Marius Petipa
La Bayadere
[Bayaderka]
04-02-1877 [23-01-1877 cal. Giuliano] - San Pietroburgo, Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny
16-12-1900 [03-12-1900 cal. Giuliano]- San Pietroburgo, Teatro Imperiale Mariinsky
16-12-1900 [03-12-1900 cal. Giuliano]- San Pietroburgo, Teatro Imperiale Mariinsky
Bayaderka (1877)
04-02-1877 [23-01-1877 cal. russo] - San Pietroburgo, Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny
04-02-1877 [23-01-1877 cal. russo] - San Pietroburgo, Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny
Grand Ballet in quattro atti e sette quadri con Apoteosi
Coreografia: Marius Petipa
Musica: Ludwig Minkus
Direttore: Aleksej Dmitrievic Papkov
Libretto: Marius Petipa, Sergej Chudekov
Scene: Mikhail Bocharov (Atto 1, scena 1), Matvei Shishkov (Atto 1, scena 2 e Atto 2), Ivan Andreyev (Atto 3, scene 1 e 3), Heinrich Wagner (Atto 3, scena 2) Andrei Roller (Atto 4 e Apoteosi)
Costumi: Ivan Panov
CAST
Nikiya: Ekaterina Vazem
Hamsatti: Marija Gorchenkova
Solor: Lev Ivanov (la parte mimica) Pavel Gerdt (parte danzata)
Gran Bramino: Nikolaj Golts
Il Rajah Dougmanta: Christian Johansson
Solista della danza "Manou": Vera Zhukova
Solista della danza "Djanpo": Mathilda Madayeva
Solisti della danza indiana: Lubov Radina, Félix Kchessinski, Alexandre Pichaud
Balletto Imperiale Russo
Coreografia: Marius Petipa
Musica: Ludwig Minkus
Direttore: Aleksej Dmitrievic Papkov
Libretto: Marius Petipa, Sergej Chudekov
Scene: Mikhail Bocharov (Atto 1, scena 1), Matvei Shishkov (Atto 1, scena 2 e Atto 2), Ivan Andreyev (Atto 3, scene 1 e 3), Heinrich Wagner (Atto 3, scena 2) Andrei Roller (Atto 4 e Apoteosi)
Costumi: Ivan Panov
CAST
Nikiya: Ekaterina Vazem
Hamsatti: Marija Gorchenkova
Solor: Lev Ivanov (la parte mimica) Pavel Gerdt (parte danzata)
Gran Bramino: Nikolaj Golts
Il Rajah Dougmanta: Christian Johansson
Solista della danza "Manou": Vera Zhukova
Solista della danza "Djanpo": Mathilda Madayeva
Solisti della danza indiana: Lubov Radina, Félix Kchessinski, Alexandre Pichaud
Balletto Imperiale Russo
Bayaderka (1900)
16-12-1900 [03-12-1900 cal. russo]- San Pietroburgo, Teatro Imperiale Mariinsky
16-12-1900 [03-12-1900 cal. russo]- San Pietroburgo, Teatro Imperiale Mariinsky
Grand Ballet in quattro atti e sette quadri con Apoteosi
Coreografia: Marius Petipa
Musica: Ludwig Minkus
Libretto: Marius Petipa
Scene e costumi: Adolf Kvapp (Atto 1, scena 1), Konstantin Ivanov (Atto 1, scena 2, Atto 4 e Apoteosi), Petr Lambin (Atto 2, Atto 3, scena 1 e 2) Oreste Allegri (Atto 3, scena 2)
CAST
Nikiya: Mathilde Kschessinskaya
Gamzatti: Olga Preobrajenskaya
Solor: Pavel Gerdt
Gran Bramino: Felix Kschessinsky
Il Rajah: Nikolai Aistov
Magdaveya, un fachiro: Alfred Bekefi
Le tre ombre: Vera Trefilova, Varvara Rykhliakova, Anna Pavlova
Balletto Imperiale Russo
Coreografia: Marius Petipa
Musica: Ludwig Minkus
Libretto: Marius Petipa
Scene e costumi: Adolf Kvapp (Atto 1, scena 1), Konstantin Ivanov (Atto 1, scena 2, Atto 4 e Apoteosi), Petr Lambin (Atto 2, Atto 3, scena 1 e 2) Oreste Allegri (Atto 3, scena 2)
CAST
Nikiya: Mathilde Kschessinskaya
Gamzatti: Olga Preobrajenskaya
Solor: Pavel Gerdt
Gran Bramino: Felix Kschessinsky
Il Rajah: Nikolai Aistov
Magdaveya, un fachiro: Alfred Bekefi
Le tre ombre: Vera Trefilova, Varvara Rykhliakova, Anna Pavlova
Balletto Imperiale Russo
TRAMA
I Atto:
Il guerriero Solor è innamorato della Baiadera Nikia. Prima di partire con i suoi guerrieri per la caccia alla tigre, Solor incarica il fachiro Mahedawee di comunicare a Nikia che l’attenderà al tempio. Solor, soddisfatto per la buona caccia, manda in dono al Rajah una tigre da lui cacciata. Dal tempio escono solennemente il Grande Brahmino e gli altri sacerdoti per celebrare il rito di adorazione del fuoco. I fachiri e le baiadere, tra cui la bella Nikia, eseguono le danze sacre. Dimentico del suo ruolo e del voto di castità, il Grande Brahmino dichiara a Nikia il proprio amore, giurando di deporre ai suoi piedi tutte le ricchezze dell’India, ma ottiene il fermo rifiuto della ragazza. Per vendicarsi, il Bramino manda il fachiro Magdaveya ad avvisare Nikiya che Solor la sta aspettando al tempio. Mentre con le altre baiadere serve ai fachiri l’acqua consacrata, il fachiro Mahedawee trasmette segretamente a Nikia il messaggio di Solor. Quando è scesa la notte, Solor attende al tempio di essere visto da Nikia, la quale esce dal tempio con un servo e incontra