Marino Palleschi
5. VERSIONI CHE RIPRENDONO LA FIABA DELLA NOCE DURA
(Lopokov, Amodio, Morris)
Si è già detto che alcuni coreografi, quali Balanchine, Wright, Hynd, introducono elementi che accennano a fatti presenti nella parte intermedia del racconto di Hoffmann, quella espunta da Petipa, ossia nella fiaba della noce dura. Qui aggiungiamo qualche considerazione sugli altri autori che, non limitandosi, come i citati, ad introdurre un nipote di Drosselmeyer, danno ampio spazio all’intera fiaba nella fiaba. Si è già accennato nel paragrafo 1 al fatto che nel 1929 Fëdor Lopokov propone a San Pietroburgo una controversa versione in cui riprende la fiaba della noce dura. Essa dà spazio in un prologo a brani recitati dal testo di Hoffmann, introduce pezzi di danza acrobatica ed altri ballati sul ritmo del metronomo, rimodella il Valzer dei fiocchi di neve in stile musical e si avvale di un décor di stampo costruttivista, giocato su pannelli mossi dagli stessi interpreti. Come già detto la versione è così lontana dalla tradizione che esce immediatamente dal repertorio del Marijnsky. Particolarmente significativa è la versione firmata da Amedeo Amodio per l’Aterballetto, andata in scena nel 1987 al Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia con i giganteschi giocattoli, i pacchi regalo in rapido moto, i mostri da paura, gli stravaganti e coloratissimi costumi di Emanuele Luzzati. Ne sono interpreti Elisabetta Terabust e Vladimir Derevjanko. Gli episodi della storia sono introdotti in successione da effetti stupefacenti su fondalini che si aprono e si chiudono, come se gli avvenimenti si svolgessero in tanti teatrini, mentre allo spettacolo assiste un pubblico di topi disposto nei palchi di un teatro dipinto su un fondale. Amodio si mantiene, nello spirito, fedele a Hoffmann per due serie di ragioni. Innanzi tutto trasforma l’impianto scenico in un mondo surreale mediante silhouettes proiettate del Teatro Gioco Vita, le quali, dentro un grande teatro di burattini, evocano paure infantili, ma anche raccontano la fiaba della noce dura, la storia della sfortunata principessina Pirlipat e le ragioni della lotta del Re dei Topi con Schiaccianoci. Inoltre mette in scena un mondo visto dagli occhi di una bambina rendendo, come lo scrittore, sottilissima la linea di demarcazione tra fantasia e realtà. Tuttavia per fare ciò scardina la struttura del balletto, restando tuttavia fedele al passo a due, e scatena un’immaginazione lontana da quella di Hoffmann con l’introdurre un uomo-orologio, nonni-poltrone, un topo trampolista, un papageno con le papagene, una tazza di té che danza con la teiera e molte altre invenzioni stupefacenti.
