la quale spera di ridare la ragione al suo scudiero favorito o, almeno, di riportarlo al sicuro al castello: una ragazza del suo seguito dovrà indossare un abito simile a quello di Fleur-de-Champs e mostrarsi a Rodolfo col volto coperto da un velo, fingendosi la sfortunata fanciulla. Nel frattempo Rodolfo, riconosciuto il Barone, cerca di nascondersi, ma una guardia gli sbarra la strada. Rodolfo afferra la spada di un soldato al seguito del nobiluomo, sta per assalirlo quando la comparsa della ragazza travestita lo distoglie dal proposito. Rodolfo crede di vedere l’amata, abbandona la spada, abbraccia la fanciulla e si calma. Willibald si allontana, ormai convinto che il piano abbia avuto successo e che la ragazza riesca a farsi seguire fino al castello. Rodolfo ricorda alla fanciulla i loro teneri incontri, i bei momenti passati assieme e le mostra l’anello che ancora lo lega a lei. La giovane non risponde, ma lo invita a seguirla; Rodolfo sta per acconsentire, quando cade il velo dal volto della ragazza. Lo scudiero comprende il suo errore, prende dal suo petto il bouquet di nontiscordardime donatogli dall’amata, se lo stringe al cuore e, disperato, si getta anch'egli nel Danubio.
Atto II, scena IV. Rodolfo, privo di sensi, è portato nella Grotta del padre Danubio dalle ondine. La Ninfa vista in sogno nella Valle dei Fiori gli ridà vita e ragione per mettere il suo amore nuovamente alla prova. Rodolfo, nel suo delirio, si era ingannato scambiando per l’amata la donna velata mostratagli dal Barone Willibald; ora dovrà superare la stessa prova riconoscendo in un gruppo di ninfe velate la sua amata. Se i suoi occhi lo hanno ingannato una prima volta, ora il suo cuore dovrà fargli trovare colei che ama. Un primo gruppo di ninfe velate cerca di sedurlo con grazia e bellezza, ma egli le rifiuta: non è tra loro colei che egli desidera. Si fanno avanti altre ninfe, leggere e graziose come l’amata; egli esita, ma non è loro che vuole e le rifiuta. Ora lo circondano tutte le ninfe, che lo tentano con l'offerta di conchiglie e piante rare, descrivendogli le gioie dell’amore. Ma il bouquet che gli aveva lanciato l’amata funziona da talismano contro gli inganni delle ninfe. Nessuna di loro ha osato toccarlo; tutte se ne sono allontanate salvo una, che ha soavemente avvicinato la mano. Rodolfo è certo che è costei la Figlia del Danubio, la segue, anche se la ninfa tenta di fuggire, ma Rodolfo è certo d’aver trovato l’amata grazie al talismano. Così, in breve, si ritrovano l’uno nelle braccia dell’altra. I due giovani, ritrovatisi, si inginocchiano davanti alla Ninfa implorandola di restituirli al mondo. Una conchiglia si stacca dal fondo e comincia a fluttuare verso la superficie dell'acqua. L’intera corte sottomarina circonda la Ninfa che mostra agli amanti il mezzo per ritornare sulla terra. Appare il Danubio in tutto il suo splendore, benedicendo l’unione dei due giovani, che restituisce al mondo, dove trovano Irmengarda, il Barone e la sua corte, pronti a riabbracciarli.
NOTA I SUL LIBRETTO ORIGINALE. Abbiamo premesso questa NOTA alla TRAMA del balletto poiché il libretto originale si sviluppa secondo un racconto letterario assai più complesso delle sole vicende del balletto; sebbene si possa evitare la lettura della presente NOTA per passare subito alla TRAMA, quanto qui premesso rende chiari alcuni dettagli del lavoro teatrale, che altrimenti sarebbero di difficile comprensione (primo tra essi il motivo che spinge il Barone ad offendere le nobildonne al ballo).