Solor, che vorrebbe fuggire insieme a lei. Ella acconsente, ma prima costringe Solor ad un giuramento d’amore eterno davanti al fuoco sacro. Nonostante la sorveglianza del fedele fachiro, che veglia sul loro incontro, il Grande Brahmino riesce di nascosto ad ascoltare la loro conversazione, il giuramento di fedeltà eterna di Solor, la proposta di fuggire insieme. La sua vendetta sarà tremenda. Il mattino seguente il Rajah, impressionato dal dono di Solor, offre a quest’ultimo la mano di sua figlia. Solor non vuole offendere il Rayah ed è incapace di reagire, anche se il ricordo di Nikia e del giuramento fattole lo tormenta. Quindi il Rayah annuncia alla figlia Gamzatti che potrà finalmente vedere l’uomo da lui sceltole come promesso sposo, il coraggioso Solor. Il Rajah presenta i due giovani e li dichiara ufficialmente fidanzati. Solor è molto colpito dalla bellezza di Gamzatti. Prima della festa di nozze, cui dovrà partecipare anche Nikia, come danzatrice del tempio, il Grande Brahmino si reca dal Rajah, chiedendogli udienza riservata per rivelargli un segreto. Sospettando che quanto sta avvenendo sia legato al suo fidanzamento, Gamzatti si nasconde per origliare la conversazone dei due, apprendendo così dell’amore di Nikia e Solor. Intanto, Gamzatti convoca Nikia per comunicarle che dovrà danzare alla sua festa di nozze e le mostra il ritratto del fidanzato. Alla vista di Solor, Nikia, dapprima incredula, si rifiuta di danzare, grida che Solor ama solo lei, rifiuta sdegnosamente i regali che Gamzatti le propone perché rinneghi il proprio amore, affema che preferisce morire piuttosto che rinunciare a Solor e, in un impeto di disperazione, cerca di pugnalare la figlia del Rajah, ma viene fermata da un servo. Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di vendicarsi uccidendo Nikiya. Anche se adirato nei confronti di Solor, il Rajah non cambia la sua decisione: Solor e Gamzatti si sposeranno e la baiadera dovrà morire. A nulla valgono preghiere e minacce del Brahmino, che non si aspettava una simile decisione. Il Rayah è irremovibile.
II Atto:
Nel giardino del palazzo del Rajah si sta celebrando la festa nuziale. Alle danze delle baiadere per il festeggiamento prendono parte, per ordine del Rayah, la stessa Nikia e Aya, la confidente di Gamzatti. Nikia deve intrattenere gli ospiti danzando, ma non riesce a nascondere il dolore e la delusione. La sua è una danza di dolore, punteggiata da un continuo dialogo di sguardi con l’amato. Quando un fachiro, su richiesta di Aya, le consegna un cesto di fiori a nome di Solor, la danza della baiadera si colma di incontenibile gioia, ma, all’improvviso, viene morsa da un serpente velenoso, nascosto tra i fiori. Morendo, Nikia intuisce l’inganno e comprende che ad ucciderla è la vendicativa Gamzatti. Il fachiro uccide il serpente, mentre il Brahmino le propone di salvarla, offrendole un antidoto, a patto che lei accetti di sposarlo ma Nikyia risponde col rifiuto e danza fino alla morte, fedele al suo amato Solor, che si allontana con la promessa sposa. Mentre Nikia muore, Solor si dispera e fugge dalla cerimonia.
III Atto:
Inconsolabile e tormentato dal rimorso, Solor prega il fachiro Mahedawee di distrarlo dai suoi tetri pensieri. Questi gli offre un particolare veleno. Sotto l’effetto dei fumi del narghilé e della danza magica del fachiro, Solor sprofonda nel mondo dei sogni, per ritrovarsi nel regno delle ombre. Davanti a lui, dalle tenebre emergono le ombre, come una lunga catena scendono dai pendii dei monti. Tra le ombre Solor vede Nikia, alla quale giura nuovamente fedeltà eterna.
IV Atto:
Risvegliatosi, Solor si precipita al tempio per chiedere perdono agli dei, ma è troppo tardi. Il matrimonio con Gamzatti è stato preparato e non c’è più modo di impedirlo. Entra dunque nel tempio per celebrare le nozze, ma durante la cerimonia il fantasma di Nikiya continua ad apparirgli, rammentandogli il suo sacro giuramento. Durante le nozze tra Solor e Gamzatti, quando Solor sta per dare il consenso nuziale a Gamzatti, rompendo così la promessa sacra fatta a Nikiya, la furia degli dei lo punisce per l’amore tradito. Tra tuoni e lampi, gli dei fanno crollare le pareti del tempio, seppellendo e uccidendo tutti sotto le macerie. Per Solor il mondo reale cessa di esistere e l’ombra della splendida Nikia lo trascina con sé. Le anime di Solor e Nikiya sono così riunite per l’eternità in un mondo migliore.