E’ autore di una versione punk-pop l’americano Mark Morris, che titola la proposta del 1991 per il Theatre Royal de la Monnaie a Brusselles e per il suo Mark Morris Dance Group The Hard Nut, secondo la ulteriore fiaba contenuta nel racconto di Hoffmann. La drammaturgia, pur costellata dalle esilaranti invenzioni registiche di Morris in parte ispirate dall’autore di fumetti Charles Burnes, segue l’intero racconto di Hoffmann. Il primo atto si svolge secondo le linee usuali con una festa durante la vigilia di Natale e con il successivo sogno di Clara. Tuttavia l’ambiente è un soggiorno anni ’60 alla periferia di una città Americana, animato durante il party dai personaggi en travesti della madre di Clara e della cameriera; Colombina e il Soldato hanno l’aspetto di una Barbie e di un Robot e non manca il fuoco scoppiettante, ma è un’immagine trasmessa dalla televisione-focolare; nel soggiorno in bianco e nero, di notte, i topi combatteranno contro un esercito di soldati G.I.Joe e ci sarà pure un passo a due tra Drosselmeyer e lo Schiaccianoci. Esilarante è l’interpretazione del Valzer dei Fiocchi di Neve, lanciati in aria a manciate da ballerine e ballerini tutti in costumi femminili, a piedi nudi, al culmine dei loro grand-jetées, mentre, divisi a gruppi, entrano in scena ed escono ripetutamente con una discreta dose di grottesca goffaggine. L’atto secondo si apre il mattino successivo: Clara è turbata dal sogno e, come in Hoffmann, Drosselmayer cerca di calmarla raccontandole la fiaba della noce dura. I personaggi della seconda fiaba prendono vita e ad incarnarli sono quelli reali, i parenti di Clara apparsi in precedenza: Mrs. Stahlbaum, il Dr. Stahlbaum, la sorella di Clara, Louise sono mutati rispettivamente nella Regina, nel Re, nella loro figlia, la Principessa Pirlipat. Il lavoro di Morris prosegue in aderenza alla fiaba della noce dura riassunta nell’articolo sopra linkato. Sempre in tono irriverente è concepito il Valzer dei Fiori con gruppi di tre danzatori a terra che, tenendosi per i piedi basculano seguendo la musica; le danze di carattere si svolgono sulla proiezione di una mappa geografica, mentre lampadine rosse si accendono nelle parti corrispondenti alla regione che dà il nome alla danza. I due giovani innamorati saranno visti allontanarsi, per raggiungere la loro felicità, nelle immagini trasmesse dal televisore, mentre Louise e Fritz vengono mandati a letto.
E’ autore di una versione punk-pop l’americano Mark Morris, che titola la proposta del 1991 per il Theatre Royal de la Monnaie a Brusselles e per il suo Mark Morris Dance Group The Hard Nut, secondo la ulteriore fiaba contenuta nel racconto di Hoffmann. La drammaturgia, pur costellata dalle esilaranti invenzioni registiche di Morris in parte ispirate dall’autore di fumetti Charles Burnes, segue l’intero racconto di Hoffmann. Il primo atto si svolge secondo le linee usuali con una festa durante la vigilia di Natale e con il successivo sogno di Clara. Tuttavia l’ambiente è un soggiorno anni ’60 alla periferia di una città Americana, animato durante il party dai personaggi en travesti della madre di Clara e della cameriera; Colombina e il Soldato hanno l’aspetto di una Barbie e di un Robot e non manca il fuoco scoppiettante, ma è un’immagine trasmessa dalla televisione-focolare; nel soggiorno in bianco e nero, di notte, i topi combatteranno contro un esercito di soldati G.I.Joe e ci sarà pure un passo a due tra Drosselmeyer e lo Schiaccianoci. Esilarante è l’interpretazione del Valzer dei Fiocchi di Neve, lanciati in aria a manciate da ballerine e ballerini tutti in costumi femminili, a piedi nudi, al culmine dei loro grand-jetées, mentre, divisi a gruppi, entrano in scena ed escono ripetutamente con una discreta dose di grottesca goffaggine. L’atto secondo si apre il mattino successivo: Clara è turbata dal sogno e, come in Hoffmann, Drosselmayer cerca di calmarla raccontandole la fiaba della noce dura. I personaggi della seconda fiaba prendono vita e ad incarnarli sono quelli reali, i parenti di Clara apparsi in precedenza: Mrs. Stahlbaum, il Dr. Stahlbaum, la sorella di Clara, Louise sono mutati rispettivamente nella Regina, nel Re, nella loro figlia, la Principessa Pirlipat. Il lavoro di Morris prosegue in aderenza alla fiaba della noce dura riassunta nell’articolo sopra linkato. Sempre in tono irriverente è concepito il Valzer dei Fiori con gruppi di tre danzatori a terra che, tenendosi per i piedi basculano seguendo la musica; le danze di carattere si svolgono sulla proiezione di una mappa geografica, mentre lampadine rosse si accendono nelle parti corrispondenti alla regione che dà il nome alla danza. I due giovani innamorati saranno visti allontanarsi, per raggiungere la loro felicità, nelle immagini trasmesse dal televisore, mentre Louise e Fritz vengono mandati a letto.