Roland Petit
L'Arlesienne
23-01-1974 - Marseille, Opéra de Marseille
Balletto in un atto.
Coreografia: Roland Petit
Musica: Georges Bizet
Scene: René Allio
Costumi: Christine Laurent
Coreografia: Roland Petit
Musica: Georges Bizet
Scene: René Allio
Costumi: Christine Laurent
CAST
Fédéri: Rudy Brians
Vivette: Loipa Araujo
Ballet National de Marseille
Vivette: Loipa Araujo
Ballet National de Marseille
TRAMA
Piena estate in Provenza. Frédéri è un giovane ossessionato dal ricordo de L’Arlesienne, una donna di Arles, da lui amata in passato, una figura che non compare mai in scena e che lui non riesce a dimenticare. Nonostante le amorevoli attenzioni di Viviette, la promessa sposa, Frederi non riesce a corrispondere i sentimenti della giovane, vorrebbe partecipare all’allegria della festa provenzale che ha i colori di un quadro di Van Gogh, ma deve fare i conti con la sua pazzia. Quando il giorno del matrimonio si avvicina, Frédéri è sempre più ossessionato dal fantasma della sua Arlesienne. Il ricordo visionario lo travolge, gli offusca la mente e lo spinge a lanciarsi dalla finestra togliendosi la vita.
GALLERY
APPROFONDIMENTO
Il balletto, ispirato al racconto di Alphonse Daudet e al dramma teatrale tratto dallo stesso scrittore sei anni dopo, nel 1872, racconta la storia del fidanzamento impossibile di Frederi con l'amica d'infanzia Vivette. La coppia non arriverà mai al matrimonio a causa dell'ossessione dell'uomo per il ricordo di una donna che turba il nuovo rapporto con Vivette. L'oggetto dell'antica passione è l'Arlesienne, una donna di Arles, con cui un tempo Frederi ha avuto un breve incontro e alla quale ha dovuto rinunciare avendone appreso i trascorsi poco limpidi. Egli ha cercato di dimenticare la ragazza, sforzandosi di innamorarsi di Vivette; addirittura si è fidanzato con lei, tuttavia non riesce a dimenticare la vecchia passione. Questo è l’antefatto che, nel balletto narrativo, non è raccontato in modo esplicito; il lavoro, infatti, si svolge interamente nella sola giornata della festa di sant’Eligio, nelle ore decisive per il rapporto dei due fidanzati, in una crisi ormai irreversibile destinata a risolversi con un drammatico epilogo. L’antefatto sostanzialmente emerge dal racconto delle difficoltà di questa relazione, dal contrasto tra la gaiezza degli amici della coppia, che si godono la festa scatenandosi in una farandola nella piazza del paese, e la tristezza dei fidanzati, totalmente assorbiti dai dolcissimi tentativi di Vivette di farsi amare da Frederi, dall'impegno dell'uomo per riuscire ad assecondarla, ma anche dal suo rifiuto della nuova fidanzata allorché il ricordo dell’Arlesiana si fa ossessivo. Come nel testo di Daudet, l’Arlesiana non appare mai, ma la sua presenza è tangibile, grava sulla sorte della coppia, è l’elemento che scatena il dramma di questo rapporto impossibile, concluso col suicidio di Frederi, che si lancia dalla finestra del granaio. Quando fu messa in scena la pièce di Daudet, venne commissionata una musica di scena a Bizet, che fu felice di confrontarsi con un testo letterario di spessore e che, in seguito, trasse dalla sua musica di scena una suite orchestrale. Il balletto, sulla suite n.1 e n.2 di Bizet, si giova di un'efficace e sobria scena di René Allio, non lontana da un paesaggio di Van Gogh, che lascerà il posto a una scatola nera e, poi, alla stilizzazione della sola finestra da cui si butterà Frederi. I costumi di Christine Laurent rimandano al folklore provenzale: bianchi, neri, fasce rosse e un tocco di marrone-nero per Frederi. Da un lato Petit si ispira al folklore affidando a otto coppie il compito di rappresentare una folla contadina