Alberto Soave
Associazione Culturale Intermusica
Il guerriero Solor è innamorato della Baiadera Nikia. Prima di partire con i suoi guerrieri per la caccia alla tigre, Solor incarica il fachiro Mahedawee di comunicare a Nikia che l’attenderà al tempio. Solor, soddisfatto per la buona caccia, manda in dono al Rajah una tigre da lui cacciata. Dal tempio escono solennemente il Grande Brahmino e gli altri sacerdoti per celebrare il rito di adorazione del fuoco. I fachiri e le baiadere, tra cui la bella Nikia, eseguono le danze sacre. Dimentico del suo ruolo e del voto di castità, il Grande Brahmino dichiara a Nikia il proprio amore, giurando di deporre ai suoi piedi tutte le ricchezze dell’India, ma ottiene il fermo rifiuto della ragazza. Per vendicarsi, il Bramino manda il fachiro Magdaveya ad avvisare Nikiya che Solor la sta aspettando al tempio. Mentre con le altre baiadere serve ai fachiri l’acqua consacrata, il fachiro Mahedawee trasmette segretamente a Nikia il messaggio di Solor. Quando è scesa la notte, Solor attende al tempio di essere visto da Nikia, la quale esce dal tempio con un servo e incontra Solor, che vorrebbe fuggire insieme a lei. Ella acconsente, ma prima costringe Solor ad un giuramento d’amore eterno davanti al fuoco sacro. Nonostante la sorveglianza del fedele fachiro, che veglia sul loro incontro, il Grande Brahmino riesce di nascosto ad ascoltare la loro conversazione, il giuramento di fedeltà eterna di Solor, la proposta di fuggire insieme. La sua vendetta sarà tremenda. Il mattino seguente il Rajah, impressionato dal dono di Solor, offre a quest’ultimo la mano di sua figlia. Solor non vuole offendere il Rayah ed è incapace di reagire, anche se il ricordo di Nikia e del giuramento fattole lo tormenta. Quindi il Rayah annuncia alla figlia Gamzatti che potrà finalmente vedere l’uomo da lui sceltole come promesso sposo, il coraggioso Solor. Il Rajah presenta i due giovani e li dichiara ufficialmente fidanzati. Solor è molto colpito dalla bellezza di Gamzatti. Prima della festa di nozze, cui dovrà partecipare anche Nikia, come danzatrice del tempio, il Grande Brahmino si reca dal Rajah, chiedendogli udienza riservata per rivelargli un segreto. Sospettando che quanto sta avvenendo sia legato al suo fidanzamento, Gamzatti si nasconde per origliare la conversazone dei due, apprendendo così dell’amore di Nikia e Solor. Intanto, Gamzatti convoca Nikia per comunicarle che dovrà danzare alla sua festa di nozze e le mostra il ritratto del fidanzato. Alla vista di Solor, Nikia, dapprima incredula, si rifiuta di danzare, grida che Solor ama solo lei, rifiuta sdegnosamente i regali che Gamzatti le propone perché rinneghi il proprio amore, affema che preferisce morire piuttosto che rinunciare a Solor e, in un impeto di disperazione, cerca di pugnalare la figlia del Rajah, ma viene fermata da un servo. Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di vendicarsi uccidendo Nikiya. Anche se adirato nei confronti di Solor, il Rajah non cambia la sua decisione: Solor e Gamzatti si sposeranno e la baiadera dovrà morire. A nulla valgono preghiere e minacce del Brahmino, che non si aspettava una simile decisione. Il Rayah è irremovibile.
II Atto:
Nel giardino del palazzo del Rajah si sta celebrando la festa nuziale. Alle danze delle baiadere per il festeggiamento prendono parte, per ordine del Rayah, la stessa Nikia e Aya, la confidente di Gamzatti. Nikia deve intrattenere gli ospiti danzando, ma non riesce a nascondere il dolore e la delusione. La sua è una danza di dolore, punteggiata da un continuo dialogo di sguardi con l’amato. Quando un fachiro, su richiesta di Aya, le consegna un cesto di fiori a nome di Solor, la danza della baiadera si colma di incontenibile gioia, ma, all’improvviso, viene morsa da un serpente velenoso, nascosto tra i fiori. Morendo, Nikia intuisce l’inganno e comprende che ad ucciderla è la vendicativa Gamzatti. Il fachiro uccide il serpente, mentre il Brahmino le propone di salvarla, offrendole un antidoto, a patto che lei accetti di sposarlo ma Nikyia risponde col rifiuto e danza fino alla morte, fedele al suo amato Solor, che si allontana con la promessa sposa. Mentre Nikia muore, Solor si dispera e fugge dalla cerimonia.
III Atto:
Inconsolabile e tormentato dal rimorso, Solor prega il fachiro Mahedawee di distrarlo dai suoi tetri pensieri. Questi gli offre un particolare veleno. Sotto l’effetto dei fumi del narghilé e della danza magica del fachiro, Solor sprofonda nel mondo dei sogni, per ritrovarsi nel regno delle ombre. Davanti a lui, dalle tenebre emergono le ombre, come una lunga catena scendono dai pendii dei monti. Tra le ombre Solor vede Nikia, alla quale giura nuovamente fedeltà eterna.
IV Atto:
Risvegliatosi, Solor si precipita al tempio per chiedere perdono agli dei, ma è troppo tardi. Il matrimonio con Gamzatti è stato preparato e non c’è più modo di impedirlo. Entra dunque nel tempio per celebrare le nozze, ma durante la cerimonia il fantasma di Nikiya continua ad apparirgli, rammentandogli il suo sacro giuramento. Durante le nozze tra Solor e Gamzatti, quando Solor sta per dare il consenso nuziale a Gamzatti, rompendo così la promessa sacra fatta a Nikiya, la furia degli dei lo punisce per l’amore tradito. Tra tuoni e lampi, gli dei fanno crollare le pareti del tempio, seppellendo e uccidendo tutti sotto le macerie. Per Solor il mondo reale cessa di esistere e l’ombra della splendida Nikia lo trascina con sé. Le anime di Solor e Nikiya sono così riunite per l’eternità in un mondo migliore.
Alberto Soave
Associazione Culturale Intermusica
GALLERY
APPROFONDIMENTO
(...) Tutta la storia ruota attorno alla sacralità del giuramento: il povero Solor sbaglia clamorosamente a sottovalutare un giuramento compiuto di fronte agli dei. E’ a causa della sacralità del giuramento d’amore che gli dei distruggono il tempio dove si sta per celebrare il matrimonio illecito fra Solor e Gamzatti. Tanto è sacro il giuramento per Nikia (all’inizio della storia, quando il Bramino le fa la sua offerta d’amore rinunciando alla sua carica, ella inorridisce proprio perché egli sta rompendo un giuramento sacro) tanto Solor non riesce a coglierne l’importanza, trascinando la sua amata, a causa della sua incapacità di agire, in una spirale tragica di gelosia e di morte. Ma Nikia non è un fantasma benevolo, come Giselle; la sua storia è intessuta di dolore fin dall’inizio (unico breve spiraglio, il pas de deux d’amore del prologo) e lei è un personaggio totalmente solo, forse il più solo del balletto classico. Le Ombre delle baiadere non sono fantasmi vendicativi come le Villi: appaiono senza sentimenti, semplicemente congelate nella loro dimensione parallela, tra l’aldilà e il mondo dei vivi.
