Marino Palleschi
2. LA LINEA DI SVILUPPO ANGLO-AMERICANA SECONDO LO STILE FIABESCO DEL MODELLO DI BASE
(Sergeev, Ashton, Romanov per i Ballets Russes de Montecarlo, Christensen, Balanchine, Wright, Alicia Alonso, ecc.)
La musica dello Schiaccianoci è danzata per la prima volta in occidente in proposte che nulla hanno a che vedere col balletto di Ivanov. Nel 1910 i Ballets Russes di Diaghilev presentano una versione del Lago dei Cigni dove Nijinsky danza una variazione di Sigfried sulla musica del passo a due della Fata Confetto. Una cosa analoga si ripete dieci anni dopo con La Bella dei Ballets Russes, che usa la musica appena citata per una variazione della Fata dei Lillà e include, nell’ultimo atto, la Danza Araba e la Danza Cinese. La musica dello Schiaccianoci è nuovamente danzata in occidente al Drury Lane di Londra nel 1920 da Anna Pavlova e Alexandr Volinin, ma si tratta di un balletto in un atto dal titolo Fiocchi di neve, concepito da Ivan Clustine, coreograficamente completamente diverso dall’originale, salvo il passo a due finale, mantenuto come un cammeo.
Soltanto una quindicina d’anni più tardi arriva in occidente l’intero balletto e proprio in una versione assai aderente al modello di Ivanov. Si tratta della ricostruzione per mano di Nikolaj Sergeev, già maître de ballet e régisseur général del Marijinsky, effettuata sulla base del manoscritto annotato nella scrittura Stepanov, portato con sé a Londra nella sua fuga dalla rivoluzione d’ottobre. Il documento, assieme ad altri relativi a grandi capolavori del repertorio, è oggi conservato ad Harvard e registra la versione di Schiaccianoci proposta a San Pietroburgo nei primissimi anni del ‘900 e, dunque, assai aderente al modello di Ivanov. Ulteriore garanzia di fedeltà alla tradizione pietroburghese sono gli interventi di Lydia Lopokova, che assiste Sergeev nel suo lavoro, e il fatto che, al momento della prima di Schiaccianoci nel 1892, Sergeev era già studente degli ultimi anni alla Scuola Imperiale di San Pietroburgo e che, poco dopo, aveva ricostruito il balletto al Marijnsky. La proposta, curata per il Vic-Wells Ballet – il futuro Royal Ballet – debutta al Sadler’s Wells Theatre di Londra il 30 gennaio 1934 con scene di Hedley Briggs e un corposo intervento dei bambini del coro di Lord Mayor per la battaglia tra topi e soldatini. Alicia Markova è la Fata Confetto, Stanley Judson il suo cavaliere e Robert Helpmann interpreta la danza cinese. Il 21 aprile successivo nel ruolo di un fiocco di neve fa il suo debutto in palcoscenico Margot Fonteyn. Di lì a tre anni, nella ripresa con scene del pittore Mstislav Dobjinsky, Helpmann passerà al ruolo principale come partner di Margot Fonteyn, ora debuttante nel ruolo di Fata Confetto. L’importante versione Sergeev viene condensata in un atto nel 1951 da Frederick Ashton per il medesimo Balletto, che ha, però, cambiato il nome in Sadler’s Wells. La produzione ha scene di Cecil Beaton e, come prestigiosi interpreti, Svetlana Beriosova e David Blair.