divisa tra l’allegria per la festa e il desiderio di aiutare i due compaesani a risolvere le loro incomprensioni. Per i due fidanzati Petit usa un linguaggio accademico, punteggiato da inconsueta gestualità, scatti di bacino e da un parsimonioso impiego del flex, ma soprattutto introduce contatti fisici del tutto inediti. Il linguaggio tradizionale del passo a due va alterato poiché non deve esprimere come di consueto un rapporto amoroso. Così il fuori balance di Vivette viene sostenuto dalla schiena di Frederi ed è la donna ad accompagnare la promenade in arabesque del fidanzato agendo non sul braccio di lui, ma sulla sua gamba. Il prodotto globale ha palesi tangenze con i lavori dei Ballets Russes, oltre alla grande unità artistica raggiunta. Innanzi tutto Petit fa a volte un uso costruttivista dei corpi e delle teste dei ballerini impiegandoli come mattoni per creare delle forme geometriche. In questo è evidente la citazione di Les Noces della Nijinska, ripetuta nella contrapposizione delle file degli uomini a quelle delle donne. Come ha rilevato Igor Einser esiste anche una sottile similitudine con Petrushka nel contrasto tra l’atmosfera gioiosa della festa e il tormento intimo dei protagonisti.
Marino Palleschi Balletto.net CURIOSITA'
L'Arlesienne, il soggetto che affascinò Van Gogh e Gauguin
Faccia a faccia tra due ritratti di Madame Ginoux, gerente del Café de la Gare di Arles, ispiratrice per eccellenza dell’arlesiana. Era una donna forte e decisa, eppure non priva di dolcezza. Così la descrivono i due grandi artisti che la immortalarono, consegnandola alla posterità avvolta nel costume tradizionale locale. Proprio tra i suoi tavoli transiterà una svariata umanità, ma anche il “fior fiore” dell’arte con due grandi maestri come Van Gogh e Gauguin. Prima l’impulsivo e sofferente Vincent, che appena arrivato in città alloggerà proprio da lei, e poi il secondo, invitato proprio da Van Gogh a raggiungerlo per realizzare un singolare progetto di “comune artistica” che naufrago’ rovinosamente a causa delle note nevrosi di Van Gogh e dello scarso interesse di Gauguin, desideroso di raggiungere una la più pacifica dimensione esotica e tropicale della Polinesia, con le sue Vahiné. Sarà proprio Van Gogh, in una lettera al fratello Théo, a descriverla con frasi ricche di suggestioni cromatiche, che lasciano pregustare l’atmosfera stessa della tela: (...) finalmente ho trovato un’arlesiana, una figura schizzata in un’ora, fondo giallo pallido, viso grigio, abiti neri, neri, neri, del blu di Prussia e nient’altro. Si appoggia su una tavola verde ed è seduta su una poltrona di legno tendente all’arancio. (...) Perché furono entrambi a ritrarla nel 1888, Van Gogh ne l'Arlesienne, insieme ai libri che testimoniavano la coincidenza di valori tra l’artista e il suo soggetto, “La Capanna dello Zio Tom” e “I canti di Natale” di Charles Dickens e poi anche Gauguin, che la fissò col pennello molte volte, con gli spigoli del viso meno affilati e le fattezze più bonarie, ma sempre seduta, consegnandoci in particolare uno scorcio nel quale la si può ancora osservare, seduta ad un tavolo con tanto di sifone, bibita e stuzzichini in primo piano, gatto e biliardo con avventori sullo sfondo, in Café de Nuit à Arles.
Una curiosità scoperta per caso proprio in questi giorni è che stranamente in Francia con l'espressione "c'est l'arlesienne" si usa riferirsi ad un qualcosa di tanto atteso, ma mai realizzato, ennesimo e finale omaggio ad una donna mitica, che incarna un topos impossibile da catturare nella sua autentica e completa essenza. Sara Rania BALLETTI CORRELATI
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