Andrea Roselli
Il mito di Spartaco tra letteratura, cinema e danza
Spartaco (Tracia, 104 a.C. - Lucania, 71 a.C.) è il celebre gladiatore romano che capeggiò una rivolta di schiavi, la più impegnativa delle guerre servili che Roma dovette affrontare: viene per questo motivo soprannominato "lo schiavo che sfidò l'impero". Nato da una famiglia di pastori e ridotto ben presto in pessime condizioni economiche, accettò di entrare nell'esercito romano. Tuttavia, la dura disciplina cui era obbligato e i numerosi episodi di razzismo che dovette subire all'interno della milizia, lo convinsero a disertare e a scappare. Catturato, bollato come traditore e condannato alla schiavitù, intorno al 75 a.C fu destinato a fare il gladiatore. Infatti Spartaco venne venduto a Lentulo, un organizzatore di spettacoli residente a Capua e obbligato, quindi, a combattere contro tigri, leoni e altri gladiatori solo per far divertire l'aristocrazia italica. Sopraffatto dalle improbe condizioni che Lentulo riservava a lui e ai suoi colleghi, decise di ribellarsi a questo stato di cose e nel 73 a.C. scappò dall'anfiteatro in cui era confinato. Raccolto un esercito di 40.000 schiavi, sconfisse presso il Vesuvio il pretore Publio Varinio e il console Lucio Gellio. Nel frattempo Spartaco, che aveva definitivamente rinunciato ad attaccare Roma, continuava a spingersi a Sud. Non potendo mantenere compatto un gruppo troppo numeroso, divise la sua armata in gruppi più piccoli. Uno di questi, composto da 10.000 uomini, finì sotto le grinfie delle legioni di Crasso, nominato proconsole nel 71 a.C.. E proprio da Crasso nei pressi del fiume Sele, in Lucania, fu ucciso mentre i 60.000 schiavi ribelli, fatti prigionieri, furono crocifissi dai romani lungo la via Appia.
Spartaco, divenne un personaggio leggendario, l'emblema dell'eroe romantico capace di lottare in nome della libertà e di sconfiggere i più forti eserciti del mondo grazie alla passione più che alle armi. La vicenda del gladiatore ribelle, divenuto il simbolo della lotta dei popoli oppressi contro il soggiogamento e la violenza, è stata fonte d'ispirazione per letterati, storici, uomini politici (La lega di Spartaco, 1914-1919) e condottieri. Non si deve tralasciare, infatti, il fatto che Spartaco annovera tra i suoi più grandi estimatori persino l'eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi che in una lettera destinata a Raffaello Giovagnoli, autore del celebre e breve romanzo “Spartaco”, scrive:
“Avete scolpito la figura di Spartaco, questo Cristo-redentore dei nemici, con lo scalpello di Michelangelo ed io mi sono tanto infervorato per le gloriose imprese che le lacrime hanno irrorato il mio volto. Io spero che i vostri concittadini apprezzeranno il gran merito dell'opera vostra e v'impareranno massime d'indomabile costanza nelle pugne, quando si serve la causa santa della libertà"
Anche nell’ambiente del cinema, la figura di Spartaco, ha ispirato una decina di film, tra quelli più noti e quelli minori. Come non ricordare la figura dello Spartacus (1960), Kirk Douglas sullo schermo, diretta da uno dei più grandi maestri del cinema moderno, Stanley Kubrick, che però si rifà al romanzo di Howard Fast, fino ad arrivare al colossal della Dreamworks, Il Gladiatore (2000), diretto da Ridley Scott in cui l’inattendibilità storica è esplicita nella costruzione dei personaggi e nell’anacronismo delle sfarzose scenografie. Ma tra le tante rivisitazioni cinematografiche Spartaco, il gladiatore della Tracia (1953) di Riccardo Frega, va menzionato perché il cast, che annovera attori del calibro di Massimo Girotti, vedeva la partecipazione di una stella della danza come Monika Averinova Tchemerzine, nata in realtà in Francia ma di origini russe, divenuta stella indiscussa del Balletto di Montecarlo diretto da Serge Lifar. E fu proprio Lifar, a mutare il suo nome di battesimo in quello di Ludmilla Tcherina. Tra le tante curiosità che possono essere ricordate, basta non dimenticare che la Tcherina fu la prima ballerina occidentale a “poggiar punta” sul palcoscenico del Teatro Bolshoi (Giselle, 1960), compagnia di balletto di cui tutt’oggi si crede sia stata la prima al mondo a vantare una coreografia ispirata alle gesta dello schiavo tracio.
