Tino Bonanomi e Giulia d'Ambrosio
La Madonna delle ballerine
Milano è ricca di storie. E’ come un’elegante signora di una volta, altera, che dà poca confidenza. Eppure, all’improvviso, così capace di aprire il cuore e di sorprenderti con racconti e immagini che danno luce all’anima. Questa è una delle sue storie. A pochissima distanza dal Teatro alla Scala, appena dietro palazzo Marino, la centralissima Piazza S. Fedele è uno dei posti più raccolti e tranquilli della metropoli meneghina. In questo quadrilatero di edifici, che appartengono soprattutto alla Storia dell’ultimo secolo, spicca l’imponente ed elegante facciata cinquecentesca (con qualche ritocco ottocentesco) della Chiesa di San Fedele, sede storica dei Gesuiti, progetto (1569) dell’architetto Pellegrino Pellegrini. L’interno, caratterizzato da un’unica, altissima navata centrale, un largo presbiterio, ampia conca absidale e una slanciatissima cupola, diffonde ovunque un senso di austera religiosità e racchiude un’inattesa sorpresa. Percorriamo la parte destra della navata e indugiamo pure qualche minuto davanti all'originale altare barocco del Tibaldi, con due angeli che sorreggono colonne oblique che incorniciano un'Apparizione in maiolica di Lucio Fontana. Alla sinistra di questo altare troviamo una piccola porta: è l'atrio d'ingresso della Sagrestia. Qui chiediamo gentilmente al sacerdote o novizio presente (avendo l'accortezza di non capitare in orario di Messa) di mostrarci l'interno e l'attigua cappelletta della Madonna dei Torriani. La Sagrestia, che non a caso è stata definita "la più bella Sagrestia di Milano", tutta in legno di noce lavorata con grande tecnica e raffinato gusto estetico, è opera del padre gesuita Daniele Ferrari; imponente e grandiosa, ispira soggezione e intimo raccoglimento appena entrati. In fondo, una porticina introduce a una cappella adiacente l'abside di San Fedele. Troviamo un altare su cui campeggia l'immagine della Madonna dei Torriani, una tipica “Madonna del latte” con gli occhi a mandorla e il volto pensoso, intenta ad allattare il Bambin Gesù. La Madonna del latte, una delle più tenere e umane raffigurazioni della Divinità, sottolinea la fragilità della condizione del Cristo fattosi uomo, e il conseguente bisogno di nutrirsi. La Vergine, madre del Cristo e per estensione di tutti gli uomini, nell'atto di allattare il bambino, simbolicamente dona la Grazia, nutrimento spirituale. Questa tipologia segna anche un passaggio storico importante della raffigurazione religiosa: la Divinità abbandona i troni regali e scende tra gli uomini, condividendone dolori e consolazioni terrene.
La soavità e dolcezza di questa Madonna, praticamente ignorata dagli itinerari turistico-artistici di Milano, sconcerta, se solo proviamo a immaginare a quante drammatiche vicende della storia di Milano ha dovuto assistere nel corso dei secoli. Originariamente collocata in una cappella delle dimore principesche della famiglia dei Torriani, signori di Milano che per due secoli contesero ai Visconti il dominio della città, assistette nel 1311 alla strage della famiglia per mano delle orde allemanne dell'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, alleatosi coi Visconti. La splendida dimora e attigui orti e giardini vennero saccheggiati e distrutti, le macerie materiali e morali di questa drammatica distruzione rimasero a lungo nella memoria storica di Milano, tanto che ancora oggi la via adiacente Palazzo Marino è chiamata, a ricordo dell'antica e drammatica lotta fratricida, via Case Rotte. Sui Guasti Torriani, ovvero i resti di quella che fu la dimora dei Torriani, trovò sede in seguito la congregazione religiosa dei Disciplini, che aveva come missione l'assistenza e conforto spirituale dei condannati a morte. Venne edificata una chiesa dedicata a San Giovanni Decollato, patrono della Congregazione, e in una cappelletta sulla destra, all'ingresso, venne collocata la Madonna dei Torriani. Nel corso di circa tre secoli furono ben 3124 (così dicono i registri della congregazione) i condannati a morte cui probabilmente il dolce volto della Madonna diede conforto negli ultimi momenti della vita. Quando nel 1875 venne definitivamente chiusa e sconsacrata la Chiesa di San Giovanni, il dipinto della Madonna venne prelevato e collocato nella cappelletta adiacente l'abside della chiesa di San Fedele, sua attuale sede. Questa cappella ha anche un ingresso (ora inagibile) che dà direttamente su via Case Rotte, dove una volta si poteva accedere senza dover per forza attraversare l'intera navata e sagrestia di San Fedele. Forse proprio per queste caratteristiche di praticità e discrezione, la cappelletta della Madonna dei Torriani veniva sovente visitata dalle artiste della Scala. Particolarmente devote dovevano essere le ballerine: famose étoiles o allieve in erba non mancavano mai, prima di un importante debutto o saggio, di lasciare omaggi floreali e benauguranti preghiere.
Carla Fracci annovera questo dipinto fra le bellezze artistiche da valorizzare: al tempo dei suoi esordi scaligeri, tale Madonnina era considerata dalle ballerine la loro protettrice, e anche la Fraccina, nei momenti difficili, esami, scelte, ruoli, era solita andare con le amiche a chiedere una speciale raccomandazione. Era un'abitudine costante molto seguita da tutte e anche a lei molto cara. Liliana Cosi, che fin da bambina ha avuto modo di conoscere questa immagine, ne conserva un ricordo particolarmente toccante, perché proprio a questa Madonna deve la forza che l’ha sempre accompagnata nell’espressione profonda della sua carriera. Non si sa come e quando iniziò questa pratica devozionale tipicamente scaligera; scherzosamente potremmo affermare che, nell'immaginario delle ballerine, il debutto emotivamente terribile sul palco della Scala doveva sembrare simile alla salita al patibolo del condannato a morte! E allora, chi meglio della Madonna dei Torriani poteva comprendere il loro tormentato stato d'animo …? Comunque sia, questa abitudine divenne tanto diffusa che, col tempo, l'immagine venne chiamata popolarmente Madonna delle ballerine. Ma quali altre ballerine, che nel tempo hanno lavorato alla Scala, hanno incrociato il loro percorso artistico e il loro sguardo con quello di questa Madonna? La Madonna delle ballerine è solo una delle storie della Milano di una volta o qualcuno conserva ancora oggi questa tradizione?
Fonti:
Luigi Dossi, Il San Fedele di Milano. Pleion, Milano, 1963
Luciano Zeppegno, Le chiese di Milano. Edizioni Newton Compton, Milano, 1981
Fonti:
Luigi Dossi, Il San Fedele di Milano. Pleion, Milano, 1963
Luciano Zeppegno, Le chiese di Milano. Edizioni Newton Compton, Milano, 1981