L’edizione francese (1836) e la successiva russa (1837) del libretto si aprono con una prefazione: questa avverte che gli avvenimenti trattati dal coreografo nel balletto costituiscono solo un episodio tratto da una più articolata leggenda tedesca, imbevuta di credenze superstiziose. Tuttavia l’autore dichiara di non aver saputo resistere alla tentazione di presentare al lettore l’intera vicenda, che –ci avverte sempre lo scrittore- è stata narrata in forma completa e originale senza soluzione di continuità, ossia senza scorporare la parte trattata dal lavoro teatrale. Pertanto, dopo tale premessa, dopo gli elenchi degli interpreti, divisi per scene e ripetuti nei vari passi o momenti pantomimici, e dopo il dramatis personae, il racconto inizia con una serie di accadimenti che hanno coinvolto il Barone Willibald ben prima che nella cronaca appaia la fanciulla dalle origini
misteriose, Fleur-des-Champs, la figlia del Danubio, che sarà protagonista del balletto. Quando la narrazione arriva all’episodio trattato nel balletto, nello scritto non appare nessuno stacco, ma solo in margine è segnalata la divisione in atti e la scansione in quadri e scene sia nell’edizione francese che in quella russa, ove le segnalazioni in margine, riferite al balletto, sono più numerose e dettagliate.
La vicenda narrata dalla leggenda si svolge nell’incantevole valle di Donaueschingen, detta la Vallata dei Fiori, ossia nella piana che corre lungo le rive del Danubio fino a Neiding, racchiusa da un lato dalle montagne Ferenbach. Il Barone Willibald, conte di Meringen, signore di Neiding, Balding, Donaueschingen ed altri luoghi, nel 1420 era il solo erede di tutti questi feudi in seguito alla morte di suo padre e del fratello maggiore, uccisi mentre combattevano al servizio dell'imperatore Sigismondo sotto le mura di Praga. In realtà, il fratello maggiore aveva voluto seguire l’imperatore in ogni sua impresa militare, intenzionato a trovare la morte. L’aveva cercata, disperato, per liberarsi dal dolore provocato dall’esito infelice dei suoi tre matrimoni, contratti in soli cinque anni. L’autore narra con qualche dettaglio della morte improvvisa di queste giovani mogli, avvenuta entro breve tempo dal matrimonio, senza che vi fosse una spiegazione plausibile. L’ultimo decesso era per di più avvenuto a due sole ore dalla cerimonia nuziale, nonostante lo stesso Papa avesse voluto esprimere il suo favore all’unione. Il susseguirsi degli eventi funesti e misteriosi aveva fatto pensare a una maledizione del cielo ed ora il fratello minore, il Barone Willibald, temeva di averla ereditata assieme a titoli e terre. Si sentiva condannato alla solitudine, pensando che i vicini casati nobiliari avrebbero rifiutato di imparentarsi col suo attraverso un matrimonio e, in effetti, le famiglie nobili si tenevano ben lontane da lui, convinte che sul Barone gravasse una maledizione.
Tuttavia nutriva la speranza che la maledizione non pesasse proprio sulla sua famiglia, ma fosse stata portata dalle nobildonne che ne erano entrate sposando il fratello. Convintosi di ciò, giurò odio eterno nei confronti di tutte le nobildonne, che lo evitavano, e, desideroso di trovare una compagna, escogitò un mezzo per provare che la maledizione celeste non pendeva sul suo capo, ma su quello di contesse e baronesse: bastava, dunque, evitarle e scegliere come propria sposa una ragazza semplice ed ingenua, una vassalla, che abitava la magnifica Valle. Naturalmente la decisione provocò l’enorme risentimento di tutti i casati nobiliari, i cui esponenti si sentirono offesi da un possibile matrimonio tra due persone di rango così diverso.
Nella valle si erano sparse strane voci sulle origini misteriose di una trovatella, poi adottata dall’anziana Irmengarda, che l’aveva rinvenuta piccina in mezzo a una distesa di nontiscordardime, cresciuti proprio davanti alla grotta da cui scaturisce il Danubio. In ricordo di ciò le sue amiche le avevano dato il soprannome Fleur-des-Champs (Feldblume). All’epoca del ritrovamento nessuno si era ricordato d’averla mai vista prima ed ella stessa non aveva saputo dare alcuna spiegazione della sua provenienza, anche se Irmengarda più di una volta aveva assicurato di aver visto, assieme alla trovatella, anche l’immagine del vecchio Danubio affiorare dallo specchio d’acqua. Proprio poche ore prima del suo ritrovamento, il Danubio era straripato senza che vi fosse stata alcuna pioggia, per tornare subito dopo nel suo letto. Passati gli anni, la fanciulla era cresciuta buona e modesta, sempre amando Irmengarda come fosse stata la vera madre; la ragazza, ormai fatta donna, dal giorno del suo ritrovamento aveva mantenuto l’abitudine di recarsi tutte le mattine nel luogo ove era stata vista la prima volta per offrire fiori al Danubio o levare la sua preghiera al sole nascente. Tutto quanto la riguardava suonava misterioso ed enigmatico.