“Avete scolpito la figura di Spartaco, questo Cristo-redentore dei nemici, con lo scalpello di Michelangelo ed io mi sono tanto infervorato per le gloriose imprese che le lacrime hanno irrorato il mio volto. Io spero che i vostri concittadini apprezzeranno il gran merito dell'opera vostra e v'impareranno massime d'indomabile costanza nelle pugne, quando si serve la causa santa della libertà"
Anche nell’ambiente del cinema, la figura di Spartaco, ha ispirato una decina di film, tra quelli più noti e quelli minori. Come non ricordare la figura dello Spartacus (1960), Kirk Douglas sullo schermo, diretta da uno dei più grandi maestri del cinema moderno, Stanley Kubrick, che però si rifà al romanzo di Howard Fast, fino ad arrivare al colossal della Dreamworks, Il Gladiatore (2000), diretto da Ridley Scott in cui l’inattendibilità storica è esplicita nella costruzione dei personaggi e nell’anacronismo delle sfarzose scenografie. Ma tra le tante rivisitazioni cinematografiche Spartaco, il gladiatore della Tracia (1953) di Riccardo Frega, va menzionato perché il cast, che annovera attori del calibro di Massimo Girotti, vedeva la partecipazione di una stella della danza come Monika Averinova Tchemerzine, nata in realtà in Francia ma di origini russe, divenuta stella indiscussa del Balletto di Montecarlo diretto da Serge Lifar. E fu proprio Lifar, a mutare il suo nome di battesimo in quello di Ludmilla Tcherina. Tra le tante curiosità che possono essere ricordate, basta non dimenticare che la Tcherina fu la prima ballerina occidentale a “poggiar punta” sul palcoscenico del Teatro Bolshoi (Giselle, 1960), compagnia di balletto di cui tutt’oggi si crede sia stata la prima al mondo a vantare una coreografia ispirata alle gesta dello schiavo tracio.
In realtà, la prima versione coreografica di Spartacus ad opera di Leonid Jacobson è andata in scena il 27 dicembre del 1956 con il complesso del balletto Kirov di San Pietroburgo; ma solamente due anni più tardi, nel 1958, vede la luce una nuova versione per il corpo di ballo del Teatro Bolscioi di Mosca ad opera del coreografo Moiseiev, fortemente convinto del successo che il balletto avrebbe accolto per l’alto motto patriottico contenuto nella vicenda perfettamente in linea con l’ideologia politica dell’epoca sovietica. Afferma in proposito Aram Khacaturjan (Tblisi, 6 Giugno 1903 - Mosca, 1 Maggio 1978), il compositore a cui venne affidata la composizione delle musiche per il balletto già per la prima versione coreografica:
"Il tema di Spartacus e della rivolta degli schiavi nella Roma antica ha una grande importanza e un altrettanto forte significato sociale nei nostri giorni. Adesso, quando tutti i popoli lottano per la loro indipendenza, quando il sistema coloniale sta per cadere definitamene, diventa importante far ricordare alla gente i nomi di quelli che all’alba della storia umana si alzavano coraggiosamente per la loro indipendenza"
Sfortunatamente, però, anche la produzione di Moiseiev ebbe molte difficoltà ad incontrare il successo, riscontrato invece, dalla terza e definitiva prova di Yuri Grigorovich del 1968: costruzione perfetta dei caratteri dei personaggi implicati nella vicenda, lirici passi a due, danze corali di effetto creati appositamente per un cast stellare: Vladimir Vassiliev nel ruolo del titolo, Ekaterina Maximova in quello dell’amata Frigia, Maris Liepa e Nina Timofeyeva, rispettivamente Crasso e sua moglie Egina. Costumi e scenografia di Simon Virsaladze. La nuova produzione di Grigorovich mantiene le musiche già composte da Khacaturjan ritenuto da molti come la figura centrale nella cultura armena ed uno dei compositori fondamentali della scuola sovietica di composizione insieme a Prokofiev e Shostakovich. Nella musica tonale di Spartacus confluiscono, infatti, tutti gli elementi del colore armeno, georgiano e russo.