L’arabesque ripetuto ossessivamente dalle trentadue ballerine nella celeberrima discesa in palcoscenico, straordinaria invenzione scenica di Petipa, è il segno delle anime intrappolate che non riescono a liberarsi. Gli arabesques penchée delle Ombre rendono il concetto di un qualcosa di congelato in una ripetizione: sono anime rimaste imprigionate in un luogo né al di là né al di qua. Sono fantasmi ancora legati al mondo terreno e alla loro sofferenza che ripetono ossessivamente (l’arabesque penché dà il senso del dolore e dell’oppressione, la ripetizione allude a un gesto ossessivo e vuoto). Non a caso in tutti i racconti di fantasmi c’è sempre un rituale o un gesto ripetitivo, legato alla sofferenza vissuta sulla terra (una morte violenta, un assassinio). Nel caso delle Ombre, come in quello delle Villi, si tratta della sofferenza d’amore che, come sappiamo, può essere devastante. In Nikiya si somma alla morte violenta e improvvisa, che causa uno shock all’anima che non si rende conto del trapasso e rimane legata alla terra, visitando i luoghi dov’era vissuta, come istupidita dal dolore. Il pas de deux di Nikiya e Solor non è un vero e proprio incontro come quello di Giselle e Albrecht; si svolge in un’atmosfera onirica e i due protagonisti paiono non rendersi nemmeno conto di essersi incontrati (lui è nei fumi dell’oppio e ha la coscienza oscurata); rivivono il pas de deux del primo atto ma in un’atmosfera completamente diversa, come due automi. Ciò è evidenziato dalla coreografia: il jeté di Nikiya e la sua diagonale di pirouettes velocissime, quasi meccaniche, che chiude l’atto. (...) (Alberto Soave) Associazione Culturale Intermusica La Bayadère fu la creazione più originale di Marius Petipa, oltre ad essere il più famoso e celebrato dei balletti esotici. La musica fu composta dal compositore austriaco Leon Minkus. Nonostante l’ambientazione del balletto nell’antica India, la musica di Ludwig Minkus, anche nelle variazioni dei personaggi, non fa quasi nessun riferimento alle forme tradizionali di danza e musica indiana. Il balletto era essenzialmente una visione dell’Oriente meridionale attraverso gli occhi europei del XIX secolo. Sebbene alcune sezioni della partitura di Minkus contengano melodie che ricordano l’oriente meridionale, la sua partitura è un esempio definitivo del musique dansante in voga in quel momento e non si discosta affatto dalla solita serie di polke melodiose leggermente orchestrate, adagi, valzer viennesi e mazurke. A tale proposito, la coreografia di Petipa conteneva vari elementi che ricordavano allo spettatore l’ambientazione del balletto, ma non si allontanò mai dal canone del balletto classico.
Il più grande coreografo ottocentesco, Marius Petipa, autore sia del soggetto che della coreografia originale, mise in scena paesaggi esotici, promesse d’amore tradite, sentimentalismo e tragedia, assieme ad evocazioni soprannaturali. La Bayadère è un tipico prodotto del periodo in cui venne scritta e montata: una storia melodrammatica, frammentata da vari episodi, che si svolge in una terra antica ed esotica, perfetto veicolo di danze e scene di mimo in atmosfere sontuose e ricche. In quegli anni, Petipa preferiva i soggetti della tradizione del balletto romantico, tipici balletti melodrammatici che coinvolgevano un triangolo amoroso e presentavano donne soprannaturali che racchiudevano l’ideale femmineo. La trama piuttosto tragica de La Bayadère è sicuramente conforme a questi modelli. Ambientato nell’antica India, tocca il tema dell’esotico orientale, che era un tema molto comune usato durante il balletto del XIX secolo. Nel 1838, il fascino per l’esotico aumentò, quando una troupe di ballerini indiani visitò Parigi. L’ispirazione di Petipa per La Bayadère fu probabilmente dovuta alla visita del Principe di Galles in India nel 1875, che fu narrata da tutti i giornali e le riviste europei. Un’altra possibile fonte d’ispirazione avrebbe potuto essere il balletto Sacountala di suo fratello Lucien, che fu presentato all’Opèra di Parigi il 14 luglio 1858, basato sull’omonima commedia del poeta indiano Kalidasa. Le origini de La Bayadère sono piuttosto oscure e il dibattito è aperto su chi sia responsabile della creazione del libretto del balletto. Di solito nella San Pietroburgo zarista, prima del debutto, si pubblicava sul una lista di danze e un articolo che descrivesse la genesi del lavoro. Nel caso de La Bayadère non si citò nessun autore del libretto. Quando Petipa allestì di nuovo il balletto nel 1900, la Gazzetta di San Pietroburgo pubblicò il libretto, questa volta facendo il nome di Sergei Khudekov, scrittore e drammaturgo, come autore. Petipa scrisse una lettera di rettifica all’editore del giornale, nella quale affermava che solo lui era l’autore del libretto, così come della coreografia, mentre Khudekov aveva contribuito in minima parte come direttore di scena. Il balletto trae ispirazione, indubbiamente, da “Sakountala“, balletto su musica di E. Reier, libretto di Théophile Gauthier e coreografia di Lucien Petipa, fratello di Marius. Nel 1839, una compagnia itinerante di autentiche bayadere indiane visitò Parigi e lo scrittore Theophile Gautier rimase affascinato dalla ballerina principale della compagnia, la misteriosa Amani. Anni dopo, nel 1855, Gautier apprese che la ballerina si era impiccata a Londra durante una crisi depressiva e, in sua memoria, scrisse il libretto di Sakountala, derivato in parte da un lavoro teatrale del poeta indiano Kalidasa. Il lavoro debuttò all’Opera di Parigi il 14 luglio 1858, ma fu presto dimenticato. Un altro lavoro con temi simili di un’India esotica che potrebbe aver ispirato Petipa fu l’opera-balletto in due atti di Filippo Taglioni dal titolo Le Dieu et la Bayadére ou La courtisane amoureuse, presentato a Parigi il 13 ottobre 1830 dalla compagnia dell’Académie Royale de Musique. Tra