A questo punto il testo si sviluppa riportando nei dettagli l’episodio al quale si ispira il balletto; come detto, è la sola scansione in atti e quadri, posta a margine del testo, a segnalare che si tratta della trama del lavoro coreografico. In altri termini, il racconto prosegue, senza soluzione di continuità, con la TRAMA sopra riportata.
NOTA II SUL LIBRETTO ORIGINALE. Quando i due vengono restituiti al mondo e alla vita, termina la sinossi del balletto, ma l’autore prosegue la sua cronaca più ampia, sempre senza soluzione di continuità. Il Barone Willibald si rese conto di essere sfortunato in amore come il fratello lo era stato nel matrimonio e non volle turbare minimamente l’amore così perfetto del suo scudiero e della giovane. Comprese che da solo non sarebbe mai riuscito ad ottenere una felicità così grande; allora si chiuse in un chiostro per implorarla da Dio, il solo che avrebbe potuto concedergliela. Ma prima di andare in convento volle concludere l’opera di bontà iniziata dal Signore: lasciò in dote alla coppia felice la signoria di Donaueschingen. Dieci anni dopo, il 21 dicembre 1430, il Barone di Willibald morì serenamente nel convento degli agostiniani a Bologna e Rodolfo fece innalzare una cappella a ricordo del suo benefattore, le cui rovine ancora si possono vedere sulla strada da Donaueschingen a Ferenbach.
Marino Palleschi
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APPROFONDIMENTO
NOTA STORICA. Dopo l’enorme successo de La Sylphide all’Opéra di Parigi nel 1832, lo stesso anno Maria Taglioni portò il balletto del padre al Covent Garden di Londra e qui Maria sposò il Conte Gelbeit de Voisins, ma il matrimonio non era destinato a durare. Nei successivi anni Maria interpretò numerose altre creazioni del padre all’Opéra di Parigi e, dopo che Maria ebbe avuto un figlio, il primogenito Paolo, dall'unione con de Voisins, i forti dissapori col marito si intensificarono. I due giunsero a una rottura e alla separazione dopo tre anni di matrimonio. Poco dopo, Maria scoprì di essere incinta nuovamente. Seguì un breve ritiro dalle scene dovuto a un misterioso dolore al ginocchio, che in realtà altro non era che la gravidanza. Nel frattempo era diventata l’amante del giovane scrittore Eugène Desmares, che aveva preparato il libretto per il nuovo balletto di Filippo Taglioni, completandolo nel 1835. Il debutto del nuovo lavoro era stato rimandato proprio per l'indisponibilità della ballerina. Nel 1836 Maria diede alla luce una bambina, la secondogenita Eugénie Marie Edvige, e, immediatamente dopo, il 10 agosto, tornò alle scene con una ripresa de La Sylphide. Il pubblico era ansioso di vedere se avesse perso la sua leggendaria leggerezza, ma fu più che soddisfatto del ritorno e decretò un trionfo per la ballerina. Al successo del rientro in scena seguì, sempre nel 1836, il debutto nel nuovo balletto di Taglioni sul soggetto del Desmares; la musica era stata commissionata su suggerimento dello scrittore a un suo compagno di scuola, Adolph Adam, il quale per l’occasione compose il suo primo lavoro per l’Opéra di Parigi. Ne venne La Fille du Danube, un balletto che ripropone il tipico tema romantico dell'innamoramento di un essere umano e di uno sovrannaturale. Maria lo interpretò nella parte di Fleur-des-Champs, trovatella rinvenuta da bambina sulla riva del fiume, e lo avrebbe riproposto con successo a Londra.