"Il tema di Spartacus e della rivolta degli schiavi nella Roma antica ha una grande importanza e un altrettanto forte significato sociale nei nostri giorni. Adesso, quando tutti i popoli lottano per la loro indipendenza, quando il sistema coloniale sta per cadere definitamene, diventa importante far ricordare alla gente i nomi di quelli che all’alba della storia umana si alzavano coraggiosamente per la loro indipendenza"
Sfortunatamente, però, anche la produzione di Moiseiev ebbe molte difficoltà ad incontrare il successo, riscontrato invece, dalla terza e definitiva prova di Yuri Grigorovich del 1968: costruzione perfetta dei caratteri dei personaggi implicati nella vicenda, lirici passi a due, danze corali di effetto creati appositamente per un cast stellare: Vladimir Vassiliev nel ruolo del titolo, Ekaterina Maximova in quello dell’amata Frigia, Maris Liepa e Nina Timofeyeva, rispettivamente Crasso e sua moglie Egina. Costumi e scenografia di Simon Virsaladze. La nuova produzione di Grigorovich mantiene le musiche già composte da Khacaturjan ritenuto da molti come la figura centrale nella cultura armena ed uno dei compositori fondamentali della scuola sovietica di composizione insieme a Prokofiev e Shostakovich. Nella musica tonale di Spartacus confluiscono, infatti, tutti gli elementi del colore armeno, georgiano e russo.
Il riscontro favorevole da parte del pubblico russo, convinse Grigorovich ad inserire il balletto nei programmi delle tournée della compagnia moscovita; nel 1969 il balletto viene presentato per la prima volta in occidente; così dopo il primo debutto londinese, nel 1970 Spartacus viene applaudito anche dal pubblico del Teatro alla Scala di Milano e dal Teatro dell’Opera di Roma fino ad entrare proprio nel repertorio della compagnia di balletto dell’Ente lirico romano. In base a questo ricordiamo la ripresa del balletto con la coreografia di Grigorovich, durante la direzione Amodio per la stagione del Grande Giubileo del 2000 in collaborazione con i primi ballerini provenienti dalla compagnia di Krasnodar. In poco tempo e grazie ai riscontri positivi della critica, Spartacus diviene una delle tappe fondamentali del balletto del Novecento. Molti coreografi hanno creato una loro versione di Spartacus: Blazek per il balletto di Praga, Laslo Seregi, coreografo ungherese, per il balletto di Budapest nel 1968, Youri Vamos per il corpo di ballo dell’Arena di Verona nel 1999, Renato Zanella per il balletto dell’Opera di Vienna nel 2002. Tra i tanti interpreti di Spartacus Irek Mukhamedov è stato senza dubbio il personaggio che maggiormente viene identificato nel ruolo, dopo il "Dio della Danza" Vassiliev, ma a differenza di quest’ultimo, Mukhamedov, dopo aver vinto nel 1981 la medaglia d’oro all’International Ballet Competition di Mosca e dopo essere stato immediatamente invitato a far parte della compagnia del Bolshoi, vanta di essere il più giovane danzatore ad aver affrontato il ruolo del titolo. La sua esperienza e grande conoscenza dell’intero balletto gli hanno consentito, lo scorso marzo, di essere invitato a rimontare la versione di Grigorovich per l’Hong Kong Ballet.