Nel frattempo, nel corso degli anni ’30 proliferano le revisioni britanniche concepite sulla base della proposta Sergeev e si concretizzano in versioni influenzate pittoricamente dalla contemporanea Art Deco. A differenza dalle produzioni russe sono prive di elementi realistici, ma rivelano una grande attenzione, nella drammaturgia, al mondo fiabesco dell’infanzia. Anche in questi casi tale componente esclude completamente digressioni psicoanalitiche e, tendenzialmente, i lavori restano fedeli a un personaggio che rimane adolescente e che è sempre ben distinto da quello adulto della Fata Confetto. Tra queste produzioni si citano: la suite diffusa dal Markova-Dolin Ballet; l’allestimento con scene di William Chappel voluto nel 1936 da René Blum per Les Ballets de Monte Carlo all’Alhambra Theatre di Londra e, soprattutto, la versione prodotta da Boris Romanov, anch’essa messa in scena nel 1936 e portata in tournée in tutta Europa dai Ballets Russes de Montecarlo per l’interpretazione di Vera Nemchinova, Anatole Oboukhoff e, nelle riprese, di Tamara Toumanova e Alexandra Danilova. Nel 1940 sono gli stessi Ballets Russes de Montecarlo a portare in America, con splendide scene di Alexandre Benois, una forma abbreviata in un atto di questa versione, dopo averle fatto subire un restyling concepito, con l’intenzione di aderire il più possibile al modello originale, da parte di Alexandra Fedorova, cognata di Mikhail Fokine, solista al Marijnsky, che già aveva ricostruito nel 1928 una versione fedele alla versione Ivanov per il Balletto dell’Opera di Riga. Coi Ballets Russes saranno interpreti a New York la Markova e André Eglevsky.
Bisogna aspettare il 1944 per la prima versione completa americana: è quella firmata e interpretata da William Christensen per il San Francisco Ballet, surclassata in celebrità dieci anni dopo dalla storica versione di George Balanchine, il suo primo balletto a serata intera per il New York City Ballet, che vede la luce il 2 febbraio 1954 al City Center di New York con costumi di Karinska e scene di Horace Armistead, sostituite definitivamente da quelle di Ter-Arutunian in occasione della revisione del 1964 per mano dello stesso Balanchine. Da questo momento la giovane protagonista nella versione Balanchine si chiama Maria. La prima Fata Confetto di questa proposta è Maria Tallchief affiancata dal Cavaliere di Nicholas Magallanes e da 39 bambini della scuola dell’American Ballet. Lo stesso Schiaccianoci, quando prende vita, è un bimbo, come del resto anche Clara. Repliche proposte dal New York City Ballet si susseguono annualmente in scena e per televisione e nel corso degli anni hanno visto le applauditissime interpretazioni di Suzanne Farrell e Peter Martins, di Darci Kistler e Damian Woetzel. Balanchine arricchisce il racconto con particolari tratti da Hoffmann, anche introducendo un giovane nipote di Drosselmeyer, ma, nonostante il ritorno a Hoffmann, il georgiano segue l’impalcatura del modello di Ivanov a lui ben noto per averlo ballato al Marijnsky nel ruolo di Schiaccianoci e in precedenza in altri ruoli infantili. La sua versione è, almeno nello spirito, la più aderente a quella di Ivanov, anche se abolisce la Regina delle Nevi, introduce un secondo ruolo principale con la Goccia di Rugiada nel Valzer dei Fiori e cambia la struttura del passo a due della Fata facendole danzare la variazione all’inizio del secondo atto, e solo alla fine adagio e coda, omettendo la variazione del cavaliere. Come omaggio alla versione Ivanov, Balanchine ne inserisce nella sua due cammei originali: il trepak danzato con cerchi da soli uomini e la lunga pantomima con la quale Schiaccianoci spiega alla Fata le vicende che hanno coinvolto Maria e lui con l’esercito di topi.