Se Jules Janin, grande fan della Taglioni, si espresse in termini entusiastici sia sull’interpretazione della sua beniamina, che sulla creazione, da lui descritta come la continuazione de La Sylphide, gran parte della critica francese manifestò forti perplessità nei confronti del balletto: l’argomento parve ad alcuni oscuro e poco ingegnoso, lo sviluppo carente di mimica espressiva, le danze di relativo interesse. Venne riconosciuto il grande talento della Taglioni, ma questo parve il solo merito di una creazione poco felice dal punto di vista della coreografia, eccezion fatta per un galop nel primo atto e per la scena d'assieme nelle acque del Danubio, che vennero assai apprezzati. Le critiche londinesi furono, invece, assai positive nei confronti di Maria, ma anche del balletto. L’anno successivo sarebbe scaduto il contratto con l’Opéra; il nuovo Direttore, Duponchel, dubitava fortemente se rinnovarlo, in considerazione del favore che recentemente il pubblico aveva riservato alla Elssler. La Taglioni decise di accettare un contratto, ottenuto col padre, coi Teatri Imperiali di San Pietroburgo per gli anni 1837-39. Con grandi manifestazioni di affetto da parte dei suoi fan francesi lasciò Parigi per San Pietroburgo dove sarebbe stata fatta letteralmente oggetto di venerazione. Raggiunta la capitale russa portò al successo La Figlia del Danubio anche sul palcoscenico del Bolshoi di San Pietroburgo. L'artista e la creazione ebbero qui il consenso del pubblico e della critica. RIPRESE E ALTRE VERSIONI. - Il balletto rimase in repertorio all'Opéra dal 1836 al 1844. La partenza della Taglioni da Parigi nel 1837 aveva sgombrato il campo alla Elssler, che fu imprudentemente incoraggiata a riprendere due cavalli di battaglia della rivale. L’interpretazione che la Elssler diede de La Sylphide lasciò incantato Gautier, che la lodò in una sua recensione. Ma il 22 ottobre 1838 la Elssler affrontò La Fille du Danube proponendone all’Opéra di Parigi un’interpretazione assai diversa da quella della Taglioni, essenzialmente basata sul suo talento drammatico e sulle sue abilità attoriali, molto apprezzata e lodata da Gautier in una sua recensione. Tuttavia i fan della Taglioni, anche esasperati dal precedente scritto di Gautier, considerarono un affronto il fatto che la Elssler si cimentasse nei ruoli della loro beniamina e la recita della Elsller fu disturbata da forti proteste, che richiesero l’intervento della polizia. La burrascosa accoglienza bastò alla Elssler per convincerla a non ripetere almeno a Parigi le incursioni nel repertorio della rivale. - Il balletto fu presentato da Maria Taglioni a Londra al Drury Lane il 21 novembre 1837 e qui, contrariamente a quanto era successo all'Opéra, riscosse un enorme successo anche di critica. - Il 20 dicembre 1837 il balletto è stato ripreso da Filippo e Maria Taglioni con Maria come interprete principale al Teatro Imperiale Bolshoi Kammeny di San Pietroburgo. L’accoglienza in Russia fu entusiastica sia per l’interprete che per il balletto e Maria lo danzò nuovamente parecchie volte, anche nel 1842, nell’ultima settimana della sua permanenza a San Pietroburgo. Cinque anni dopo, il balletto era ancora in cartellone a San Pietroburgo. - Una versione dal titolo La Figlia del Danubio fu proposta da Antonio Cortesi al teatro San Benedetto di Venezia, sempre con Maria Taglioni come interprete principale. - Il 24 febbraio 1880 Marius Petipa ne ha proposto, per espresso desiderio dello Zar Alessandro II, un revival con aggiunte musicali e una revisione dello spartito di Léon Minkus al Teatro Imperiale Bolshoi Kammeny di San Pietroburgo. Il debutto del revival fu interpretato da Ekaterina Vazem, nella parte di Fleur-des-Champs, in una recita a suo beneficio. Fu affiancata da Pavel Gerdt. Lo Zar aveva assistito all’interpretazione del balletto fatta dalla Taglioni e desiderava rinverdire l'emozionante ricordo. Tuttavia a oltre 40 anni di distanza il lavoro apparve nella sua modestia, nonostante gli sforzi di