il pubblico ad assistere a questo balletto c’era anche il giovane Marius Petipa. Fu un successo enorme al quale parteciparono talenti quali il famoso tenore Adolphe Nourrit e la leggendaria ballerina Maria Taglioni nel ruolo della Bayadère (l’unica parte di questo balletto che ancora si balla oggi è il Pas de Deux, noto come Grand Pas Classique). La prima rappresentazione del balletto La Bayadére avvenne a San Pietroburgo, in Russia, presso il Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny, il 23 gennaio per il calendario giuliano (5 febbraio per il calendario gregoriano) del 1877. (...) (...) La Bayadère fu creato espressamente per Ekaterina Vazem, prima ballerina del Teatro Imperiale di San Pietroburgo. Il balletto in Russia, in quel periodo, era dominato da artisti stranieri ma si cercava di incoraggiare comunque i talenti autoctoni e la Vazem, era uno di questi talenti. L’etoile russa doveva scalzare dal palcoscenico le tante colleghe straniere che nel frattempo riempivano i cartelloni e le stagioni di balletto. Il creatore del ruolo di Solor fu Lev Ivanov, primo ballerino del Teatro Imperiale, che diventerà assistente “maître de ballet” di Marius Petipa, assistente del Balletto Imperiale e Coreografo. Petipa lavorò duramente per sei mesi. Il direttore dei Teatri Imperiali, il barone Karl Karlovich Kister, non aveva alcuna simpatia per il balletto e appena possibile diminuiva il budget. A quel tempo nella San Pietroburgo zarista, l’Opera italiana era molto più in voga del balletto e la compagnia lirica monopolizzava lo spazio per le prove. La compagnia di balletto aveva solo due giorni alla settimana per le rappresentazioni mentre l’Opera andava in scena anche per sei o sette giorni. Petipa riuscì ad avere solo una prova generale in cui mettere insieme tutte le scene e le danze fino ad allora provate separatamente. Durante questa prova, Petipa ebbe un contrasto con la Vazem riguardo il Pas d’Action finale, e molti problemi con gli scenografi, che avevano costruito effetti teatrali complicati. Per peggiorare la situazione, il maestro temeva di debuttare in un teatro vuoto, poiché il barone Kister aveva aumentato il prezzo del biglietto in modo che fosse più caro di quello dell’Opera, già a sua volta piuttosto dispendioso. Invece, il successo di questa produzione fu enorme tanto da essere rappresentato per settanta volte fino al ritiro dalle scene della Vazem nel gennaio del 1884, cosa sorprendente se si pensa che a quel tempo vi erano due soli spettacoli di balletto alla settimana. Dopo questo enorme successo però il balletto venne messo da parte e ripreso da Petipa solo una volta per la ballerina Anna Johnasson nel dicembre dello stesso anno. Quando Anna Johansson si ritirò, nel 1886, scelse la Celebrazione del fidanzamento del secondo atto come passo d’addio. Questa fu l’ultima volta in cui La Bayadère fu rappresentata prima di venir ritirata dal repertorio dei balletti imperiali. Petipa rimontò un revival completo del balletto nel 1900 per i primi ballerini del Balletto Imperiale Mathilde Kschessinskaya, nel ruolo di Nikiya, Olga Preobrajenskaya nel ruolo di Gamzatti e Pavel Gerdt nel ruolo di Solor. Petipa apportò alcune modifiche, tra cui il cambio del nome della figlia del Rajah da Hamsatti a Gamzatti e cambiò l’impostazione della scena più famosa e celebrata di La Bayadère: Il regno delle Ombre , in cui Solor, sotto l’influenza dell’oppio, sogna la sua amata Nikiya in un glorioso regno celeste in cima alle montagne dell’Himalaya. Nella produzione originale del 1877, la scena era ambientata in un castello illuminato nel cielo e conteneva un enorme corpo di ballo di sessantaquattro ballerini ora ridotti a quarantotto. La coreografia semplice e accademica di Petipa doveva diventare una delle sue composizioni più celebri. L’entrata delle Ombre fu ispirata dalle illustrazioni di Gustav Doré per il Paradiso di Dante de La Divina Commedia , con ogni ballerina vestita in tutù bianco con veli distesi intorno alle braccia. Ogni ballerina fece il suo ingresso, una ad una, lungo una lunga rampa tortuosa dal palco destro con un semplice arabesque (fondu) e un cambré, seguito da due passi in avanti, in cui faceva ingresso la prossima ballerina. Lo schema sarebbe continuato così in una serpentina fino a quando l’intero corpo di ballo non avrebbe riempito il palco in otto file di otto ballerine. Quindi continuavano con semplici movimenti di adagio fino alla fine. Petipa lasciò l’entrata delle Ombre libera da complessità tecniche: l’unione del tutto e l’effetto delle ballerine discendenti era la vera bellezza, dal momento che un piccolo errore di una ballerina avrebbe rovinato l’intero scenario. (...) Nel marzo del 1903 questo pezzo fu rappresentato singolarmente per la prima volta durante una serata di gala al Peterhof in onore della visita di stato del Kaiser Guglielmo II e ben presto divenne tradizione estrapolare la Scena delle ombre dal resto del balletto. (...) Un passaggio molto interessante che è stato cambiato nei tempi moderni è la Variazione di Nikiya con la sciarpa. Oggi, questo pezzo è ballato da Nikiya con Solor che regge le estremità di una sciarpa di tulle prima che quest’ultima esca con la sciarpa, lasciando Nikiya a completare da sola il suo assolo. Nella variazione originale di Petipa, Solor non ha mai preso parte a questo passaggio: Nikiya entrava sul palco con in mano un’estremità di una lunga sciarpa di tulle, mentre l’altra estremità era attaccata a un filo nelle travi sopra il palco. Quando Nikiya lasciava la sciarpa, volava via attraverso il palco per scomparire tra le travi, come se fosse “guidata in modo soprannaturale”. La maggior parte della coreografia tradizionale, danzata da Nikiya nel regno delle Ombre non è stata coreografata da Petipa, ma da Agrippina Vaganova e Natalia Dudinskaya, che hanno dato vita ai molteplici