In area britannica gravita la proposta di Peter Wright del 1984 per il Royal Ballet: essa mantiene separati i ruoli di Clara e della Fata Confetto e percorre la linea più tradizionale, salvo inquadrare la vicenda in una cornice modellata sulla fiaba della noce dura, più sopra citata. Wright si rifà ad essa introducendo il personaggio del nipote di Drosselmeyer e presentando parte del consueto balletto come una serie di prove necessarie a costui per spezzare l’incantesimo che lo ha trasformato in Schiaccianoci. Infatti, al termine della versione di Wright, Drosselmeier è raggiunto nel suo laboratorio dal ragazzo, ormai liberato dal maleficio. Particolare interessante è l’ampliamento del ruolo di Clara mediante il suo coinvolgimento nelle danze di carattere. Più innovativa la creazione di Ronald Hynd del 1976 per il London Festival Ballet: il coreografo interviene sulla drammaturgia dando ampio rilievo a Lena, la sorella maggiore di Clara, attratta dalla presenza del nipote di Drosselmeyer, che il coreografo mutua dalla fiaba della noce dura.
Il National Ballet del Canada ha sostituito le versioni di Schiaccianoci di Celia Franca, incluse la produzione in quattro atti del 1955 e quella storica del 1964 con scene di Jurgen Rose, con l’omaggio innovativo che nel 1995 James Kudelka ha reso a una colorata Russia ottocentesca, a San Nicola e a Tchaikovsky, focalizzando l’attenzione sul viaggio fantastico verso l’età adulta di due litigiosi fratellini, Maria e Misha, cresciuti con la nutrice Baba in una tenuta di campagna russa, e mettendo in scena uno zio Nikolai e un loro amichetto Pietro. Costui, in un décor di Santo Loquasto ricco di riferimenti alla Russia zarista, doppierà il personaggio del Principe Schiaccianoci per ballare con una Fata Confetto uscita da un enorme uovo di Fabergé.
Fin dal 1950 il Ballet Nacional de Cuba ha avuto in repertorio il passo a due della Fata Confetto, sovente presentato assieme al Valzer dei fiori in una suite del balletto; nel 1953 una versione integrale è stata curata da Mary Skeaping e Alberto Alonso, ma nel 1998 Alicia Alonso completa i brani coreutici già ballati dalla compagnia con una proposta, in coproduzione con La Fenice di Venezia, che rispetta la massima tradizione. La Alonso si appoggia alla sua profonda conoscenza delle ricostruzioni di Sergeev, anche attraverso la versione Markova-Dolin, e di Fedorova, concedendosi una sola nota stravagante: la sostituzione di Colombina, Arlecchino e del Soldato, i pupazzi meccanici alla festa del primo atto, con altri tre, interpretati sempre da ballerini, i quali rendono omaggio a Fokine, poiché rappresentano la Ballerina, Petrushka e il Moro. La Alonso reintroduce il cavaliere della Regina delle Nevi e ricostruisce il passo a due finale verosimilmente più vicino possibile a quello originale o, comunque, ai quelli proposti nelle prime versioni europee.
Soltanto una quindicina d’anni più tardi arriva in occidente l’intero balletto e proprio in una versione assai aderente al modello di Ivanov. Si tratta della ricostruzione per mano di Nikolaj Sergeev, già maître de ballet e régisseur général del Marijinsky, effettuata sulla base del manoscritto annotato nella scrittura Stepanov, portato con sé a Londra nella sua fuga dalla rivoluzione d’ottobre. Il documento, assieme ad altri relativi a grandi capolavori del repertorio, è oggi conservato ad Harvard e registra la versione di Schiaccianoci proposta a San Pietroburgo nei primissimi anni del ‘900 e, dunque, assai aderente al modello di Ivanov. Ulteriore garanzia di fedeltà alla tradizione pietroburghese sono gli interventi di Lydia Lopokova, che assiste Sergeev nel suo lavoro, e il fatto che, al momento della prima di Schiaccianoci nel 1892, Sergeev era già studente degli ultimi anni alla Scuola Imperiale di San Pietroburgo e che, poco dopo, aveva ricostruito il balletto al Marijnsky. La proposta, curata per il Vic-Wells Ballet – il futuro Royal Ballet – debutta al Sadler’s Wells Theatre di Londra il 30 gennaio 1934 con scene di Hedley Briggs e un corposo intervento dei bambini del coro di Lord Mayor per la battaglia tra topi e soldatini. Alicia Markova è la Fata Confetto, Stanley Judson il suo cavaliere e Robert Helpmann interpreta la danza cinese. Il 21 aprile successivo nel ruolo di un fiocco di neve fa il suo debutto in palcoscenico Margot Fonteyn. Di lì a tre anni, nella ripresa con scene del pittore Mstislav Dobjinsky, Helpmann passerà al ruolo principale come partner di Margot Fonteyn, ora debuttante nel ruolo di Fata Confetto. L’importante versione Sergeev viene condensata in un atto nel 1951 da Frederick Ashton per il medesimo Balletto, che ha, però, cambiato il nome in Sadler’s Wells. La produzione ha scene di Cecil Beaton e, come prestigiosi interpreti, Svetlana Beriosova e David Blair.