Petipa di rinvigorirlo con nuove danze. La musica sembrò fuori moda e la produzione, ben lontana dal lusso di quella del 1837, soffrì per le severe restrizioni finanziarie imposte dal Barone Kirster, direttore dei Teatri Imperiali. - Nel 1978 Pierre Lacotte ne ha proposto una ricostruzione al Colòn di Buenos Aires con Ghislaine Thesmar e Michaël Denard, rimontata anche per il Tokio Ballet, per il quale ne creò una nuova versione nel 2006. - Nel 1996 Paul Chalmer ha ricostruito la versione originale di Taglioni del balletto per il Balletto di Verona. - Nel 2008 Fredy Franzutti ha proposto una versione del balletto per il Balletto del Teatro dell'Opera di Roma. Bibliografia - Cyril W. Beaumont, Complete Book of Ballets, Putnam, London, 1937 - Ivor Guest, The Romantic Ballet in Paris, London, Sir Isaac Pitman and sons Ltd, 1966 - Ivor Guest, Fanny Elssler, Adam & Charles Black, London, 1970 - Roland John Wiley, A Century of Russian Ballet, Clarendon Press, 1990 Marino Palleschi Balletto.net CURIOSITA'
Il Blog di Ileana Iliesco Le ballet de l'Opéra de Paris au 19ème siècle
http://balletopera19eme.canalblog.com/ Nel 1866 inizia un'immaginaria corrispondenza tra un figlio e il padre, avendo per passione comune il balletto. Charles condivide il suo entusiasmo di giovane abbonato all'Opera di Parigi con suo padre Emilien. In un disperato addio, lancia il suo bouquet blu
Emilien de Vaudreuil al figlio Charles La Boissière, 19 aprile 1868 Mio caro figlio, Che bella passeggiata hai fatto nel Jardin d'Acclimatation! Riesco ancora a vederti lì, ragazzino che gioca con il "tornello che fa clac" ed impossibile da trascinare fuori dall'acquario che tanto ti affascinava. Quanto a me, avevo interrotto la mia ultima lettera al momento del trionfo di Fanny Elssler ne La Cachucha du Diable Boiteux. Appena spente le ultime ovazioni a Mademoiselle Fanny, Marie Taglioni fece un folgorante ritorno all'Opera dopo il misterioso “dolore al ginocchio” che l'aveva tenuta lontana dal palcoscenico per ben nove mesi. Ci voleva la superiorità della Divina per osare, dopo il fenomenale successo della sua rivale, riapparire nel suo già vecchio ruolo di Sylphide. Ed era ancora una volta l'inimitabile fata dalle braccia alate, al punto da riconquistare al primo tentativo intatta la sua popolarità. Ma per lei si stava preparando una novità, La Fille du Danube, che fu data nel settembre 1836. Era un balletto in due atti, concepito da Filippo Taglioni con lo scopo di dare a sua figlia l'occasione di soppiantare Fanny Essler e stabilire definitivamente la sua supremazia. Sapientemente concepito com'era per evidenziare la grazia meravigliosa di Mademoiselle Taglioni, figlia delle onde e della spuma del fiume dopo essere stata una fata dell'aria e dei boschi, il libretto di M. Eugène Desmare non fu meno fragile. Ecco tutta la storia: Fleur des Champs, una bambina misteriosamente nata dal fiume, cresciuta da qualche vecchio servitore tra i giunchi del Danubio, compie sedici anni. Avviene che Rudolph, il giovane scudiero del barone de Willibald, le racconta mille galanterie. La graziosa Fleur soccombe immediatamente e si affretta a dare il suo cuore per sempre al gentile paggio. Ahimè, anche il barone de Willibald punta gli occhi sulla graziosa ondina, dà un ballo in suo onore e dichiara il suo amore per lei insieme alla ferma intenzione di farne sua moglie. Fleur des Champs rabbrividisce, indietreggia. Il barone si avvicina, lei si allontana... Lui avanza ancora... In un disperato addio, lei getta il suo bouquet azzurro a Rudolph, dicendogli con la mano "Ricordati di me", e si getta dalla finestra nelle onde del Danubio, preferendo la morte al matrimonio con un uomo che non è il prescelto dal suo cuore. Dopo alcune peripezie, Rudolph, preso dalla disperazione, si precipita a sua volta nel fiume, dove ben presto si ritrova catturato da una truppa di naiadi velate, tra le quali dovrà riconoscere la sua amata. Magnanimo, il Danubio poi li riporterà sulla terra. Fu per La Fille du