tour in arabesque eseguiti nel passo a due della sciarpa, e aggiunsero i piqué veloci nella Grand coda. (...) Un altro importante cambiamento fu l’interpolazione, per i ballerini solisti, di nuove variazioni nel Grand Pas d’action finale. Come si usava fare ai quei tempi, Minkus non compose le variazioni per il finale del balletto perché venivano sempre eseguite ad libitum, vale a dire a scelta del danzatore. Nella partitura originale, Minkus, dopo il Grand adage del Grand Pas d’action scrisse semplicemente a margine: “seguito dalle variazioni di Solor e Gamzatti”. In genere queste variazioni erano prese da altri balletti già esistenti. Il cinquantaseienne Pavel Gerdt non poteva danzare la variazione di Solor, che venne invece danzata da Nikolai Legat. Per il Grand pas d’action egli scelse la Variation di Djalma, aggiunta da Minkus nel 1874 in occasione del revival del balletto Le Papillon. Nel 1941, Vakhtang Chabukiani coreografò questa variazione per sé stesso, ed è quella che ancora oggi si usa per il ruolo di Solor. Molte delle maggiori ballerine del tempo, come Olga Preobrajenskaya, Vera Trefilova, Anna Pavlova, Ekaterina Geltzer, Lubov Egorova, Olga Spessivtseva, trionfarono nel ruolo di Nikiya. Alberto Soave Associazione Culturale Intermusica Una tradizione moderna di La Bayadère è l’inclusione del Grand Pas d’action nel secondo atto. Tuttavia, questo Grand Pas d’action è del quarto atto ed è pensato per essere eseguito da Nikiya, Solor, Gamzatti e quattro bayadères, però, in questo numero, l’ombra di Nikiya perseguita Solor durante il suo matrimonio con Gamzatti. Oggi, tuttavia, lo scenario è completamente cambiato, in quanto è tradizionalmente interpretato da Gamzatti, Solor, quattro bayadères e due cavalieri. Questo, a sua volta, ha anche modificato lo scenario dell’intero secondo atto da un festival in onore di Badrinata a una celebrazione dell’impegno di Gamzatti e Solor. Le variazioni subirono anche cambiamenti rispetto alla produzione originale del 1877.
La famosa variazione per Solor nel Grand Pas d’action che è ballata in tutte le produzioni moderne non è la variazione originale che fu eseguita da Pavel Gerdt nel 1877, né è la variazione che fu eseguita da Nikolai Legat nel riallestimento del 1900. Per il riallestimento del 1900, Legat interpolò una variante che fu composta da Minkus per la rinascita di Le Papillon del 1874 di Petipa nel Grand Pas d’action come variazione di Solor. La variazione tradizionale che è ballata da Gamzatti non è la variazione originale composta da Minkus, ma una variazione composta da Riccardo Drigo per la regina Nisia nel Pas de Vénus di Le Roi Candaule. Nella collezione Sergeyev è la famosa Variazione di Dulcinea nella scena del sogno di Don Chisciotte. Si è creduto comunemente che questa famosa variazione di Dulcinea fosse composta da Drigo per il risveglio di Don Chisciotte del 1902 di Alexander Gorsky, ma non è così. Questa variazione fu in realtà composta da Drigo nel 1888 per la performance di Elena Cornalba in La vestale. In seguito fu interpolato in La Bayadère come Variazione di Gamzatti nel Grand Pas d’action, probabilmente da Julia Sedova, che stava ballando il ruolo di Gamzatti nel 1902 e il cui nome è nella colonna sonora dei ripetitori. Tuttavia, non è noto se questa sia la stessa variazione che è stata ballata da Olga Preobrazhenskaya nel 1900. Non è anche chiaro come la famosa variazione tradizionale per Gamzatti sia finita a La Bayadère, ma ci sono due possibilità: avrebbe potuto essere interpolata nella balletto di Preobrazhenskaya per il riallestimento del 1900 e fu poi sostituito dalla variazione eseguita da Sedova, oppure è un’aggiunta sovietica. La famosa coreografia tradizionale per questa variazione che viene comunemente ballata oggi è di Gusev. Secondo Sergei Vikharev, il Grand Pas d’action includeva una volta una variante per Nikiya composta da Drigo per Matilda Kschessinskaya nell’allestimento del 1900. Tuttavia, Vikharev non ha incluso questa variazione nella sua produzione del 2002 e ad oggi, rimane sconosciuto se la musica è sopravvissuta. Secondo Lopukhov, il revival del 1920 fu la prima produzione a presentare il Grand Pas d’action nel secondo atto. In uno dei suoi numerosi scritti, Lopukhov scrive che quando fu messa in scena nel 1920, la musica per il Grand Pas d’action fu tagliata e riorganizzata. Il Grand Pas d’action fu pesantemente rivisto nella versione tradizionale ballata oggi, con solo un piccolo frammento della coreografia di Petipa ancora in uso. La perdita del quarto atto non solo ha visto il trasferimento del Grand Pas d’action al secondo atto e l’omissione della distruzione del tempio, ma anche l’omissione di un numero raramente ballato. Questo numero è la Danza dei fiori di loto, una danza per bambini per ventiquattro studentesse, che viene eseguita dopo le Grandi Marche. Questa danza non era stata eseguita fino a quando non fu ricostruita e restaurata da Vikharev. È anche in questo numero che Nikiya fa il suo ingresso nel quarto atto. Nella messa in scena di Petipa, gli studenti fanno un cerchio nel mezzo del palco e toccano il pavimento con le loro ghirlande, dopodiché Nikiya sale sul palco attraverso una botola. Balla il resto della danza con Solor, a cui è solo visibile, inseguendola, lasciando tutti gli altri a pensare che stia perdendo la ragione. La messa in scena di Dance of the Lotus Blossoms di Vikharev non includeva Nikiya, ma il suo posto nella danza è stato restaurato da Alexei Ratmansky nella sua ricostruzione del 2018. Alberto Soave Associazione Culturale Intermusica Uno dei fatti più distintivi sulle produzioni moderne di La Bayadère è la perdita del quarto e ultimo atto, in cui, durante il matrimonio di Gamzatti e Solor, Solor è ossessionato dall’ombra di Nikiya e il tempio viene distrutto dagli dei, come vendetta per la morte di Nikiya.