Nel frattempo, nel corso degli anni ’30 proliferano le revisioni britanniche concepite sulla base della proposta Sergeev e si concretizzano in versioni influenzate pittoricamente dalla contemporanea Art Deco. A differenza dalle produzioni russe sono prive di elementi realistici, ma rivelano una grande attenzione, nella drammaturgia, al mondo fiabesco dell’infanzia. Anche in questi casi tale componente esclude completamente digressioni psicoanalitiche e, tendenzialmente, i lavori restano fedeli a un personaggio che rimane adolescente e che è sempre ben distinto da quello adulto della Fata Confetto. Tra queste produzioni si citano: la suite diffusa dal Markova-Dolin Ballet; l’allestimento con scene di William Chappel voluto nel 1936 da René Blum per Les Ballets de Monte Carlo all’Alhambra Theatre di Londra e, soprattutto, la versione prodotta da Boris Romanov, anch’essa messa in scena nel 1936 e portata in tournée in tutta Europa dai Ballets Russes de Montecarlo per l’interpretazione di Vera Nemchinova, Anatole Oboukhoff e, nelle riprese, di Tamara Toumanova e Alexandra Danilova. Nel 1940 sono gli stessi Ballets Russes de Montecarlo a portare in America, con splendide scene di Alexandre Benois, una forma abbreviata in un atto di questa versione, dopo averle fatto subire un restyling concepito, con l’intenzione di aderire il più possibile al modello originale, da parte di Alexandra Fedorova, cognata di Mikhail Fokine, solista al Marijnsky, che già aveva ricostruito nel 1928 una versione fedele alla versione Ivanov per il Balletto dell’Opera di Riga. Coi Ballets Russes saranno interpreti a New York la Markova e André Eglevsky.
Bisogna aspettare il 1944 per la prima versione completa americana: è quella firmata e interpretata da William Christensen per il San Francisco Ballet, surclassata in celebrità dieci anni dopo dalla storica versione di George Balanchine, il suo primo balletto a serata intera per il New York City Ballet, che vede la luce il 2 febbraio 1954 al City Center di New York con costumi di Karinska e scene di Horace Armistead, sostituite definitivamente da quelle di Ter-Arutunian in occasione della revisione del 1964 per mano dello stesso Balanchine. Da questo momento la giovane protagonista nella versione Balanchine si chiama Maria. La prima Fata Confetto di questa proposta è Maria Tallchief affiancata dal Cavaliere di Nicholas Magallanes e da 39 bambini della scuola dell’American Ballet. Lo stesso Schiaccianoci, quando prende vita, è un bimbo, come del resto anche Clara. Repliche proposte dal New York City Ballet si susseguono annualmente in scena e per televisione e nel corso degli anni hanno visto le applauditissime interpretazioni di Suzanne Farrell e Peter Martins, di Darci Kistler e Damian Woetzel. Balanchine arricchisce il racconto con particolari tratti da Hoffmann, anche introducendo un giovane nipote di Drosselmeyer, ma, nonostante il ritorno a Hoffmann, il georgiano segue l’impalcatura del modello di Ivanov a lui ben noto per averlo ballato al Marijnsky nel ruolo di Schiaccianoci e in precedenza in altri ruoli infantili. La sua versione è, almeno nello spirito, la più aderente a quella di Ivanov, anche se abolisce la Regina delle Nevi, introduce un secondo ruolo principale con la Goccia di Rugiada nel Valzer dei Fiori e cambia la struttura del passo a due della Fata facendole danzare la variazione all’inizio del secondo atto, e solo alla fine adagio e coda, omettendo la variazione del cavaliere. Come omaggio alla versione Ivanov, Balanchine ne inserisce nella sua due cammei originali: il trepak danzato con cerchi da soli uomini e la lunga pantomima con la quale Schiaccianoci spiega alla Fata le vicende che hanno coinvolto Maria e lui con l’esercito di topi.