Danube che Monsieur Adam compose per la prima volta la musica per un balletto. È stato un successo, con melodie sapientemente combinate, allegre e vivaci. Le scenografie erano le migliori del settore, disegnate e dipinte dal grande Cicéri e dall'equipe Diéterle, Feuchère, Despléchin e Séchan. Ricordo anche i costumi di Monsieur d'Orschwiller, di perfetta eleganza, con i veli che fluttuano dolcemente sulle naiadi, dame di corte vestite sontuosamente e paggi galantemente vestiti. La coreografia è stata piacevole, con passi ideati da Monsieur Taglioni per la gloria della figlia, ma anche ensemble molto riusciti, in particolare un passo a cinque ballato alla perfezione da Mabille e Noblet, Dupont, Julia e Duvernay. Un altro passo eseguito da M. Mazilier, Marie Taglioni, Melles Blangy e Maria, è stato anche inondato di applausi. Conservo ancora un bel ricordo della parte acquatica, in cui le signorine Legallois, Stéphan, Dumilâtre, Pujol e tante altre gareggiavano in ondulante grazia. Non sono state tralasciate le parti mimate: Mazilier nel ruolo di Rudolph, Montjoie nel ruolo del barone de Willibald, Ragaine in quello del Danubio mostravano tutto il talento che ci si aspettava da loro. Quanto alla Taglioni, ha nuovamente dispiegato il suo sublime talento, apparendo come un essere fluido e meraviglioso, inafferrabile, in fuga tra le mani del suo amante. Ancora una volta fluttuava sul palco e sembrava provenire da un mondo soprannaturale, in particolare nella seconda scena del secondo atto, quando si è evoluta nel regno delle Ninfe e Ondine. È stata accolta con un fragoroso applauso; innumerevoli mazzi di fiori deflagrarono e caddero fitti come grandine sul palco. Sì, è stato un altro trionfo; sì, i Taglionisti, me compreso, ancora una volta hanno applaudito con furore la loro Divina. Tuttavia, anche i più accaniti ammiratori di Mademoiselle Taglioni non potevano fare a meno di trovare un po' pallido questo balletto di naiadi dopo la febbre che aveva attanagliato l'Opera con la fiammeggiante Cachucha di Mademoiselle Fanny. Per dieci anni l'incomparabile Sylphide, applaudita, lodata, adorata, aveva danzato di trionfo in trionfo. Stava raccogliendo ancora una volta gli allori della gloria, ma aveva raggiunto le vette già da così tanto tempo che il pubblico, almeno una parte del pubblico, non le nutriva più la stessa devozione, volgendosi ormai verso una visione più terrena e meno vaporosa, danza più vibrante e meno poetica. In effetti, i giorni di Marie Taglioni a Parigi erano contati. Dio mio caro figlio, come sono stato loquace, trascinato via da ricordi così vividi che mi danno ancora un piacere immutato. Ti racconterò il seguito un altro giorno. Stammi bene. Emilien de Vaudreuil Ileana Iliesco Le ballet de l'Opéra de Paris au 19ème siècle BALLETTI CORRELATI
La Figlia del Danubio Antonio Cortesi (1845)
La Fille du Danube Marius Petipa (1880) La Fille du Danube Pierre Lacotte (1978)(2006) La Fille du Danube Paul Chalmer (1996) La Fille du Danube Fredy Franzutti (2008) |
NELLO STESSO ANNO...
1836 Sylfiden (August Bournonville) La Fille du Danube (Filippo Taglioni) Vénus e Adónis (Bernardo Vestris) A orfá de Genebra (Augustus Hus) Masaniello (Antonio Cortesi) Il tamburo magico (Antonio Monticini) Os doidos por projecto ou O baile de máscaras (Bernardo Vestris) Le diable boiteux (Jean Coralli) O filho banido (Alessandro Borsi) Margarita da Normandia (Bernardo Vestris) Uma feira (Alessandro Borsi) O proscrito (Alessandro Borsi) Bailado chinês (Francesco Jorch) A queda de Scio (Sebastiano Nazzari) Marco Visconti (Antonio Cortesi) Aminta e Ismene (Sebastiano Nazzari) Nabuccodonosor (Antonio Cortesi) A conjura das matronas romanas (Sebastiano Nazzari) I promessi sposi (Salvatore Taglioni) 1837 The Corsair (Albert (Ferdinand Decombe) La fidanzata di Catania, ovvero, I masnadieri siciliani (Antonio Monticini) Malvina, ossia I pescatori di Napoli (Livio Morosini) La Silfide (Antonio Cortesi) Romanoff (Salvatore Taglioni) Les Mohicans (Nicola Guerra) |