La prima produzione a omettere il quarto atto fu il riallestimento di Alexander Gorsky del 1907 della sua produzione originale del 1904 per il balletto imperiale di Bolshoi. La ragione per cui Gorsky aveva omesso il quarto atto era perché a quel punto l’amministrazione del Teatro Imperiale di San Pietroburgo aveva smesso di noleggiare i set. Anni dopo, la produzione post-Rivoluzione del 1920 presso l’ex Imperial Mariinsky Theater omise anche il quarto e ultimo atto e modificò lo scenario, mentre la partizione sonora di Minkus fu adattata da Boris Asafiev, trasferendo la musica per l’apoteosi nel quarto atto alla Grand coda del Grand Pas Classqiue del terzo atto per concludere il balletto. Fyodor Lopukhov affermò che il quarto atto fu rimosso perché al teatro mancava lo staff tecnico necessario per organizzare la distruzione del tempio. Sebbene Gorsky sia stato il primo a omettere il quarto atto, la sua produzione e i suoi successivi risvegli non furono mai messi in scena fuori Mosca. Fu il revival del 1920 che alla fine lasciò il posto alla tradizione di omettere il quarto atto e di eseguire il Grand Pas d’action nel secondo atto. Tuttavia, la spiegazione di Lopukhov per l’omissione del quarto atto nel risveglio del 1920 non spiega perché sia stato permanentemente rimosso dal balletto mentre riapparve sul palcoscenico russo. Il quarto atto di La Bayadère fu eseguito per l’ultima volta in Russia nel 1924 circa, dopo di che, è scomparso dal balletto. Non esiste una spiegazione concreta per la perdita dell’Atto 4, ma ci sono diverse possibilità:
Alberto Soave Associazione Culturale Intermusica Dalla prima entrata in scena della ballerina è risultato evidente che ella aveva molto meditato sul ruolo, si sentiva la baiadera e, introiettata pienamente l'idea degli autori del balletto, ne ha dato una piena caratterizzazione. La S.ra Kšesinskaja è molto attraente nella Bayadère, dove danza con ardore, energia, espressività. Nel primo e nel terzo quadro le danze della S.ra Kšesinskaja hanno un carattere plastico: ella vi conferisce un'impronta di voluttà e di languore orientale. Nelle danze delle Ombre la S.ra Kšesinskaja è un poetico essere etereo: sono danze con una quantità di giri e pirouettes sulle punte e sono state eseguite in forma brillante, così come l'ultimo pas d'action, nel quale la Prima ballerina ha una bella variazione. La Bayadère è un balletto difficile per la Prima ballerina: in quasi tutti gli atti non lascia mai la scena, che danzi o che reciti. La S.ra Kšesinskaja è stata stupenda ovunque, nella danza con il serpente addirittura seducente. I suoi numeri sono stati accompagnati da grandissimi applausi e la ballerina ha ottenuto un enorme successo. A mio parere La Bayadère è il ruolo migliore della S.ra Kšesinskaja, non solo dal lato coreografico ma anche per l'intenso gioco drammatico. La scena della gelosia delle due rivali, la S.ra Kšesinskaja e l'altra Prima ballerina, la S.ra Preobraienskaja, è stata interpretata vividamente. Entrambe le rivali hanno profuso molta energia e drammaticità nella rappresentazione di una violenta gelosia e hanno suscitato una forte impressione. [...] I costumi migliori erano quelli della S.ra Kšesinskaja: giallo con argento nel primo quadro e bianco diafano con azzurro rifinito di perle nel terzo quadro, dove si è visto il suo costume più d'effetto, ornato di specchietti in miniatura. [...1 Alla S.ra Kšesinskaja sono stati portati bouquet e ricche canestre di fiori.
L'Eco teatrale. Beneficiata del Sig. Gerdt, "Gazzetta di Pietroburgo", 4 dicembre 1900 (traduzione di Valentina Bonelli, dal libretto di sala de 'La Bayadere', Teatro alla Scala , stagione 2021-2922) CURIOSITA'
Quando un nuovo balletto toccò a me, venne il ruolo della baiadera Nikiya nella Bayadère, una produzione di Petipa dell'inizio del 1877 per la mia beneficiata (1). Di tutti i balletti creati per me, questo era il mio preferito. Mi piaceva il suo meraviglioso libretto, assai teatrale, le interessanti, pittoresche danze dei più svariati generi e infine la musica di Minkus, particolarmente riuscita per la melodia e adatta al carattere delle scene e delle danze.