In area britannica gravita la proposta di Peter Wright del 1984 per il Royal Ballet: essa mantiene separati i ruoli di Clara e della Fata Confetto e percorre la linea più tradizionale, salvo inquadrare la vicenda in una cornice modellata sulla fiaba della noce dura, più sopra citata. Wright si rifà ad essa introducendo il personaggio del nipote di Drosselmeyer e presentando parte del consueto balletto come una serie di prove necessarie a costui per spezzare l’incantesimo che lo ha trasformato in Schiaccianoci. Infatti, al termine della versione di Wright, Drosselmeier è raggiunto nel suo laboratorio dal ragazzo, ormai liberato dal maleficio. Particolare interessante è l’ampliamento del ruolo di Clara mediante il suo coinvolgimento nelle danze di carattere. Più innovativa la creazione di Ronald Hynd del 1976 per il London Festival Ballet: il coreografo interviene sulla drammaturgia dando ampio rilievo a Lena, la sorella maggiore di Clara, attratta dalla presenza del nipote di Drosselmeyer, che il coreografo mutua dalla fiaba della noce dura.
Il National Ballet del Canada ha sostituito le versioni di Schiaccianoci di Celia Franca, incluse la produzione in quattro atti del 1955 e quella storica del 1964 con scene di Jurgen Rose, con l’omaggio innovativo che nel 1995 James Kudelka ha reso a una colorata Russia ottocentesca, a San Nicola e a Tchaikovsky, focalizzando l’attenzione sul viaggio fantastico verso l’età adulta di due litigiosi fratellini, Maria e Misha, cresciuti con la nutrice Baba in una tenuta di campagna russa, e mettendo in scena uno zio Nikolai e un loro amichetto Pietro. Costui, in un décor di Santo Loquasto ricco di riferimenti alla Russia zarista, doppierà il personaggio del Principe Schiaccianoci per ballare con una Fata Confetto uscita da un enorme uovo di Fabergé.
Fin dal 1950 il Ballet Nacional de Cuba ha avuto in repertorio il passo a due della Fata Confetto, sovente presentato assieme al Valzer dei fiori in una suite del balletto; nel 1953 una versione integrale è stata curata da Mary Skeaping e Alberto Alonso, ma nel 1998 Alicia Alonso completa i brani coreutici già ballati dalla compagnia con una proposta, in coproduzione con La Fenice di Venezia, che rispetta la massima tradizione. La Alonso si appoggia alla sua profonda conoscenza delle ricostruzioni di Sergeev, anche attraverso la versione Markova-Dolin, e di Fedorova, concedendosi una sola nota stravagante: la sostituzione di Colombina, Arlecchino e del Soldato, i pupazzi meccanici alla festa del primo atto, con altri tre, interpretati sempre da ballerini, i quali rendono omaggio a Fokine, poiché rappresentano la Ballerina, Petrushka e il Moro. La Alonso reintroduce il cavaliere della Regina delle Nevi e ricostruisce il passo a due finale verosimilmente più vicino possibile a quello originale o, comunque, ai quelli proposti nelle prime versioni europee.