Dell'allestimento della Bayadère ho un ricordo legato al mio scontro con Petipa alle prove (2). Nel terzo quadro la baiadera Nikiya interpreta una danza con un cestino di fiori su un tempo relativamente lento. Per questo numero mi avevano confezionato un costume orientale con fusciacche e braccialetti ai piedi. Petipa aveva composto questa danza con cabrioles, ovvero slanci in alto di una gamba sull'altra. Io gli feci notare che quei passi non si accordavano affatto né alla musica né al costume: come si possono fare cabrioles con i pantaloni ampi? Il maître de ballet, come d'abitudine, si mise a discutere: era convinto che io lo contraddicessi per ostinazione. Dopo una lunga discussione, convenimmo insieme che la danza di Nikiya sarebbe stata composta di movimenti fluidi e pose plastiche e che avrebbe avuto il carattere di una scena drammatica, come una sorta di monologo tragico rivolto dalla baiadera all'amato Solor. In tal modo la spuntai, ma Petipa, evidentemente, mi serbava rancore. Iniziarono le prove dell'ultimo Atto (3). Qui Solor celebra le nozze con la principessa Gamzatti, ma la loro unione è rovinata dall'ombra della baiadera, uccisa per volere della fidanzata affinché non ostacolasse il matrimonio. L'intromissione di Nikiya è espressa con un Grand pas d'action cui prendono parte Solor, Gamzatti e i solisti, in mezzo ai quali improvvisamente appare l'ombra di Nikiya, visibile solo alla principessa. Io danzavo l'Ombra e per la mia entrata Petipa aveva composto di nuovo qualche pas assurdo, sgraziato, un'inezia qualsiasi. Io, senza soggezione, rifiutai la coreografia che non era "in musica", no, e neppure corrispondeva all'idea generale della danza. Per l'entrata dell'Ombra che appare tra i festeggiamenti nuziali ci voleva qualcosa di più suggestivo delle sciocchezze di poco effetto escogitate da Petipa. II maître de ballet intanto era già irritato: l'ultimo Atto in generale non gli era riuscito, mentre egli voleva a tutti i costi terminare l'allestimento della Bayadère quello stesso giorno. Così, in fretta, mi compose qualcos'altro, ancora meno riuscito. Io di nuovo, tranquillamente, gli obiettai che quella roba non l'avrei danzata. Allora egli andò completamente fuori di sé e con stizza si mise a strillare: "lo non capisco: che cosa volete danzare? Questo non potete, quell'altro non potete! [...] Che virtuosa siete, se non potete fare niente? (4)" Senza dire una parola, raccolsi le mie cose e lasciai la prova, che in tal modo dovette cessare. Il giorno dopo, come se nulla fosse accaduto, di nuovo avviai con Petipa il discorso sulla mia entrata nell'ultimo Atto. Evidentemente la sua fantasia creativa si era del tutto esaurita. Avendo fretta di ultimare l'allestimento, egli mi annunciò: "Se non potete danzare nient'altro, allora fate quello che fa Madame Goršenkov". Goršenkova, che danzava la principessa, eccelleva per la straordinaria leggerezza, e la sua entrée consisteva in una serie di salti alti: jetés dal fondo della scena alla ribalta. Ordinandomi di interpretare il suo pas, il maître de ballet voleva colpirmi: io ero una ballerina terre-à-terre, specialista nella tecnica di danza complicata, virtuosistica, e non possedevo, in generale, la capacità di "volare". Ma non cedetti. "Bene", risposi, "ma giusto per varietà eseguirò quel pas non dall'ultima, ma dalla prima quinta: il che era di gran lunga più difficile, perché per l'effetto dei salti non si può approfittare della pendenza della scena. "Come volete, come volete", rispose Petipa, e diede inizio alla prova. Bisogna premettere che alle prove di scena io non danzavo mai, marcando il disegno approssimativo dei miei pas senza neppure indossare le scarpette. Così fu anche quella volta. Nel momento del pas d'action, camminai semplicemente sulla scena tra i ballerini. Venne il giorno della prima prova con l'orchestra in teatro. Qui, beninteso, dovetti prendere parte alle danze. Il maître de ballet, come volesse togliersi la responsabilità del suo pas d'action, disse agli artisti: "Non so cosa farà Madame Vazem: lei non danza mai alle prove". La prova si svolse come di consueto. Arrivammo, finalmente, all'ultimo Atto e al pas d'action. Io ero nella prima quinta, aspettando la mia entrata. Dentro di me ribolliva una rabbia a lungo trattenuta. Volevo proprio dare una lezione a quel francese presuntuoso: che vedesse con i suoi occhi quale virtuosa io fossi! Ed ecco arrivare la mia entrata. Sui primi suoni della sua musica raccolsi tutte le mie forze, che per i nervi sembravano triplicate, e volai letteralmente sulla scena, saltando persino al di sopra delle teste delle ballerine del gruppo che stavano in ginocchio. Attraversata la scena in tre salti, mi fermai, come pietrificata. Tutta la troupe in scena e in sala proruppe in un fragoroso applauso. Petipa, che si trovava in palcoscenico, evidentemente si convinse subito del suo comportamento scorretto nei miei confronti, perché venne verso di me e disse: "Madame, scusate, sono uno sciocco...". Quel giorno in tutto il teatro si sparse la voce del "trucco" della Vazem. Tutti i dipendenti del Teatro cercavano di intrufolarsi in una prova della Bayadère per vedere i miei salti. Sullo spettacolo non occorre dilungarsi. L'accoglienza che mi riservò il pubblico fu meravigliosa. Oltre all'ultimo Atto, ci applaudirono tutti molto per il quadro del "Regno delle Ombre", che a Petipa era riuscito molto bene. Tutte le danze erano piene di poesia: il maître de ballet aveva tratto i disegni dei gruppi dalle illustrazioni di Gustave Doré per il Paradiso della Divina Commedia di Dante. Un successo clamoroso toccò alla mia variazione sull'assolo di violino di Auer, con il velo che alla fine volava in alto." (5) Ekaterina O. Vazem Memorie di una ballerina del Teatro Bolshoi di San Pietroburgo, 1867-1884 San Pietroburgo-Mosca 2009 (traduzione di Valentina Bonelli, dal libretto di sala de 'La Bayadere', Teatro alla Scala , stagione 2021-2922) (1) Rappresentazione teatrale a beneficio particolare di uno degli attori/ballerini (2) Era nota l'avversione della Vazem per Petipa (3) Il quarto atto venne soppresso negli anni Venti del Novecento, principalmente a causa delle difficoltà logistiche ed economiche che la scena del crollo del Tempio comportava, nonché per la perdita delle scenografie nell'alluvione del 1924. (4) Nel testo originale, intraducibile in italiano, la Vazem storpia il russo di Petipa, che non imparò mai a parlare correttamente la lingua del paese in cui visse per sessant'anni. (5) Quello che a partire dalle produzioni sovietiche è diventato il Pas de deux del velo tra Nikiya e Solor nel terzo atto originariamente era un assolo di Nikiya con il velo. BALLETTI CORRELATI
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